Sin dalla sua nascita, l’opera non è certo stata priva d’impegno politico e sociale. Monteverdi e Cavalli mettevano in scena gli intrighi dei Gonzaga di Mantova e ciò che a Venezia l’Inquisizione vedeva attraverso il buco della serratura. Le opéras à sauvetage segnarono il fine del Terrore. Il melodramma verdiano faceva da contrappunto al Risorgimento. Raramente, però, trattavano di fatti ed episodi correnti: ci si rifugiava nell’antichità o in luoghi distanti.
Un genere vero e proprio di opere d’impegno politico e sociale è tipico del teatro moderno e contemporaneo americane. Ma in Italia questi titoli si sono visti poco; il più noto è The Death of Klinghoffer di John Adams, sui fatti dell’Achille Lauro. Un’opera conosciuta anche in Italia è The Consul di Gian Carlo Menotti, un’agghiacciante vicenda sui totalitarismi europei (e sulle complicità americane), oppure i lavori di Carlisle Floyd Susannah (lurido “fattaccio” di sesso e violenza nella Bible Belt, l’America più puritana), Willie Stark (l’ascesa al potere di un politico spregiudicato e dei suoi affiliati) e The Crucible (una severa critica all’intolleranza politica). Oppure ancora The Ballad of Bady Doe (l’arricchimento di Horace ‘Silver Dollar’ Tabor, personaggio realmente esistito),
In Italia, è una coincidenza che due lavori importanti di questo genere siano in scena contemporaneamente, uno in teatri piccoli e l’altro all’estero. Si tratta de L’aria della libertà – L’Italia di Piero Calamandrei di Nino Criscenti e Tomaso Montanari, coprodotto da Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte, Accademia Filarmonica Romana, Amici della Musica di Foligno, in collaborazione con l’Istituto Luce Cinecittà e la Biblioteca Archivio “Piero Calamandrei”, ed il Teatro Ariosto di Reggio Emilia e la nuova edizione di Falcone, il tempo sospeso del volo di Nicola Sani e Franco Ripa di Meana alla Staatsoper unter den Linden di Berlino. Il lavoro su Falcone tratta, naturalmente, della strage di Capaci e della lotta alla mafia. Una versione precedente è stata in scena per due-tre sere a Reggio Emilia alcuni anni fa, ma, nonostante il successo di pubblico e di critica, non è stata riproposta in altri teatri italiani.
Non di lotta alla mafia, ma di un tema affine (la libertà contro la dittatura) si tratta in L’aria della libertà – L’Italia di Piero Calamandrei di Nino Criscenti e Tomaso Montanari. Coprodotto dalla Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, dall’Accademia Filarmonica Romana, dagli Amici della Musica di Foligno in collaborazione con l’Istituto Luce Cinecittà e la Biblioteca Archivio “Piero Calamandrei”, anche in scena all’Auditorium San Domenico di Foligno e al Teatro Ariosto di Reggio Emilia, è già richiesto da numerose altre città (da Palermo a Firenze, da Lucca a Venezia), un segnale importante per spettacoli facilmente trasportabili e con un alto contenuto etico, politico e sociale. Il lavoro richiede una voce recitante ed un piccolo ensemble. E si può montare molto facilmente ed a basso costo.
In L’aria della libertà – L’Italia di Piero Calamandrei, Tomaso Montanari (uno scrittore e critico d’arte, non un attore di professione) ed un quartetto di musicisti (Luca Cipriano clarinetto, Francesco Peverini violino, Valeriano Taddeo violoncello, Marco Scolastra pianoforte), interagiscono con immagini, in gran parte inedite, recuperate dalla biblioteca civica di Montepulciano, dove si conserva un album fotografico in cui Piero Calamandrei ha raccolto le istantanee delle gite che quasi ogni domenica, dal 1935 fino allo scoppio della guerra, ha fatto con un gruppo di amici in cui si ritrovano alcuni dei maggiori esponenti dell’antifascismo e della cultura italiana del Novecento: Luigi Russo, Pietro Pancrazi, Nello Rosselli, Alessandro Levi, Guido Calogero, Attilio Momigliano, Ugo Enrico Paoli, talvolta Benedetto Croce, Adolfo Omodeo e in qualche occasione Franco Antonicelli e Leone Ginzburg. Non erano gite qualsiasi ma incontri per discutere nei vecchi Paesi della campagna toscana, lontani dall’afa morale delle città piene di falso tripudio e di funebri adunate.
La parte musicale è costituita da dodici momenti di musica dal vivo nei punti più intensi del racconto. Sono brani di alcuni capolavori della musica da camera composti, tra gli anni ‘20 e gli anni ‘40, da Stravinski (con i bellissimi Tre pezzi per clarinetto solo), Casella e Shostakovich. L’organico (pianoforte, violino, violoncello e clarinetto) è stato scelto in funzione di due opere scritte per questa singolare formazione: una composizione di Paul Hindemith del 1938 e il Quatuor pour la fin du Temps scritto nel 1940 da Olivier Messiaen nel campo di concentramento tedesco in cui era internato. Del 1945 è la Sonata per clarinetto e pianoforte di Mario Castelnuovo-Tedesco, un segnale che lo spirito di quelle gite è entrato nella ricostruzione soprattutto morale e liberale dell’Italia.
Il venticinquesimo anniversario (23 maggio 1992) della strage di Capaci, nella quale persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta viene ricordato con un’opera che è stata in scena dal 28 aprile al 13 maggio, ma non — come ci si sarebbe aspettato — alla Scala, al Massimo di Palermo o al Teatro dell’Opera di Roma ma alla Staatsoper unter den Linden di a Berlino. L’opera (di Nicola Sani, su libretto di Franco Ripa di Meana si chiama Falcone, il tempo sospeso del volo, Una prima versione si è vista, come si è detto, per due sere a Reggio Emilia
La produzione della Staatsoper di Berlino è interamente in lingua tedesca (il libretto basato su documenti della cronaca del tempo è stato tradotto dall’originale in italiano), con una nuova strumentazione e con un cast tedesco, per favorire la migliore comprensione del testo, molto importante per la ricezione di questo lavoro, presso il pubblico tedesco. La regia è stata affidata a Benjamin Korn, profondo conoscitore delle vicende politiche italiane. Ad interpretare la figura di Giovanni Falcone è Andreas Macco, uno dei bassi più interessanti della nuova generazione. Dirige David Coleman, uno dei migliori conoscitori della musica d’oggi. Il teatro è stato affollato tutte le sere.
Giuseppe Pennisi