Festival Barocco di Viterbo
Musiche di J.S e C.P.E. Bach; flauto Stefano Bagliano violino Federico Guglielmo clavicembalo Andrea Coen; Collegium Pro Musica
Viterbo, Chiesa di Santa Maria Nuova, 8 luglio 2014
Musiche di Buonamente, Castaldi, Frescobaldi; traversiere di Assisi Laura Pontecorvo cornetto e cornettino di Assisi Andrea Inghisciano violino Rossella Croce dulciana Elena Bianchi tiorba e chitarra barocca Evangelina Mascardi clavicembalo Guido Morini; Ensemble Heliantus
Viterbo, Chiesa di Santa Maria Nuova, 16 luglio 2014
Tra i profferli aggettanti e le fontane a fuso della Viterbo medioevale ha preso il via anche quest’anno il Festival Barocco, un appuntamento attesissimo, giunto alla sua 43ª Edizione. Il Festival popola di amanti della musica barocca una Viterbo che si svela affamata di eventi al maturare della stagione estiva, aspetto certamente assai positivo e d’esempio per tutte le città della splendida provincia italiana, ma che, nella penuria di fondi e nella difficoltà dei rapporti fra organizzatori e istituzioni locali, rischia talora di creare grandi contenitori in cui si mescolano proposte che possono rendere fumoso il panorama dell’offerta culturale e ardua la visibilità a manifestazioni dall’identità curata e precisa. Il Festival Barocco di Viterbo è una di queste, organizzato con la massima cura dal Direttore Artistico Stefano Vignati e da un piccolo ma efficientissimo staff, con un programma di pregio e ospiti di grande prestigio. La ghirlanda di concerti, distesa sui mesi di luglio e agosto tra Viterbo e le cittadine di Nepi e Montefiascone, ha offerto al pubblico la possibilità di godere concerti di raro livello con artisti, promesse ed ensemble protagonisti del panorama musicale odierno della musica antica. Punto focale del Festival 2014 è stato il tema dell’ “eredità”, argomento invero amplissimo, ma la cui scelta ha avuto il pregio di saper ricondurre i fili di una variopinta visione musicale, annodando i grandi eventi con piccole iniziative divulgative, nonché con corsi e concerti degli allievi, inseriti appositamente in cartellone. La proposta/riscoperta di un’eredità grandiosa ha inaugurato gli appuntamenti di questa 43ª Edizione, con un ricco concerto che ha visto impegnato il Collegium Pro Musica composto per l’occasione da Stefano Bagliano (flauto), Federico Guglielmo (violino) e Andrea Coen (clavicembalo). Il titolo, Bach padre e Bach figlio, lasciava presagire un confronto importante, quello fra l’exemplum unicum della vicenda musicale di Johann Sebastian Bach e il fertile lascito, seminato nel futuro, del corpus delle opere di uno dei suoi figli più illustri, a 300 anni esatti dalla sua nascita. Tutto sul banco di prova straordinario della musica da camera, o meglio, della Triosonata, forma barocca di riferimento per questo genere. Il percorso a ritroso – dalle propaggini dello stile empfindsamer (Trio Wq 161 n. 2, Trio H 537), alle architetture di solenne antichità del contrappunto del Kantor (Triosonata BWV 527), punteggiato poi dal fiorire di una Sonata per clavicembalo e violino di Carl Philipp (la Wq75) e dal Capriccio sopra la lontananza del suo fratello dilettissimo di Bach padre (BWV 992) per clavicembalo solo – è stato guidato dai tre musicisti sulle curve tornite di un amalgama sonoro dall’equilibrio mirabile, con un suono mai compassato o irrigidito da visioni musicali aprioristiche, ma sempre ricco di fisicità danzante, di colori e di inedite lumeggiature timbriche. Dalla tenuta formale complessiva delle singole opere al gesto esecutivo sempre animato da idee e tensioni dialoganti, fin dentro l’abbacinante fantasia di accenti, il drappeggio delle frasi e la ricca teoria di abbellimenti disseminati fra gli incisi melodici e le alchimie del del continuo, la musica si è fatta così specchio della potenza comunicativa della parola declamata, trasformando il suono puro in canto vivo.
Ma se, come dicevamo, l’eredità non è da intendersi solo come accoglimento e riproposta, ma anche quale divulgazione e fruizione aperta dei tesori custoditi in un lascito, allora ancor più peso conquista l’iniziativa presa dal Festival di spingere tutti i musicisti a spiegare al pubblico i brani, nonché a svelare le peculiarità o la storia dei singoli strumenti. È accaduto per il violino imbracciato da Guglielmi, esemplare di Tommaso Balestrieri scoperto in una custodia e rimasto intatto dal Settecento in cui venne alla luce, ma anche nel terzo appuntamento del Festival (16 luglio, Viterbo), il quale ha visto impegnato l’Ensemble Heliantus in un programma eseguito su strumenti a fiato rinvenuti presso il Sacro Collegio di Assisi, fra cui lo splendido traversiere suonato da Laura Pontecorvo, rara testimonianza della sonorità dello strumento in un’era di transizione nella sua evoluzione costruttiva. Il concerto, dal taglio ora festante ora soavemente malinconico, sapido dal dialogare smerigliante degli strumenti col raffinato gusto virtuosistico della variazione espressiva, ha proposto oltre a brani di Giovanni Battista Buonamente, cui il concerto era dedicato, opere di Bellerofonte Castaldi e di Girolamo Frescobaldi, punteggiando le esecuzioni con racconti, esempi sonori e spiegazioni anche spassose.
Voci del passato dunque, metafore di un’eredità che prende corpo e si fa forma come la Chiesa di Santa Maria Nuova, dai capitelli d’epoche, stili e provenienze diverse, culla dall’acustica perfetta per fruire appieno di un rito sonoro deritualizzato e per questo attualissimo, esempio di un’offerta culturale da godere e preservare.
Diego Procoli