L’Amakheru Duo nasce dalla partnerhip artistica del tenore Francesco Santoli e del pianista Simone Di Crescenzo, con lo scopo di riscoprire l’enorme patrimonio, spesso dimenticato, della musica da camera vocale, dal ‘600 al repertorio contemporaneo. Un progetto singolare, che ci ha spinto a rivolgere alcune domande ai due artisti.
Con quale scopo nasce il vostro Duo? Come vi siete incontrati?
Riflettendo sul panorama musicale odierno, ci siamo accorti che non era presente una compagine come la nostra, dove voce e pianoforte possono unirsi stabilmente per poter eseguire il repertorio vocale da camera italiano poco frequentato o addirittura mai eseguito. Nella storia della musica cameristica ci sono state tante pregevoli realtà, ma un Duo che dedicasse esclusivamente la propria attenzione a questo repertorio, con particolare attenzione al Belcanto e alla ricerca sia in ambito storico che esecutivo è mancato nei tempi moderni. Vorremmo quindi dedicarci a questa riscoperta sia sul versante concertistico che discografico e, data la raffinatezza del repertorio, siamo convinti che solo attraverso un particolare studio e con la dovuta attenzione si possa arrivare al risultato musicale che auspichiamo. Occorrono tempo e riflessione continua per trovare il giusto stile per ogni autore e brano e le giuste sonorità fra i due strumenti e tutto questo può essere sviluppato attraverso un laboratorio quotidiano che solo una realtà concreta e stabile come quella del Duo può garantire.
Ci siamo incontrati in Teatro, mondo dal quale entrambi, ognuno nel suo settore, arriviamo. Più volte ci siamo trovati a parlare e discutere, a volte anche in maniera animata, sulle nostre idee circa il canto, la prassi esecutiva, gli artisti del passato, ecc… e ci siamo accorti che entrambi eravamo mossi dalle stesse intenzioni e desideri: per cui l’idea del Duo è nata in maniera spontanea e naturale.
Perché questo nome curioso?
È un nome di origine egiziana che richiama un culto antico, in cui la voce aveva un legame spirituale con l’uomo. Siamo entrambi appassionati di archeologia e storia dell’antico Egitto, e questa parola da noi coniata è arrivata quasi per magia dopo lunghe ricerche e ripensamenti. Ci sembrava che riassumesse brevemente tutta l’anima del nostro progetto artistico. Amakheru è formata da “Kheru” che significa letteralmente “voce” e “Ama” che è l’anagramma al maschile di “Maat”, la dea dell’equilibrio del mondo. Da qui il nome Amakheru Duo.
Qual è il vostro approccio stilistico, sia alla particolare vocalità, che per quanto riguarda il pianoforte?
Quando approcciamo un brano cerchiamo di capire quali possono essere i parametri interpretativi più pertinenti sotto l’aspetto stilistico ed esecutivo, in base all’autore e all’epoca in cui è stato composto. Ogni compositore ha la sua cifra stilistica, ma cerchiamo di ispirarci sempre a dei principi più generali ai quali facciamo riferimento. Principi che vengono dalla grande tradizione del Belcanto italiano e si rifanno a degli ideali ben delineati e di cui non è facile parlare in poche parole. Per quanto riguarda l’aspetto vocale prestiamo sempre molta attenzione al testo poetico, analizzandolo dal punto di vista semantico, metrico ed espressivo. Lo studio continua quindi sotto il profilo strettamente tecnico e stilistico-musicale, che rimane il nostro principale argomento di ricerca ed approfondimento. Non consideriamo il pianoforte come un semplice strumento di accompagnamento alla voce, ma come parte integrante di un insieme in cui voce e strumento si fondono in un’unica idea musicale. Sia con la voce che con il pianoforte cerchiamo di attenerci il più possibile a criteri belcantistici che seguono un’estetica e un modo di far musica precedenti alla seconda metà dell’800.
Usate strumenti d’epoca?
Solitamente Simone suona il pianoforte, poiché la maggior parte del repertorio che eseguiamo è stato scritto espressamente per questo strumento. A volte potrebbe essere interessante riscoprire determinate sonorità del fortepiano o di alcuni pianoforti d’epoca, ma siamo più interessati ad approfondire il modo di suonare lo strumento, che il tipo di strumento utilizzato, poiché riteniamo che le possibilità espressive e dinamiche del pianoforte moderno siano necessarie per dare il giusto risalto a determinate idee musicali e a sostenere la voce nelle sale da concerto di oggi. Un discorso a parte riguarda la musica Barocca: eseguiamo con il pianoforte anche brani non scritti espressamente per il nostro tipo di ensemble, nel solco di una tradizione concertistica che affonda le sue radici già nell’Ottocento, dove venivano eseguite anche composizioni del periodo Barocco in forma concerto al pianoforte.
Musica vocale da camera come “sorella minore” dell’operismo ottocentesco?
Sappiamo con certezza che i grandi compositori dell’800 amavano molto la musica vocale da camera e in questo genere hanno potuto riversare tutta la loro grandezza stilistica, liberi dalle preoccupazioni delle produzioni teatrali e dai problemi legati alla messinscena delle opere.
Nelle composizioni cameristiche gli autori hanno riversato la loro natura più intima e profonda e hanno perfino utilizzato queste forme per sperimentare sezioni musicali utilizzate poi nelle opere. Il repertorio vocale da camera italiano è sicuramente un patrimonio che merita di essere riscoperto, approfondito e valorizzato, poiché dà la possibilità ad un artista di esprimersi totalmente. Quindi, secondo noi, non una “sorella minore”, bensì un genere a sé, che addirittura in passato veniva considerato privilegio di pochi.
Chi vi ha guidato in questa riscoperta?
L’amore profondo per il Belcanto e per la musica da camera ci hanno guidato ad intraprendere questo percorso, uniti al desiderio di far conoscere al grande pubblico perle dimenticate di autori che un tempo erano la gloria dell’Arte di questo Paese. È un viaggio che abbiamo voluto percorrere sin dall’inizio con fermo coraggio, consapevoli che il genere a cui ci saremmo dedicati è ancora erroneamente considerato di nicchia. In realtà l’esperienza concertistica di questo nostro primo anno di attività ci ha confermato tutt’altro: al pubblico interessa molto questo repertorio che può essere considerato l’antico progenitore della canzone moderna.
Il video “Beltà crudele” palesa un desiderio di combinare linguaggi video moderni, mezzi di diffusione di oggi, con strumenti filologici nell’approccio al repertorio. Ma è possibile? Qual è il vostro intento?
Sì, è possibile, e riteniamo che attraverso la tecnologia moderna i giovani possano avvicinarsi molto a questo repertorio. Il nostro primo videoclip ne è stata la dimostrazione. Molte persone non sapevano cosa avrebbero visto, ma spinte dalla novità e dalla curiosità hanno potuto ascoltare e allo stesso tempo vedere due giovani artisti che eseguivano in una cornice particolare un brano di Rossini in una versione mai incisa prima. Il riscontro sul web e della stampa è stato positivo e questo ci ha resi orgogliosi della nostra novità e ci ha spronato a continuare su questa strada. Cercheremo di unire l’antico e il moderno per proiettare la nostra visione artistica verso un nuovo futuro.
Pensate di sviluppare l’indagine sul repertorio rossiniano, o avete altre idee?
Senza dubbio Rossini offre moltissimo poiché la sua produzione cameristica è rigogliosa e in parte inesplorata. Sia dal punto di vista vocale che pianistico la sua musica offre la possibilità ad entrambi di poterci esprimere in maniera congeniale. Stiamo iniziando ad intessere anche un progetto discografico in tal senso. Oltre Rossini stiamo lavorando su altri grandi compositori, come Spontini, Mercadante, Donizetti, Mayr, Pacini, che hanno scritto cicli e raccolte di brani che aspettano di essere riportati finalmente alla luce. Nelle nostre ricerche abbiamo scoperto anche delle vere e proprie gemme del Barocco italiano, oltre ad una fiorente letteratura ottocentesca. Stiamo raccogliendo tutto il materiale per poterlo utilizzare al meglio per i nostri progetti futuri.
Quali impegni avete, sia come duo che come singoli, per i prossimi mesi?
Fra i nostri prossimi impegni concertistici in Italia ci sarà un importante concerto a maggio presso il Teatro Regio di Parma con un programma di riscoperta sui compositori della Belle Époque italiana e all’estero andremo in Asia ed America con il nostro progetto “Italian Portrait”.
Stiamo lavorando anche alla realizzazione di uno storytelling che racconti Amakheru Duo da vicino e ad un nuovo videoclip. Seguiteci!
© foto: Nicola Allegri