Da domenica 19 marzo a domenica 30 aprile 2017, Spazio Officina di Chiasso (Svizzera), adiacente al m.a.x. museo, ospita una mostra che, in occasione del centenario (1917–2017) dalla prima incisione jazz su disco, racconta un fenomeno che ha segnato una nuova era e che ha rappresentato uno dei maggiori apporti culturali del Novecento per la sua estemporaneità.
L’esposizione è parte della stagione 2016–2017 del Centro Culturale Chiasso, che si declina nel nome della “creatività”. D’altronde, Chiasso, città di frontiera, è sempre stata sensibile al jazz, con concerti e iniziative che hanno poi dato vita al Festival di Cultura e Musica Jazz, giunto ormai alla XX edizione.
La mostra – a cura di Luca Cerchiari, direttore e docente di discipline musicologiche del Master in “Editoria e produzione musicale” dell’Università IULM di Milano, e Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo e di Spazio Officina di Chiasso – consente di ricostruire la storia visiva del jazz, affidata a giovani artisti, illustratori e grafici poi diventati celebri, che nutrivano una vera e propria passione per il genere musicale in questione e che hanno proposto soluzioni cromatiche e compositive innovative: Andy Warhol, Josef Albers, Reid Miles, Niklaus Troxler, David Stone Martin, Gill Mellé, Don Schlitten, Max Huber, Guido Crepax …
In effetti, nei primi anni di produzione dei dischi, sono gli acquirenti stessi che personalizzano le proprie cover, aggiungendo delle scritte o applicando carte colorate, fotografie o anche pezzi di giornale in forma di collage. Quando l’appassionato di musica jazz era anche un artista, ne risultavano degli elaborati grafici unici.
Nel corso degli anni ’40 e nel periodo post bellico, per semplificare l’esecuzione e per ridurre i costi, si assiste alla produzione di molte copertine a un solo colore, cui si somma l’uso del nero e il fondo bianco della carta.
Sono gli anni in cui emergono nuove professionalità, come quella dell’art director.
Con gli anni ‘50 il repertorio delle cover si amplia, la tecnica di stampa si perfeziona e i costi per la realizzazione in quadricromia vanno diminuendo.
Sarà poi la volta delle copertine fotografiche, con il coinvolgimento di grandi fotografi, come Luigi Ghirri o Mimmo Jodice.
Se le copertine affidate a Josef Albers sono come delle visioni geometriche che interpretano l’armonia e il ritmo della musica jazz, Andy Warhol sceglie un disegno al tratto, un segno nero su fondo bianco, Guido Crepax usa il fumetto e la sua sintesi linguistica, mentre i manifesti curati dallo svizzero Niklaus Troxler sono fermimmagine colorati, quasi delle scosse a rendere il suono attraverso un dinamismo visivo.
La veste delle copertine e dei manifesti racconta e attraversa così tutte le fasi dell’evoluzione della grafica: dal processo creativo dei collage ai tratti tipici dell’estetica Bauhaus alle possibilità creative del lettering alle fotografie estrapolate e ricontestualizzate ai fumetti.
Oltre all’aspetto visivo e grafico, a Spazio Officina si traccia la storia del jazz – da quello americano a quello europeo – anche attraverso gli oggetti e i supporti.
L’esposizione presenta materiali che provengono da istituzioni pubbliche internazionali, come la Fonoteca nazionale svizzera, l’Hogan Jazz Archive della Tulane University di New Orleans (uno dei maggiori centri di documentazione sulla musica afro-americana degli Stati Uniti) e la Fondazione Sanguanini Rivarolo Onlus, come pure dalla Galleria L’Image di Alassio e da un folto circuito di collezionisti privati svizzeri e italiani: Mario Chiodetti, Marco Contini, Fabio Jegher, Silvano Marioni, Roberto Polillo, Maurizio Ruggeri, Fabio Turazzi, Stefano Wagner, Luca Cerchiari, fino alla collezione d’arte del m.a.x. museo di Chiasso
LA MOSTRA IN CIFRE
L’esposizione presso Spazio Officina presenta oltre 300 cover dagli anni ’40 via, manifesti che per la loro bellezza sono riconosciuti come vere e proprie opere d’arte – fra cui alcuni degli anni ’80 del Festival Jazz di Willisau (Canton Lucerna) con la grafica dello svizzero Niklaus Troxler – e il primo disco jazz in gommalacca del 1917 edizione Victor (“Livery Stable Blues”, “Dixie Jass Band One-Step”).
In mostra anche splendidi grammofoni della fine dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento – fra cui un grammofono Dog Model, uno a doppia tromba e un modello “Vittorio Gozzi” –, un fonografo con cilindro di cera (modello introdotto nel 1903) e uno a doppia tromba, una fonovaligia Odeon portatile, un raro registratore a bobine, edizioni e spartiti divenuti celebri (sono rari nel campo del jazz, territorio dell’improvvisazione) e supporti sonori pre-discografici (rullo di pianola e cilindro Edison).
Si aggiungono epistolari, contratti, libri e riviste, di cui una con la grafica dello svizzero Max Huber.
Gli appassionati di strumenti jazz, considerati veri e propri oggetti-simbolo, troveranno in mostra due clarinetti con relativa valigia di custodia di Paul “Polo” Barnes, il tamburo di Ray Bauduc della Bob Crosby’s Orchestra di Chicago con involucro (tamburo basso, bacchette e piatti), il banjo di Fabio Turazzi, i piatti della batteria di Shelly Manne e la fisarmonica di Gorni Kramer.
Una sezione è dedicata a foto scattate da Roberto Polillo e da Maurizio Ruggeri nel corso degli anni ai più grandi personaggi del jazz: Stéphane Grappelli, Thelonious Monk, Shelly Manne, Louis Armstrong, Miles Davis, Benny Goodman, Charles Mingus, Duke Ellington, John Coltrane, Dizzy Gillespie, Ella Fitzgerald, Lionel Hampton, Anthony Braxton, Ron Carter ecc.
È inoltre possibile immergersi nel clima jazz attraverso il famoso “The Jazz Singer”, film culto del 1927 che segna la nascita del cinema sonoro, come pure altri spezzoni di film e la prima registrazione in Svizzera con una jazz band svizzera; si tratta della “Lanigiro Syncopating Melody Kings” di Basilea con “Me and the Man in the Moon”, incisione su disco del 20 aprile 1929 effettuata alla Tonhalle di Zurigo dall’etichetta Columbia.
INAUGURAZIONE
L’inaugurazione della mostra “Un secolo di jazz. La creatività estemporanea” ha luogo sabato 18 marzo 2017 alle ore 18.00 presso Spazio Officina, a Chiasso, alla presenza di Davide Dosi, capo Dicastero Educazione e Attività culturali di Chiasso, e dei curatori: Luca Cerchiari, direttore e docente di discipline musicologiche del Master in “Editoria e produzione musicale” dell’Università IULM di Milano, e Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo e di Spazio Officina di Chiasso.
Prenderà inoltre la parola quale gradito ospite d’onore Bruce Boyd Raeburn, direttore Special Collections e curatore dell’Hogan Jazz Archive della Tulane University di New Orleans, che ha scritto uno dei saggi in catalogo.
Al termine dell’inaugurazione sarà offerto un aperitivo a tutti i presenti.
Il 2017 segna anche la XX edizione del Festival di Cultura e Musica Jazz di Chiasso, promosso presso il Cinema Teatro, in programma da giovedì 16 a sabato 18 marzo.
Per celebrare l’anniversario e la sinergia con gli spazi espositivi del Centro Culturale Chiasso, la mostra a Spazio Officina viene inaugurata sabato 18 marzo alle 18.00, prima della terza e ultima serata del Festival Jazz al Cinema Teatro.
CATALOGO BILINGUE (ITALIANO/INGLESE)
“Un secolo di jazz. La creatività estemporanea”, a cura di Luca Cerchiari e Nicoletta Ossanna Cavadini, con saggi dei curatori e di Bruce Boyd Raeburn, Yvetta Kajanova, Gianni Canova, Massimiliano Raffa, a corredo una ricca sezione iconografica, Skira editore, Ginevra-Milano, 2017, 24 x 24 cm, p. 176, CHF/Euro 32.-
UN SECOLO DI JAZZ (1917–2017)
Era il 26 febbraio 1917 quando l’“Original Dixieland Jass Band” (scritto inizialmente con due “s”), un complesso di New Orleans guidato dal trombettista italo-americano Dominic James “Nick” LaRocca, incideva a New York per la casa Victor il primo disco della storia del jazz: “Livery Stable Blues” e “Dixie Jass Band One-Step”.
Il gruppo era composto da Dominic James “Nick” LaRocca, Anthony Sbarbaro, Eddie B. Edwards, Larry Shields e Henry Ragas.
Di fatto, con l’incisione della musica jazz su disco, si apre una nuova era. In pochi anni il nuovo genere musicale, figlio delle culture europee e africane emigrate in America, costituisce uno dei maggiori apporti culturali del Novecento per la sua originale creatività ed estemporaneità, rispecchiando al suo interno le dinamiche socio-politiche, tecnologiche e interdisciplinari fra le arti tutte dell’età contemporanea.
In breve tempo il jazz abbandona progressivamente il contesto rurale e urbano di origine (New Orleans) ponendosi come musica policentrica (Chicago e New York, Kansas City e Detroit, Los Angeles e Parigi) e come “esperanto sonoro” di un dialogo tra Europa e America, in seguito esteso all’Asia, all’Africa e all’Australia.
Il jazz ha così stimolato la letteratura e le arti visive (da Mondrian a Matisse, da Le Corbusier a Claes Oldenburg a Basquiat) e ha influenzato compositori quali Claude Debussy, Igor Stravinskij, Maurice Ravel, che a loro volta hanno dato nuove suggestioni a quei musicisti di Broadway, come George Gershwin o Cole Porter, sul cui repertorio di melodie il jazz avrebbe costruito la propria caratteristica musicale.
Il jazz ha “animato” musica e danza; si pensi in particolare al musical e al primo cinema sonoro con il celebre “The Jazz Singer” (1927); ha interagito con la radio e la televisione; ha determinato con il suo successo la prima grande ascesa dell’industria discografica.
Diverse culture etniche e diverse nazionalità (ebraica, britannica, francese, tedesca, italiana, ispanica, balcanica e mediterranea) hanno generato come fenomeno di ritorno un jazz europeo divenuto nel tempo non meno rilevante di quello statunitense.
Il jazz ha inventato la batteria e la chitarra elettrica e ridato una posizione di primo piano a strumenti originari dell’Europa come la tromba, il sassofono, il trombone, il contrabbasso, o strumenti di origini africane, come lo xilofono e il banjo, modificandone in alcuni casi tecniche e approcci fisici.
Il jazz ha creato formazioni strumentali sconosciute, come il settetto tradizionale, il trio (o “sezione ritmica”) piano-basso-batteria, il quintetto, l’orchestra di fiati (o big-band, divenuta negli anni ‘30 la formazione “moderna” delle radio di mezzo mondo).
Ha bruciato le tappe cronologico-estetiche, vedendo nascere quasi ogni cinque anni una nouvelle vague stilistica: dixieland, swing, be-bop, cool, hard-bop, modale, free, jazz-samba, latin-jazz, jazz-rock, free-funk, world-jazz, klezmer-jazz e così via.
Si è inoltre imposto come musica orale, talvolta invece scritta, spesso edita a stampa ma in ogni caso sempre affidata all’oralità, non secondaria rispetto al mezzo discografico.
Anche per questo il suo ingente patrimonio registrato (quasi due milioni di brani) è divenuto oggetto di una nuova disciplina teorico-descrittiva, la discografia, che attualmente, con la ripresa del fenomeno del collezionismo del vinile, trova grande seguito di pubblico, anche fra i giovani.
UN SECOLO DI JAZZ. LA CREATIVITÀ ESTEMPORANEA
Spazio Officina (Via Dante Alighieri 4), Chiasso (Svizzera)
19 marzo – 30 aprile 2017
Orari
Martedì–venerdì, ore 14.00–18.00
Sabato–domenica–aperture speciali, ore 10.00–12.00, 14.00–18.00
Lunedì chiuso
Aperture speciali
Domenica 19 marzo 2017 (San Giuseppe)
Domenica 16 aprile 2017 (Pasqua)
Lunedì 17 aprile 2017 (Pasquetta)
Chiuso
Tutti i lunedì (tranne lunedì 17 aprile 2017)
Venerdì 14 aprile 2017 (Venerdì Santo)
Sabato 15 aprile 2017 (Sabato Santo)
Ingresso
Intero: CHF/Euro 7.-
Ridotto (AVS, AI, studenti, TCS, TCI, FAI SWISS, FAI, convenzionati): CHF/Euro 5.-
Scolaresche e gruppi di minimo 15 persone: CHF/Euro 5.-
Metà prezzo: Chiasso Card
Gratuito: bambini fino a 7 anni, giornalisti, Passaporto Musei svizzeri, ICOM, Visarte, Aiap, associazione amici del m.a.x. museo
Entrata gratuita: ogni prima domenica del mese
Informazioni
t +41 91 695 08 88