VETRANO Ettore Majorana. Cronaca di infinte scomparse (libretto di Stefano Simon Pintor) L. Moreira Cardoso, R. Capaldo, A. Masini, P. Toscano, F. Livi, U. Tarquini, D. Paciolla regia Stefano Simone Pintor scene e costumi Gregorio Zurla video Studio Antimateria Coro Opera Lombardia, direttore Diego Montagnola Orchestra dei Pomeriggi Musicali, direttore Jacopo Rivani
Como, Teatro Sociale, 30 settembre 2017
È un lavoro che farà parlare di sé, non solamente perché premiato dal concorso internazionale Opera Oggi per opere concepite da autori (compositore, librettista, regista) under 35, e perché dopo il debutto a Como e nel circuito di OperaLombardia (che ha promosso il concorso), andrà alla Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, al Palau de les Arts “Reina Sofia” di Valencia ed al teatro di Magdeburg (e si spera, quindi, in una vasta circolazione internazionale), ma perché, alla fine dell’atto unico di novanta minuti, ci si accorge che le infinite scomparse di Ettore Majorana sono principalmente un pretesto per trattare un tema più grande e più profondo: il rapporto della scienza con il creato e con il creatore. Un tema che è stato sviluppato mirabilmente da Paul Hindemith nel suo penultimo lavoro per la scena, Die Harmonie der Welt (L’Armonia del Mondo), in cui l’argomento specifico è il rapporto tra la musica e l’universo: se si sostituisce musica con scienza (ed in particolare con fisica) i nessi diventano evidenti.
Non credo sia il caso di entrare nel dibattito se il lavoro sia un’opera (come è chiamato) o, in maniera più generica, “teatro musicale”, poiché i confini tra i due generi sono labili. Ettore Majorana. Cronaca di infinite scomparse è un lavoro musicale con numerosi momenti parlati; la partitura è rigorosamente atonale (con due eccezioni: l’arioso della matriarca — madre di Majorana — ed il duetto tra il fratello del protagonista ed un frate nel convento in cui il fisico si è forse rifugiato). La scrittura orchestrale (molto timbrica) è ricca; non accompagna il canto (principalmente declamato) ma evoca atmosfere e stati d’animo.
Il libretto non è quello di un thriller, illustra alcune delle principali spiegazioni della scomparsa di Ettore Majorana ma non offre, nel finale, una soluzione. Al contrario, in un dialogo tra la Fisica (ossia la Scienza), Majorana e Dio si conclude che “l’impossibilità è il limite della mente” e “quel che ti frena a guardar nell’ignoto”. Quindi, se c’è una spiegazione alla scomparsa di Majorana, è nell’impossibilità di guardare nell’ignoto, come il fisico aspirava a fare nel costruire un’equazione ad infinite incognite. Se non si accetta “l’armonia del Mondo” (sempre ricordando Hindemith), la strada naturale è quella di scomparire.
Questi difficili concetti, raramente trattati nell’opera o nel teatro musicale, sono ben sviluppati nel libretto di Stefano Simon Pintor e nella scrittura musicale di Roberto Vetrano. Oltre due terzi del lavoro illustrano, per sommi capi, le spiegazioni date alla scomparsa del fisico. Nella parte finale si giunge a porre il problema centrale.
La regia è spigliata, la recitazione molto buona. Di grande livello l’orchestra e ottimo il coro. Tra le singole voci, l’unico che mi è parso incerto è il baritono Lucas Moreira Cardoso, a cui però occorre riconoscere la capacità di stare in scena per tutti i novanta minuti.
Giuseppe Pennisi
(Foto: Alessia Santambrogio)