STRAUSS Ariadne auf Naxos K. Stoyanova, S. Devieilhe, D. Sindram, M. König, M. Werba, A. Pereira, J. Whitener, T. Tatzl, K. Spicer; Orchestra del Teatro alla Scala, direttore Franz Welser-Möst regia Frederic Wake-Walker scene e costumi Jamie Vartan
Milano, Teatro alla Scala, 23 aprile 2019
Non penso di cogliere troppo lontano dal segno se in questa Ariadne leggo, concomitanti, alcuni dei problemi della Scala di questi ultimi anni: da una parte, l’esagerato affollamento del cartellone, con un’offerta quasi pletorica (sia in termini di quantità di titoli d’opera, che di numero delle repliche) non corrisponde evidentemente alla capacità di accoglimento da parte del pubblico, che ha lasciato tantissimi posti vuoti anche alla prima di questa Ariadne auf Naxos, programmata con poca lungimiranza in una data che cadeva nel bel mezzo di un lungo ponte vacanziero. Dall’altra, la mancanza di una chiara linea guida artistica, che si riflette in spettacoli talora lussuosi (penso alla recente Manon), ma raramente figli di un’idea comune fra direttore d’orchestra e regista: nel caso specifico, si potrà forse invocare a giustificazione che Franz Welser-Möst, scritturato al posto dell’inizialmente previsto Zubin Mehta, sia arrivato pochi giorni prima dell’inizio delle recite (come candidamente confessato dallo stesso durante la conferenza stampa), ma la noia che, come di consueto, è la cifra dominante delle sue concertazioni, non credo potesse scomparire con un periodo di prova più congruo. Welser-Möst è un serio professionista, ma non ha fantasia, è rigido ritmicamente, non sa far «lievitare» le grandi melodie straussiane se non a patto di pesantezze francamente insopportabili (con un’orchestra da camera che pareva, a tratti, quella della Donna senz’ombra!), e non si cura di sostenere le esigenze e gli spunti dei cantanti.
La stessa solfa, insomma, già lamentata in quelle Nozze di Figaro del 2016 che lo vedevano protagonista in locandina insieme al giovane regista inglese Frederic Wake-Walker che, come Welser-Möst, replica la prova profondamente negativa di allora: non basta popolare il cortile del palazzo di roulotte destinate agli attori (sia quelli dell’opera seria, sia i comici italiani), non ha senso vestire Zerbinetta prima da Liza Minnelli e poi da Whitney Houston se poi lo spunto “pop” non è sviluppato. Né si comprende il perché l’opera sia ambientata in una scena che riproduce fedelmente una camera anecoica (dove i cunei evocano le onde del mare intorno all’isola), se poi il duetto finale è un incrocio fra Star Wars e l’epocale incontro Caballé-Freddie Mercury, icone pop postmoderne come — forse — Arianna e Teseo. Sacrosanti, quindi, i fischi che hanno investito il team creativo una volta presentatosi al proscenio. Per fortuna, il cast vocale sapeva rimediare parzialmente ai problemi descritti: Krassimira Stoyanova è la grande artista di sempre, mirabile per uguaglianza dell’emissione (dal La bemolle grave di Totenreich agli acuti sempre morbidi e filati), raffinatezza del fraseggio e “italianità” del canto, e la sua Ariadne, pur non raggiungendo il livello della sua miracolosa Marescialla, è perfettamente compiuta. Di Sabine Devieilhe si ammirano la perfezione della dizione e la vivacità del fraseggio che, unite ad un canto di incredibile facilità, compensano l’esiguità del volume e gli estremi acuti un tantino stretti. Daniela Sindram, il Compositore, coglie benissimo gli sbalzi d’umore e gli entusiasmi estremi del suo personaggio, ma la voce grigiastra ne frena la compiuta realizzazione, mentre Michael König si accoda alla purtroppo lunga lista dei tenori fibrosi e sforzati che hanno affrontato il difficile ruolo di Bacco.
Fra i tanti personaggi minori, una nota di merito per il mercuriale Maestro di musica di Markus Werba e il saporoso Maestro di ballo di Joshua Whitener; e una nota di biasimo per lo sfocato Arlecchino di Thomas Tatzl, dal fastidioso vibrato stretto. Il maggiordomo, come è noto, era il “padrone di casa” del teatro, Alexander Pereira, che veniva fatto entrare in scena dal suo consueto palco di proscenio: pur apprezzando maggiormente una lettura di imperturbabile compostezza, non gli si può negare spirito e simpatia. Franz Welser-Möst tornerà sul podio scaligero a novembre per la rara Elena egizia dello stesso Strauss: incrociamo le dita…
Nicola Cattò