RAVEL La Valse BRAHMS Sonata n. 1 per violoncello e pianoforte op. 38 BACH Suite n. 1 per violoncello BWV 1007 GIORDANO «Nemico della patria» da Andrea Chénier VERDI «O Carlo, ascolta» da Don Carlo; «Cortigiani, vil razza dannata» da Rigoletto pianoforte Beatrice Rana violoncello Mischa Maisky baritono Simone Piazzola
Arie e duetti da Un ballo in maschera, Il Corsaro, Luisa Miller, Don Giovanni, Fedora, Pagliacci, Otello pianoforte Giulio Zappa tenore Francesco Meli soprano Federica Lombardi BEETHOVEN Sonata n. 9 op. 47 «a Kreutzer» violino Patricia Kopatchinskaja pianoforte Joonas Ahonen
Teatro alla Scala, 6 e 8 luglio 2020
Anche la Scala non poteva restare troppo indietro nel positivo rincorrersi di riaperture e nuove proposte musicali post-Covid; ma, essendo i complessi corali e orchestrali in cassa integrazione fino a fine agosto, il neo-sovrintendente Meyer non ha avuto altra scelta che organizzare, un po’ in fretta e furia, quattro serate (trasmesse anche in diretta streaming) cameristiche che accostavano solisti strumentali a cantanti d’opera. E se questa volta tutto è apparso un po’ casuale, benché abbastanza felice nell’esito, credo che l’idea sia da mantenere anche per tempi più «normali»: l’idea di ricreare, pur in un teatro così grande, una sorta di salotto parigino, fra un’aria d’opera e un movimento di sonata, fra una mélodie e un’improvvisazione strumentale, potrebbe funzionare ancora oggi. Certo, serve anche che l’atmosfera sia meno raggelante: 600 spettatori introdotti in teatro come possibili untori, fra norme di sicurezza severissime, persino con l’incomprensibile obbligo di mantenere la mascherina al posto, una volta seduti. Così, davvero, non funziona: se si toglie al teatro la dimensione sociale, è inutile andare avanti. Detto questo, i due concerti sono stati molto piacevoli: il primo ha patito l’improvviso forfait di Luca Salsi, sostituito davvero all’ultimo istante (anzi, oltre<tre>) da Simone Piazzola, che ha ripreso qualche chilo e ha irrobustito la sua voce, prima raffinatissima ma oltremodo esile, però la classe nel legato di qualche anno fa sembra un po’ sdrucita. Beatrice Rana si conferma un talento fenomenale, capace di una Valse spiritata e nervosa, davvero mozzafiato, ed è anche bello che si sia prestata ad accompagnare un cantante d’opera: nella Sonata brahmsiana con Maisky, però, ha badato più a stare dietro al collega, ormai piuttosto incerto, che a dire qualcosa di veramente originale. Maisky, però, si è riscattato con una Prima suite bachiana ricca di canto e strumentalmente precisa.
Se la fusione, per così dire, dei due mondi, è avvenuta con la partecipazione del violoncellista lettone a «Cortigiani», nulla del genere si è vissuto due sere dopo: da una parte lo stupendo canto all’italiana di Francesco Meli (in forma strepitosa) e della giovane Federica Lombardi (eccezionale come Nedda, un po’ meno come Donn’Anna), culmine un duetto dell’Otello davvero memorabile, grazie anche alla vera grandezza di Giulio Zappa, pianista capace di ricreare un’orchestra in dieci dita; dall’altra il violinismo isterico ed effettistico di Patricia Kopatchinskaja, che fa della Kreutzer un campionario di manie e bizzarrie, che stufano dopo cinque minuti. La Scala, quella vera, dovrebbe tornare a settembre con il Requiem di Verdi: incrociamo le dita.
Nicola Cattò