Riportiamo qui l’editoriale del numero di novembre di MUSICA, disponibile in digitale e in edicola tra pochi giorni
Come in un triste film, rieccoci da capo. Con l’aumentare netto del numero dei contagi, e il parallelo affanno delle strutture ospedaliere, pur lontane — per fortuna — dai picchi primaverili, il governo stringe le maglie e, al momento in cui scrivo e in cui andiamo in stampa, fa calare la scure della chiusura forzata anche su quel settore dello spettacolo dal vivo (e sui cinema) che a fatica si stava rimettendo in piedi dopo il lockdown. Non sarebbe neppure necessario, per chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale e di intelligenza, ribadire come i rigidissimi protocolli (concordati d’altronde con lo stesso governo) abbiano reso i teatri italiani, prima all’aperto poi al chiuso, posti sicurissimi: il che non vuol dire immuni dal contagio (come dimostra il mini-focolaio nel coro della Scala), ma certamente tali da garantire condizioni quasi ideali per il pubblico, che trova rigore, ordine, distanziamento, uso continuo della mascherina. Le stesse condizioni che, invece non trova sui mezzi pubblici, che non trova nelle infinite code per i tamponi agli ospedali, che non ha trovato nella «movida» estiva di ogni tipo, lasciata gestire da esercenti il cui potere politico è ovviamente ben maggiore di quello di teatri e affini. Bene, questa volta non ci stiamo: leggere che il Ministro Franceschini si dichiara «addolorato» per questa chiusura suscita una rabbia indescrivibile, vista l’evidente colpevolezza del governo cui appartiene e sua in prima persona, che non ha saputo, o voluto, ribadire le istanze del buon senso e di una minima tutela verso un settore che difficilmente, questa volta, saprà risollevarsi. Lo faranno, certo, le grandi istituzioni, peraltro dipendenti dalla mano — più o meno munifica — dello stesso ministero: non potranno farlo quelle piccole, quelle private, né tutti quegli artisti freelance (la quasi totalità) sprovvisti di ogni forma di tutela economica. Rischiamo di avere davanti a noi una vera generazione perduta di artisti: non solo in Italia, certo, ma che questa vergogna sia di dimensioni europee non conforta affatto. Invito quindi tutti i nostri lettori a partecipare a tutte le forme di protesta pacifica, virtuale o in presenza, che facciano sentire forte e chiara la voce di pubblico e artisti: lo spettacolo dal vivo deve andare avanti perché — lasciando perdere i pur fondamentali discorsi etici e di principio — ha saputo fornire un modello di convivenza fra persone rispettosa della sicurezza sanitaria. Meritocrazia, insomma: quella che da sempre in Italia viene calpestata.
La natura stessa di un mensile fa sì che quanto scrivo oggi possa essere mutato, in un senso o nell’altro, dal corso degli eventi delle prossime settimane: con tutta probabilità gli appuntamenti di cui parlano Michele Pertusi e Daniele Gatti non avranno luogo. Per gli aggiornamenti puntuali, vi rimando al nostro sito e ai nostri social; ma come sempre, più di sempre le pagine di MUSICA sapranno accompagnare voi lettori anche in momenti complicati, sia con le grandi interviste che con le tante recensioni e le rubriche. Vi segnalo, a questo proposito, il debutto del «Topo di discoteca», una guida pratica e stuzzicante per neofiti nel mondo del vinile, e l’articolo di Davide Ielmini sul suo libro, appena uscito per Zecchini Editore, dal titolo — speriamo profetico — La musica ci salverà. Ce lo auguriamo: ma prima occorre salvare la musica.
Nicola Cattò