Belcanto Gala: un omaggio al melodramma di Bellini e Donizetti (arie, cori e duetti da Lucia di Lammermoor, La sonnambula, L’elisir d’amore, Don Pasquale, La fille du régiment, Lucrezia Borgia, I puritani) soprano Lisette Oropesa tenore Xabier Anduaga Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, direttore Antonio Pappano
Roma, Parco della Musica, Sala Santa Cecilia, 16 aprile 2021: in streaming su RaiPlay (https://www.raiplay.it/programmi/galadelbelcanto-omaggioalmelodrammadibelliniedonizett)
Che peccato! No, non il concerto! Che peccato che i tempi pandemici abbiano costretto una serata operistica così piacevole e giusta, a svolgersi senza pubblico, in streaming su RaiPlay. Solo due anni fa la Sala Santa Cecilia sarebbe stata strabocchevole e il successo a dir poco clamoroso. Così purtroppo non può ancora essere: e tuttavia la qualità di ciò che s’è visto e udito è stata assai alta. Anche perché, accanto alla sempre più indiscutibile certezza che è oggi nel panorama lirico una voce come quella di Lisette Oropesa, ha fatto assai bella mostra delle sue qualità un giovane tenore basco come Xabier Anduaga, di cui più avanti vogliamo però dire in specifico.
Il programma s’apriva con due pagine dalla Lucia di Lammermoor: il Preludio e coro d’introduzione “Percorrete le spiagge vicine” e il duetto “Sulla tomba… Verranno a te sull’aure”. Pappano, in verità assai più che in Brahms o Mahler, nell’opera italiana è bacchetta ideale per teatralissima vibrazione e per astrale distanza dai soliti “accompagnatori lirici” che oggi, faute de mieux dans leur vie, spuntano e crescono come indigeribili funghi. Così il piglio nobile ed eroico, lirico e patetico insieme della Lucia si è subito stagliato con assoluta forza e chiarezza. Nel duetto entrambi i cantanti erano ancora un po’ freddi e Anduaga (classe 1995) assai intimidito. Ma la sognante melodia di “Verranno a te sull’aure” si è ugualmente espansa lieve ed accorata quale ha da essere. L’atmosfera s’è scaldata col divertente coro dal Don Pasquale “Che interminabile andirivieni” e soprattutto con il Coro ed aria di Tonio “Rataplan!… Ah, mes amis” dalla Fille du régiment: qui Anduaga ha sciolto le prime vele ed ha mostrato appieno un timbro bello e luminoso, tipicamente iberico, e un agio nel fraseggio brillante e nella salita ai rituali nove do senz’altro di pregio (il suo maestro Flórez si percepiva a più riprese). Chiudeva la prima parte la Scena ed aria di Amina “Ah, non credea mirarti…Ah! Non giunge uman pensiero” dalla Sonnambula. La Oropesa ha per natura un color di voce poco incline alla “poesia delle lagrime”: ma la linea di canto era di una tale purezza e le agilità della cabaletta talmente scintillanti, da dirsi oggi poco o nulla confrontabili. La seconda parte della serata s’apriva con “Una furtiva lagrima” cantata da Anduaga con una profusione di mezzevoci, piani e pianissimi che dicono d’una scuola e d’un gusto interpretativo inseriti appieno nelle migliori tradizioni. Lisette Oropesa si è quindi esibita in “Par le rang e l’opulence… Salut à la France” dalla donizettiana Fille du régiment, con una bravoure, una verve, una simpatia (e con una deliziosa arte scenica) tali da far a lungo applaudire l’orchestra, il coro e gli scarsi presenti, oltre che noi da lontano. Anduaga non intendeva esser da meno e ha posto sul tavolo la carta dell’aria “Com’è soave… anch’io provai le tenere” dalla Lucrezia Borgia ancora di Donizetti (vogliamo dirlo una volta per tutte che questo è uno dei massimi capolavori del Bargamasco?): per una qualità di timbro e di canto che hanno toccato il meglio in certi acuti in ppp presi in un falsettone d’assoluta pertinenza storica e stilistica. Gran finale con I puritani: il coro “Ah, dolor”, la scena e cabaletta di Elvira “Qui la voce… vien diletto”, la Tempesta e il duetto “Sei pur tu… or non m’inganni”. Il tutto tenuto in pugno da Pappano con rigore di forma, risonanza drammatica e abbandono lirico di volta in volta pertinenti e sempre trascinanti. La Oropesa è stata un sogno ad occhi aperti tante erano la delicatezza del porgere, la filigrana degli ornati, gli slanci verso un acuto sempre di magnifico squillo. Anduaga le è stato dietro con ampio onore, salendo oltre il pentagramma in falsettone e mostrandosi ottimamente in sintonia con la partner. Sì che ancora i presenti chiedevano un bis, che tuttavia non c’è stato. Chi era a casa aveva il vantaggio di procurarsi da sé il bis riascoltando tutta o parte della serata…
Il concerto tuttavia non è stato solo piacevole, ma anche istruttivo. Per fare belcanto od anche semplicemente buon canto, è necessaria la méthode d’antan, ossia l’“etica” dei teatri e dei maestri d’un tempo: gavetta, sapienza d’accompagnatori, partners da cui imparare. La fresca voce d’un cantante qual è Anduaga non può esser gettata prematuramente in preda ad agenzie senza scrupoli, ad avventurieri della bacchetta, a direttori artistici affamati di tenori, a palcoscenici troppo impegnativi. Altrove (il Concerto di Capodanno a Venezia con Harding o la Borgia con Frizza, tanto nomine per entrambi) il nostro Anduaga è apparso come spaesato, certo inferiore all’ottimo standard mostrato a Santa Cecilia. Bisognerebbe inventare un articolo del codice penale internazionale adatto e severo verso chi attenta ai giovani talenti…
Maurizio Modugno
©Accademia Nazionale di Santa Cecilia / Musacchio, Ianniello & Pasqualini