LISZT Dante-Symphonie per due pianoforti e coro femminile pianoforti Marco Sollini, Salvatore Barbatano Coro Orazio Vecchi, direttore Roberto Murra
Roma, Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, 23 ottobre 2021
Roma, le sue sale, le sue chiese sono legate alla Dante-Symphonie di Liszt fin dal 1866: da quando cioè Giovanni Sgambati ne diresse una leggendaria versione nella Sala Dante di Palazzo Poli a Fontana di Trevi, con la presenza dell’autore e con l’esposizione di ventisette grandi tele di pittori italiani contemporanei aventi per soggetto scene tratte dalla Commedia. La versione (autentica) per due pianoforti e coro femminile in anni recenti è stata più volte proposta, soprattutto dal duo Bresciani-Nicolosi o al Teatro Nazionale o alla Sala Sinopoli del Parco della Musica. Su queste l’esecuzione qui in recensione è apparsa vincente per diversi motivi. L’essere puramente musicale, anzitutto: senza interventi d’attori e di risorse multimediali, attraenti, ma anche fuorvianti rispetto ad una partitura del tutto autosufficiente. Il suo svolgersi in una cornice quale è il presbiterio della Chiesa di Sant’Ignazio in Campo Marzio, con il suo imponente fasto barocco d’ori e di marmi, coronati dagli affreschi mirabolanti di Andrea Pozzo. Qui diremmo che — per l’acustica vibrantissima e la bravura degli interpreti — la versione pianistica della Dante Symphonie ha avuto modo di risuonare con una grandiosità ed un rilievo assoluti. Ed è proprio da tal versione che, forse come non mai, abbiamo avuto contezza degli assai alti valori dell’opera. In specie quell’inizio in re minore, nel martellare quasi bartokiano dei due pianoforti trova un mordente ancor più drammatico, ancor più esibitorio delle proprie ambiguità armoniche e può darsi ancor più teatrale. Così come l’episodio di Paolo e Francesca è forse meglio alle due tastiere che soddisfa l’istanza di Liszt agli orchestrali della prima esecuzione: “Mehr blau, meine Herren!” (“Più blu, signori”). E come ancora il senso di lunga dolenzìa dell’episodio “Il Monte Purgatorio” è ben lungi dal perdere il suo pungolo passando dalle viole e dai legni dominanti ai pianoforti. Ed infine il risalto ascetico che, senza l’orchestra pletorica, i due cori su “Hosanna!” e “Hallelujah” ricevono, è d’una suggestione ineffabile.
Il duo Sollini-Barbatano è stato presente nel numero 330 di MUSICA, ove si parlava anche di “Armonie della sera”, il festival su “La grande musica nei luoghi d’incanto d’Italia” ideato da Sollini e giunto ora alla diciassettesima edizione. Il concerto lisztiano ne faceva parte. L’esecuzione dei due pianisti vi è stata non solo impeccabile (e in un testo-monstre come questo era tutto fuorché facile), ma ha saputo cogliere quanto sopra detto della Dante-Symphonie e ben altro ancora, con una ricchezza timbrica e un’energia dinamica incrollabili per tutta l’ampia estensione dell’opera. Pregevole assai l’apporto del Coro “Orazio Vecchi” diretto da Roberto Murra per i bei colori e l’intonazione precisissima. Introduceva la serata padre Vincenzo Adamo, rettore della Chiesa di Sant’Ignazio e la chiudeva una riflessione di mons. Andrea Lonardo (responsabile per la Cultura e l’Università della Diocesi di Roma) su “Dante ispiratore delle arti”. Chiesa affollatissima e il bis d’un Corale di Bach rielaborato da György Kurtág.
Maurizio Modugno
(Foto: Paolo Albertini)