BERIO Visage MONTEVERDI Il combattimento di Tancredi e Clorinda (edizione a cura di Luciano Berio) BERIO Laborintus II F. Sanguineti, C. Osella, E. Bonazzi, P. Quagliata, C. Massari, L. Hofmann, L.M. Villanueva; Ensemble di Musica Contemporanea del Conservatorio di Bologna, direttore Marcello Panni
Regia del suono a cura della Scuola elettronica dell’Università di Bologna (N. Pacetta, F. Vogli)
Roma Aula Magna della Università La Sapienza, 30 ottobre 2021
Sala quasi piena e dieci minuti di applausi (tendenti ad ovazioni) al termine del concerto dopo un’ora e tre quarti (senza intervallo) di musica considerata di avanguardia negli anni Sessanta del secolo scorso. Che piacesse ad un ascoltatore appassionato sulla soglia degli ottanta anni era scontato. Non lo era affatto che entusiasmasse il pubblico della Istituzione Universitaria dei Concerti (IUC), composto in gran misura da professori che vogliono grande tradizione (meglio se del periodo romantico) e di studenti (che applaudono la musica di oggi). Sorpresa (per gli applausi) mista a soddisfazione: il successo è la prova che il meglio di cinquanta anni fa, pur se poco eseguito, appassiona. È, quindi, entrato nel capitolo che le enciclopedie dedicano alla “musica classica”.
Il concerto è una coproduzione tra la IUC, Ferrara Musica, Bologna Festival ed il Conservatorio G.B. Martini, sempre di Bologna. Si basa su un’idea originale per celebrare i sette secoli dalla morte di Dante: riproporre una composizione di Luciano Berio composta nel 1965 per i settecento anni dalla nascita del poeta (Laborintus II), unendola con altre composizioni del musicista dello stesso periodo: Visage e la trascrizione de Il combattimento di Tancredi e Clorinda di Claudio Monteverdi.A dirigere è stato chiamato Marcello Panni, che fu assistente di Berio quando il lavoro venne presentato al Festival di Spoleto nel 1968 e che lo ha diretto varie volte (ad esempio, al Teatro Carlo Felice di Genova, al Teatro Massimo di Palermo, alla Sagra Musicale Umbra, al Festival Teatromusica a Roma), anche in una produzione scenica con regia di Luca Ronconi, e lo ha inciso per la Rai.
Composto nel 1965 su commissione dell’O.R.T.F. (la radiotelevisione francese), Laborintus II prende il titolo dalla raccolta poetica Laborintus di Edoardo Sanguineti. Il testo di Laborintus II sviluppa alcuni temi della Vita nuova, del Convivio e della Divina Commedia di Dante e li combina — soprattutto attraverso analogie formali e semantiche — con testi biblici e con scritti di T.S. Eliot, Ezra Pound e Sanguineti stesso. Il principale riferimento formale di Laborintus II è il catalogo, inteso nella sua accezione medievale (come per esempio le Etimologie di Isidoro di Siviglia, anch’esse presenti in questo lavoro), che mette in relazione i temi danteschi della memoria, della morte e dell’usura — cioè la riduzione di tutte le cose a un solo metro monetario di valore. A volte, le parole isolate e le frasi devono essere considerate come entità autonome, altre volte, invece vanno ascoltate come parte della struttura sonora concepita come un tutto. Il principio del catalogo non si limita solo al testo, ma serve anche da base alla struttura musicale stessa. Visto sotto un certo aspetto, Laborintus II è un catalogo di riferimenti, di atteggiamenti e di semplici tecniche strumentali; un catalogo dal carattere didattico, come le immagini di un libro scolastico che tratti delle visioni dantesche e del gesto musicale. Le parti strumentali sono sviluppate soprattutto come estensione dell’azione vocale dei cantanti e la breve sequenza di musica elettronica è concepita come prolungamento dell’azione strumentale. Le voci (mezzosoprano, due soprani e coro) diventano suono puro: mentre il narratore- recitante (in questa produzione, Federico Sanguineti) scandisce in modo che si comprenda ogni parola, i cantanti diventano quasi suono puro (i versi che pronunciano devono essere seguiti leggendo il libretto). Si passa dal “recitar cantando” a cui aspiravano i primi autori del teatro in musica, all’ “utilizzar la voce come strumento musicale”. Nella struttura musicale non mancano riferimenti alla madrigalistica, in specie a quella monteverdiana.
Laborintus II può essere trattata come una rappresentazione scenica, come una storia, un’allegoria, un documentario, una danza. Può essere rappresentata a scuola, a teatro, in televisione, all’aria aperta e in qualsiasi altro luogo che permetta di riunire un uditorio.
In questa produzione, viene presentata come una mise en espace. Federico Sanguineti, in costume di viandante è sul proscenio vicino al maestro concertatore. Solisti e coro sotto il grande murale di Mario Sironi (che rappresenta l’“Italia tra le arti e le scienze” ma può essere anche inteso come un’allegoria dantesca). La consolle elettronica nel corridoio a metà della platea.
Il nutrito ensemble musicale, vocale e di live electronics dà una resa molto migliore di quella dell’edizione discografica in commercio della Ipecac Recording del 2012, basata su una registrazione dal vivo (non in studio) ad un festival olandese nel 2010. Ce ne sono altre due, ma ormai fuori commercio. Nonostante il lavoro sia breve (circa quaranta minuti), Panni, i cantanti, l’ensemble e la tastiera elettronica hanno mostrato molto bene che è diviso in tre parti (come le tre Cantiche? Berio non ne ha mai fatto cenno), pur se senza soluzione di continuità: nella prima le tre voci femminili creano un senso di lutto, nella seconda, orchestra e coro abbracciano un crescendo pieno di discordanze mentre il narratore alza gradualmente il tono della voce, nella terza, si arriva ad una musicalità rasserenante in cui dominano i fiati, contrappuntati dalle percussioni e da echi di jazz.
Laborintus II è stato preceduto da altri due brani di Berio: la sua trascrizione del monteverdiano Il combattimento di Tancredi e Clorinda e Visage. Il primo è del 1966. Berio scrisse che “Il combattimento di Tancredi e Clorinda può essere considerato uno dei lavori più sperimentali di Claudio Monteverdi, non solo per le sue ben note scoperte ritmiche e strumentali ma anche per la concezione della musica e della rappresentazione drammatica come una sequenza rapida, discontinua e assai contrastata di situazioni e atteggiamenti”. In questa produzione, il testo del Tasso è cantato da Chiara Osella (un mezzo che scende con efficacia a registri da contralto) e l’azione scenica, ossia il duello e la morte di Clorinda, da due danzatori (Liza Hofmann e Luzi Madrid Villanueva). Grande drammaticità quasi da “teatro epico” brechtiano.
Visage del 1961 è sperimentalismo puro sull’uso della voce (nel caso specifico di Cathy Berberian) come strumento musicale da appaiare alla console elettronica. Viene pronunciata, due volte, un’unica parola: “parole”. La dimensione vocale è costantemente amplificata e commentata da un rapporto molto stretto con i suoni prodotti elettronicamente. Il programma di sala non lo dice, ma all’IRCAM Pierre Boulez lo considerava un classico. Reso molto efficacemente allo IUC con buio pesto in sala, poca illuminazione sul palco, Chiara Osella sul fronte scena, e sotto il murale coristi che poco a poco singolarmente spariscono, uscendo di scena dalla porta di destra.
Giuseppe Pennisi
Foto: Andrea Caramelli e Federico Priori