MENDELSSOHN Sinfonia n. 5 in re minore “La Riforma” BEETHOVEN Sinfonia n. 5 in do minore Orchestra “I Pomeriggi Musicali”, direttore Pietari Inkinen
Milano, Teatro Dal Verme, 2 aprile 2022
Un bel colpo davvero, essersi assicurati un’altra volta, nella stagione dei Pomeriggi un talento cristallino come quello di Pietari Inkinen, che tra pochi mesi dirigerà a Bayreuth l’attesissima nuova produzione del Ring. Quarantaduenne, prodotto della fecondissima scuola direttoriale finlandese, Inkinen sembra temperare la naturale inclinazione degli allievi di Jorma Panula e della Sibelius Academy di Helsinki alla chiarezza delle linee, al rigore ritmico e alla precisione assoluta con un occhio di riguardo alla tradizione tedesca, che tanto ha inciso nella sua formazione e nella sua carriera. Il programma di queste due “Quinte parallele” (così il titolo del concerto dei Pomeriggi, lo stesso scelto pochi giorni prima dalla Verdi, che però aveva accostato alla partitura beethoveniana la Quinta di Shostakovich) era all’insegna, in effetti, del più tradizionale Romanticismo tedesco, con l’ultima sinfonia (per numero di catalogo, ma non cronologicamente) di Mendelssohn e una delle pagine più celebri della storia della musica, la Quinta di Beethoven.
Da applaudire, anzitutto, la prova dei Pomeriggi: gli archi suonavano ancora – incomprensibilmente – a leggio singolo, mentre i legni erano sparsi ben distanziati in alto, sulle tribune del coro. Eppure la compattezza delle sezioni era sempre assicurata, così come la qualità timbrica, con un ottimo equilibrio interno. Quella della Riforma è risultata una lettura serrata e compatta, dallo stacco dei tempi tradizionale e molto logico, con qualche contrasto più marcato nell’Allegro finale dove, forse, si sarebbe desiderato maggiore smalto nelle parti fugate degli archi. Una brillantezza quasi effervescente la si è avuta in una Quinta di Beethoven davvero sorprendente: fin dal celebre “motto” iniziale di quattro note, Inkinen ha galvanizzato l’orchestra verso un’esecuzione incisiva e tagliente, in cui il “titanismo” orchestrale non risultava dall’accumulo sonoro, bensì in virtù della chiarezza dell’articolazione. Nello Scherzo colpiva la calibratura cesellatissima, l’alternanza tra echi misteriosi, talora esitanti, e il progressivo viaggio verso la luce, che si afferma definitivamente nel finale dove l’orchestra, ad onta di piccolissime, trascurabili imperfezioni, si è lasciata davvero galvanizzare dal gesto di Inkinen, chiarissimo e mai enfatico. Un pomeriggio di grande qualità, quindi, che il folto pubblico ha salutato con prolungati e calorosi applausi.
Nicola Cattò
Foto: Lorenza Daverio / Ginevra Piccinin