LULLY/LULLI Acis et Galatée J.F. Lombard, E. Harsányi, V. La Grotta, F. Lombardi Mazzulli, L. De Donato; Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino, direttore Federico Maria Sardelli regia Benjamin Lazar scene Adeline Caron costumi Alain Blanchot luci Christophe Naillet
Firenze, Teatro del Maggio Musicale, Auditorium Zubin Mehta, 11 luglio 2022
Ė interamente merito di Federico Maria Sardelli se il Teatro del Maggio Fiorentino comincia ad avere un pubblico specializzato e amante del repertorio barocco. Già dall’Atenaide di Vivaldi al Teatro della Pergola nel 2006, il Maestro Sardelli, compositore, direttore d’orchestra, studioso e protagonista della rinascita vivaldiana di questi ultimi anni, pittore eccelso (ha ricevuto per questo il Gonfalone d’argento, la più alta onorificenza della Regione Toscana) e scrittore (L’affare Vivaldi ha vinto il premio Comisso per la narrativa, divenendo un bestseller), porta al pubblico del Maggio un’altra importante opera del barocco italo-francese, mettendo in scena per la prima volta in Italia, Acis et Galatée, ultima opera intera lasciataci da Jean Baptiste Lully nel 1686.
Con una formazione barocca del Maggio Musicale, su strumenti d’epoca, Sardelli è riuscito a creare intorno al titolo quella curiosità, ma anche un interesse generico e non esclusivamente specialistico del pubblico fiorentino.
Una rappresentazione, questa, non facile, visto che più che della prima e unica opera completa di Lully, dovremmo parlare di una Pastorale eroica in tre atti, che segnò la modernizzazione del genere pastorale che, per esempio, passò da cinque atti più un prologo, a tre atti più l’immancabile prologo da dedicare al re.
Accorciata dunque anche nel tempo di esecuzione, la durata di Acis et Galatée ha consentito al pubblico contemporaneo una fruizione più snella e un’attenzione più solida all’intero sviluppo della vicenda dal sapore mitologico. Semplice l’intreccio messo in libretto da Jean Galbert de Campistron. Acis e Galatée (Haute-contre e Soprano) sono innamorati, l’antagonista è Polifemo (Basso) che uccide Acis, gli Dei intervengono e Nettuno (Bass-Barytone) ristabilisce l’immortalità per Acis restituendolo a Galatée sotto forma di fiume.
Acis et Galatée ottenne un immenso successo, venne ripresa otto volte all’Académie royal tra il 1702 e il 1762, sollecitato anche dalla natura dei protagonisti che vennero scelti per le rappresentazioni.
Questa volta, a dar vita ai personaggi della pastorale non ci sono state vedettes del teatro odierno ma due specialisti del canto barocco, con i loro caratteri e peculiarità. Acis, Jean-François Lombard è attore corretto e dà vita a un Acis delicato nei gesti come nella voce, rarefatta fino a farlo sembrare un falsettista, mentre Galatée, Elena Harsányi non esibisce grande voce ma, educata al canto del XVII secolo, la propone con posizioni non proprio a fil di labbra risultando talvolta poco udibile e un poco arretrata.
Benissimo le dinamiche orchestrali utilizzate da Sardelli per condurre una compagine orchestrale sempre intonata (e quant’è difficile con strumenti d’epoca!) e con volumi sempre adatti al palcoscenico.
A dire il vero, il settore palcoscenico è quello che mi ha più fatto tremare le vene. I costumi caleidoscopicamente colorati non son quelli che si potrebbero definire in stile e le coreografie allegre e festanti non hanno sempre il carattere che ci si aspetta, ma tutto, scenografia compresa, rivela la caratteristica più eclatante di questa pastorale: la semplicità. Allora bene ha fatto Luigi De Donato a calcare la mano sulla “mostruosità” di Polifemo così come hanno fatto bene Valeria La Grotta e Francesca Lombardi Mazzulli a impiegare la loro voce distesa e senza grandi, apparenti, intenzioni.
Dallo spettacolo è emerso un altro grande protagonista, il Coro: posizionato in buca, ha dato tutto quello che serviva a fare di questo Acis et Galatée un chiarissimo successo, con approvazioni al proscenio e una vera ovazione alla comparsa di Federico Maria Sardelli.
Davide Toschi
Foto: Michele Monasta