ROSSINI La Cenerentola M.F. Romano, H. Wu, R. de Candia, A. Siragusa, C. Vichi, G. Rotolo, G. Sagona; Orchestra e Coro dell’Opera Carlo Felice, direttore Riccardo Minasi regia Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi
Genova, Teatro Carlo Felice, 27 novembre 2022
Il sorriso e la magia di Emanuele Luzzati sono tornati ancora una volta a brillare al Carlo Felice: non in uno degli storici allestimenti conservati nei magazzini e negli archivi del Teatro (come L’Elisir d’amore o Il barbiere di Siviglia) e che di quando in quando riemergono felicemente in cartellone, bensì in un nuovo spettacolo affidato direttamente alla direzione degli allestimenti scenici e ispirato da quanto rimane di una Cenerentola messa in scena al vecchio Teatro Margherita nel 1978. Anche se chi ha assistito a quell’evento testimonia di uno spettacolo assai più complesso, l’operazione può dirsi riuscita, conservando lo spirito del grande e fantasioso artista genovese soprattutto in alcuni elementi visivi particolarmente efficaci (come la cucina in laggioni del Castello del Barone, ormai invasa dalla vegetazione, o molti splendidi costumi), modernizzata da garbate animazioni «a tema» sui fondali. Anche la regia di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi è risultata simpatica, anche se non sempre trascinante: vi riemergevano alcuni elementi ormai classici degli spettacoli rossiniani degli ultimi decenni, le gags, la coazione al ballo; alcune trovate sono apparse azzeccate, come l’allungamento a dismisura delle braccia della povera Angelina a «Cenerentola vien qua / Cenerentola va’ là», che le sorellastre trasformano in camicia di forza; oppure l’apparizione della protagonista da una botola, alla festa del Principe. Ci sarebbe voluta però un’invenzione più efficace per l’aria di Alidoro «Là del ciel nell’arcano profondo», che costituisce sempre un inciampo drammaturgico nell’opera; e quest’occasione purtroppo non ha costituito un’eccezione.
Fin dalla Sinfonia Riccardo Minasi, neodirettore musicale dell’Opera Carlo Felice, ha dimostrato le qualità che ci si attende da un musicista che ha preso avvio e fatto tanta esperienza nel repertorio barocco: attenzione ai dettagli di concertazione ed elasticità nei contrasti dinamici. La sua direzione possedeva, oltre alla capacità di costruire efficacemente i celebri crescendo, una vitalità incalzante, ma anche l’intelligenza di rallentare quando opportuno: ad esempio in un Duetto Cenerentola/Don Ramiro ricco di indugi, che hanno consentito ai cantanti di trasmettere pienamente l’emozione del vero colpo di fulmine che avviene tra i due personaggi.
Il mezzosoprano cinese Hongni Wu ha impersonato un’Angelina assai graziosa, subito incline ad affidarsi alla speranza: la ventottenne si è dimostrata però ancora un poco acerba, come troppo impegnata dalle richieste musicali della parte per abbandonarsi completamente al personaggio; ha saputo rivelare le sue migliori qualità, consistenti soprattutto in un bel timbro e in una dizione eloquente, soltanto a sprazzi, in momenti come l’attacco dell’Andantino «Ah Signor, s’è ver che in petto» nel Sestetto. Al contrario, sin dal recitativo accompagnato del Duetto con Cenerentola («Tutto è deserto») Antonino Siragusa, già Don Ramiro a Genova oltre quindici anni or sono, ha impartito una vera lezione di canto, dimostrando grande souplesse in una vocalità tutta sul fiato, plastica e naturalissima, capace di comunicare immediatamente l’intima nobiltà del Principe; la parte gli calza a pennello (anche se a rigore qualche frase qua e là difetta un poco di mordente), e il suo modo di prendere un po’ di spinta i tanti Do (peraltro smaglianti) dell’Aria del secondo atto è stato qui sottolineato spiritosamente dalla regia.
I mezzi in sé più «importanti» del cast erano quelli di Marco Filippo Romano, Don Magnifico sonoro ed eloquente, che ha saputo ben sottolineare le tante battute spiritose che spettano a un Barone di Montefiascone peraltro qui caratterizzato da autentica perfidia nei confronti della povera Angelina; al confronto il Dandini di Roberto de Candia risultava meno d’impatto, ma con l’agile vocalità da rossiniano doc il baritono ha saputo convincere musicalmente e tratteggiare un personaggio simpatico, mai sopra le righe. Buona anche la prova di Gabriele Sagona, che è venuto ottimamente a capo della virtuosistica Aria di Alidoro, e delle Sorellastre Carlotta Vichi e Giorgia Rotolo, molto impegnate dal punto di vista attoriale. Sirio Restani ha conferito una bella plasticità ai recitativi, l’orchestra e ancor il più il coro hanno dimostrato un ottimo stato di forma; e finalmente si è rivisto il teatro praticamente pieno, di un pubblico mediamente più giovane del consueto, anche grazie alle iniziative promozionali intraprese dal Teatro con l’appoggio di un importante sponsor.
Roberto Brusotti