VERDI La traviata K. Gardeazabal, R. Ventorero, S. Zhai, V. Borgioni, V. Nizzardo, G. Leone, A. M. Ciulla, L. Mazzucchelli, N. Ciancio, M. Mignani, N. S. Luca, R. Gattei; Coro del Teatro della Fortuna, Orchestra Sinfonica G. Rossini, direttore Enrico Lombardi regia Luca Baracchini scene Francesca Sgariboldi costumi Donato Didonna
Coproduzione con OperaLombardia
Fano, Teatro della Fortuna, 4 febbraio 2023
Ma guarda che ti va a capitare. Dopo aver riso per anni del bigottismo censorio che, ai tempi, si abbatté su traviata dando origine, almeno nei teatri dello Stato Pontificio, alla banalotta riduzione intitolata Violetta (quella all’origine della celebre invettiva verdiana “La censura ha guastato il senso del dramma. Ha fatto la Traviata pura e innocente. Tante grazie! Così ha guastato tutte le posizioni, tutti i caratteri. Una puttana deve essere sempre puttana. Se nella notte splendesse il sole, non vi sarebbe più notte”) ora, in teatri situati in quegli stessi territori, si censura non l’opera, ma uno spettacolo considerato scandaloso e rischioso per i “giovani”. Poco importa che si sfiori il comico (si spera involontario) censurando in recite definite under 30 uno spettacolo vincitore di un concorso per registi under 35, poco importa che non si sia sicuri che qualcuno abbia effettivamente visto l’oggetto di questo scandalo prima di parlarne (nessuno dei politici locali sdegnati, difatti, afferma di essersi recato fino in Lombardia per assistere a una delle recite invernali della regia di Baracchini): l’importante è ribadire che questo non era quello che voleva Verdi. Ma cosa c’era di scandaloso in questa regia di Baracchini? Nulla, in realtà: al limite solo la scelta di rendere la protagonista non solo una prostituta ma anche una donna transgender al termine della sua transizione MtF. Tutto qua, ma sufficiente a convincere le amministrazioni di due dei tre teatri della Rete Lirica delle Marche (Fermo e Ascoli) a organizzare una recita in forma di concerto per le tradizioni anteprime under30 della Rete Lirica Marchigiana destinate a giovani e a studenti invece di proporre lo spettacolo in programma. Non così a Fano in cui, invece, l’anteprima giovani si è svolta regolarmente (e con grande successo) e stupisce notare il lato ironico di una faccenda che, nel tentativo di censurare un capolavoro per tutelarne l’integrità, dimostri invece quanto quel capolavoro abbia ancora da dire ai nostri tempi, “meritando” la stessa censura di cui fu vittima nel XIX secolo. Forte sarebbe, ora, la tentazione di sovrastimare uno spettacolo, in realtà, di sicuro riuscito ma non così dissacrante per apparire invece, al contrario, molto discreto e delicato nel raccontare una vicenda di mancata accettazione di sé e di insicurezze, non privo peraltro di tocchi molto azzeccati (il mimo alter ego di Violetta, rappresentazione del suo sé maschile, che scrive “Amati” sullo specchio al momento dell’addio della donna ad Alfredo, un invito all’accettazione di sé ma anche un possibile avvertimento ad Alfredo a non abbruttirsi per la delusione amorosa, come invece avverrà a casa di Flora). Un poco irrisolto mi è invece parso il finale, in cui l’ultimo confronto tra i due amanti sembra quasi un sogno della morente, per overdose, Violetta, ma in una realizzazione che sembra (volutamente?) ambigua sulle effettive cause di morte della donna.
L’unico lato blandamente e superficialmente positivo legato a questa polemica priva di fondamenta può essere ravvisato nella pruderie del pubblico che, magari aspettandosi chissà cosa, ha esaurito molto rapidamente tutte le recite disponibili dell’allestimento: peccato che, al di là di una maschera leather e di una blanda scena di spanking a casa di Flora (che non scandalizzerebbe nessuno) non ci sia proprio nulla di così scandaloso o volgare nella regia. Molto interessante la parte musicale: la direzione di Enrico Lombardi (di cui ha già parlato diffusamente Francesco Lora in MUSICAn. 343) è stata molto rigorosa, scabra e asciutta, di sicuro lontanissima da certa tradizione ma in grado di leggere l’opera con secca e nitida drammaticità, peraltro permettendosi il lusso di una lettura integrale con l’inserimento di parche e raffinate variazioni nelle riprese di strofe e cabalette: di sicuro non una direzione in grado di piacere a tutti nel suo allontanarsi programmatico dalla rassicurante prassi esecutiva, ma di certo una direzione molto pensata e coerente, non banale. Note liete per la protagonista, la messicana Karen Gardeazabal, che non vanta timbro squisito e accusa qualche stridore nel registro acuto, ma canta con partecipazione ammirevole, fraseggia con grande gusto, sta bene in scena e, in sintesi, firma una Violetta del tutto convincente, peraltro salutata dal pubblico di Fano con caldi e meritati applausi. Bene anche l’Alfredo di Valerio Borgioni, giustamente impacciato e incerto all’inizio ma in grado di toccare poi anche accenti di forte e intensa drammaticità nel II Atto e nel Finale, mentre ha convinto meno il Germont di Vincenzo Nizzardo, accorso all’ultimo in sostituzione di un collega indisposto (Nizzardo era comunque titolare di alcune delle recite dello stesso spettacolo nel circuito di OperaLombardia lo scorso anno), fin troppo ruvido nell’espressione e nell’emissione. Comprimari abbastanza ben scelti e un pubblico, al termine, folto e plaudente, alla faccia delle censure.
Gabriele Cesaretti
Foto: Marilena Imbrescia