PUCCINI La Bohème S. Zanetti, V. Grigolo, L. Ulloa, A. Filończyk, P. Di Bianco, A. Cacciamani, M. Peirone, A. Calce; Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo, direttore Francesco Lanzillotta regia Emma Dante scene Carmine Maringola costumi Vanessa Sannino luci Cristian Zucaro
Napoli, Teatro di San Carlo, 30 giugno 2023
Per l’offerta estiva rivolta ai turisti che affollano Napoli in questi mesi, il San Carlo ripropone la stessa produzione di Bohème andata in scena appena venti mesi fa. Stessa regia (con annessi costumi, scene e luci) stessa protagonista femminile, stesso cast dei comprimari. Due novità tra i protagonisti: Rodolfo (allora era Stephen Costello, ora è Vittorio Grigolo), e Musetta, qui Laura Ulloa, dell’Accademia di Canto Lirico del Massimo napoletano. Un altro (sostanziale) cambiamento rispetto alla precedente messinscena, è la presenza sul podio di Francesco Lanzillotta in luogo di Juraj Valčuha.
In realtà, rivedendola adesso, la regia di Emma Dante sembra acquistare più forza visiva e più coerenza drammaturgica. Le vicende dei quattro amici squattrinati che vivono sul terrazzo di un condominio popolare brulicante di figure socialmente emarginate (“underdogs” si direbbe oggi), sono raccontate mantenendo un equilibrio, incerto ma artisticamente suggestivo, tra sogno e realtà: anche le controscene delle danze caraibiche senza musica, dei cortei del cardinale con le suorine, dei tableaux vivants ispirati a Chagall, e finanche la trovata di far uscire in proscenio acrobati e giocolieri durante i cambi di scena, sebbene stravaganti, hanno acquisito alla lunga maggiore godibilità; il che, tutto sommato, è quel che conta quando si assiste ad un’opera.
Anche perché. nonostante i voli pindarici (o chagalliani), la drammaturgia della Dante rimane comunque solidamente ancorata al libretto: dagli abiti d’epoca (sebbene rivisitati: meravigliose le divise dei militari che ricordavano i soldatini di latta), alla piazza davanti al Caffè Momus rutilante di colori la sera di Natale, animata, festosa e coloratissima come deve essere; al terzo quadro, la “Barrière d’Enfer” così angosciosamente essenziale. Il tutto è supportato dalle bellissime scenografie di Carmine Maringola, dalle luci di Cristian Zucaro, e soprattutto dai meravigliosi costumi di Vanessa Sannino.
Quanto al cast vocale, Selene Zanetti ci presenta una Mimì diversa rispetto alla volta precedente: una sartina dalla vocalità meno incisiva, più delicata nell’esibizione del dramma ma paradossalmente, con tutta la sua fragilità, anche più veristicamente “carnale”.
L’attesissimo debutto al San Carlo di Vittorio Grigolo non ha deluso le aspettative (anche confermando qualche pregiudizio) di chi immaginava di vedere a Napoli colui che all’estero è presentato come “the Italian tenor” per antonomasia. Il quale tende a prendersi la scena con tutti i mezzi: con le dinamiche, la postura, nell’interazione con i colleghi, e soprattutto imponendo una vocalità più grintosa che appassionata, a momenti gridata anziché cantata. Comunque, anche se qualche purista può storcere il naso, alla fine questa condotta poco ortodossa funziona, coinvolge ed emoziona il pubblico napoletano, proprio per quell’eccesso di teatralità che lo porta a forzare (e ad uscire dai canoni del canto tardo romantico-verista) anche quando non sembrerebbe il caso.
Laura Ulloa ha presentato una Musetta non prorompente né nel fisico, né nella voce, dal timbro piuttosto leggero, e ha scelto di essere quindi meno sfrontatamente seduttrice e più timidamente seducente in “Quando m’en vo'”.
Il baritono Andrzej Filonczyk è Marcello, pittore ma qui anche graffitaro, con una vocalità non sempre levigata ma comunque centrata sul personaggio. I ruoli degli altri bohémiens sono cantati con buon mestiere da Pietro Di Bianco (Schaunard) e Alessandro Spina (Colline). Matteo Peirone interpreta diligentemente i due personaggi a lui affidati, Benoit e Alcindoro.
L’orchestra, sotto la bacchetta di Lanzillotta, gira molto bene, presente a sé stessa con maturità e profondità. Il direttore propone alcune sonorità piene di calore e affetto, senza timore di apparire sentimentale: come un cercatore d’oro, ha cercato e trovato, in una partitura che sembrava non avesse più nulla da rivelare, atmosfere più ammalianti, colori più vivi, contrasti più ricchi, riuscendo anche a mantenere (nonostante gli eccessi di Grigolo) un buon equilibrio tra i due protagonisti e in generale tra la buca e il palcoscenico.
La scena d’insieme del secondo quadro ha confermato l’alto livello raggiunto dal coro preparato da Josè Luis Basso, accompagnato dal decisivo contributo del coro di voci bianche diretto da Stefania Rinaldi.
Lorenzo Fiorito