MELANI Litanie per la Beata Vergine “Le Pasquine”; Regina Coeli; Messa “La Cellesa” a sedici voci; Salve Regina a nove voci A. Borciani, M. Flores, D. Sagastume, V. Contaldo, M. Bellotto; Cappella Mediterranea, Choeur de Chambre de Namur, direttore Leonardo García Alarcón; scenografia Philippe Casanova
Roma, San Luigi dei Francesi, 1° giugno 2024
Ambientare un concerto di musica barocca a San Luigi dei Francesi, il prezioso scrigno d’architettura (Domenico Fontana e Giacomo Della Porta) e d’arte (Caravaggio, Domenichino, Guido Reni, Bassano) voluto da Caterina de’ Medici per la comunità francese in Roma, non poteva che essere un’ipotesi di partenza vincente. Se a ciò s’aggiungono la preziosa rarità delle musiche e la qualità dell’esecuzione, s’avrà nozione di una serata musicale fra le più interessanti di questo già inoltrato 2024. Il programma era monografico e s’incentrava su quell’Alessandro Melani (1639-1703), pistoiese di nascita e di musicale famiglia del luogo, ma – dopo esser stato maestro di cappella nelle cattedrali di Pistoia e d’Orvieto – presto a Roma, al seguito del papa Clemente IX, ossia il concittadino Giulio Rospigliosi. Che lo prepose alla Cappella di Santa Maria Maggiore, quindi a quella di San Luigi de’ Francesi, ove rimase fino alla morte. Mantenendo però in parallelo l’incarico di “Maestro della Salve”, ovvero la formazione vocale istituita all’inizio del Seicento nella Cappella Borghese della Basilica Liberiana. Fecondo autore di drammi per musica – L’empio punito ne è il più celebre – eccelse beninteso in una vastissima produzione sacra e le pagine di pura meraviglia (che è nel barocco il “fin dell’arte”…) ascoltate a San Luigi, ne sono la moderna riprova. A cominciare dalle Litanie per la Beata Vergine, dette “Le Pasquine” in onore di Bernardo Pasquini: una collana di perle musicali assai devote e variamente distribuite tra le voci in campo, con deliziosi effetti pittorici di cherubini e d’amorini svolazzanti e vocalizzanti. Seguiva un mirabile Regina Coeli, ove il culmine era raggiunto dal duetto muliebre (una voce nel presbiterio, una sul pulpito) d’irresistibile suggestione, quasi ad un ideale mezzo cammino fra il Monteverdi del Vespro della Beata Vergine, il Carissimi degli oratori romani e il Vivaldi sacro. Al centro del programma la riscoperta Messa “La Cellesa” a sedici voci, composta per la nobile defunta Lucrezia Cellesi da Pistoia, più che imparentata con i Rospigliosi, visto ch’ era la rimpianta cognata di Clemente IX. Scrive il curatore del repechâge Luca Della Libera, che “anche in questo capolavoro, totalmente sconosciuto, ma di grande impatto emotivo, Melani mette in campo la sapienza contrappuntistica, ma allo stesso tempo la grande personalità ed espressività barocca. Far risuonare per la prima volta dopo tre secoli questa musica nel luogo per il quale essa fu concepita, rappresenta una straordinaria occasione per accendere i riflettori su un’epoca della musica romana ricchissima di tesori e non ancora conosciuta”. Chiudeva il programma un celestiale Salve Regina a nove voci, in parte poi oggetto di un bis.
Esecuzione e allestimento scenico d’un livello qual non di frequente s’incontra. A cominciare da quei “jeux de trompettes” che sulla Piazza di San Luigi dei Francesi, prima d’entrare in chiesa, risuonavano dalle finestre e dalle loggette di Palazzo Madama e da quello “degli Stabilimenti Spagnoli”. Quindi, in un interno in penombra, il trionfo policromo d’un fiammeggiante “retablo” barocco, opera dello scenografo Philippe Casanova, sfondo invero pertinentissimo e di gusto assai geniale. Ove poi il contenuto musicale non è stato di poco momento, grazie alla direzione di Leonardo García Alarcón, che ha curato amorosamente ogni dettaglio e ha ottenuto non solo una puntualità stilistica assoluta, ma il dispiegamento di tutti quei i colori che solo la polifonia romana riesce a sciorinare con tanta opulenta bellezza. In questo essenziale l’apporto della sua Cappella Mediterranea e del ben noto Choeur de Chambre de Namur (ospite fisso delle incisioni della Château de Versailles). Dei solisti la palma vada senz’altro ai due soprani Alice Borciani e Mariana Flores, “voces angelorum” se ve ne furono. Pubblico delle grandi occasioni: ambasciatori, corpo diplomatico, prelati e sponsor di vaglia. E successo eccezionale, in verità del tutto proporzionato ai meriti assai alti della serata.
Maurizio Modugno
Foto: François de Maleissye/Cappella Mediterranea