BEETHOVEN Concerto per violino e orchestra in re minore op. 61; Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore “Eroica” violino Nikolaj Szeps-Znaider Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai,direttore Andrés Orozco-Estrada
Torino, Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, 17 ottobre 2024
La nuova stagione dell’Orchestra Rai debutta con un programma tutto beethoveniano: si parte dal Concerto per violino e orchestra in re maggiore(unico concerto per violino composto dal maestro di Bonn) e si prosegue con la Sinfonia “Eroica”, che al lettore farà tornare alla mente quella dedica rivolta a Napoleone che in un secondo momento lo stesso Beethoven vorrà abradere con forza, reo il Còrso aver rinnegato gli ideali rivoluzionari per la corona imperiale (questa tuttavia attribuitosi in maniera per certi versi non meno rivoluzionaria, rispetto al cerimoniale in auge sin dai Carolingi). Dal canto suo Andrés Orozco-Estrada è pronto a salire sul podio per dare avvio alla seconda stagione in qualità di direttore principale dell’OSN Rai. Insieme a lui l’atteso Nikolaj Szeps-Znaider, volto noto al pubblico dell’Auditorium Toscanini, che collabora con la compagine torinese anche in contesto cameristico e in qualità di direttore d’orchestra (del resto in quest’ultima veste il musicista danese è attualmente impegnato alla guida dell’Orchestra Nazionale di Lione).
In tutto il lungo primo movimento del Concerto per violino,Szeps-Znaider comunica al pubblico una saldissima sicurezza dei propri mezzi. Il violinista danese è musicista esperto, disinvolto, ironico, preciso e dalla tecnica assai ferrata, benché in certi frangenti esprima un suono che, sospetto, potrà non mettere d’accordo tutti per una certa ruvidezza che a mio avviso emerge e che non è adatta ad alcune situazioni che connotano questo tipo di repertorio. A questo c’è da aggiungere un certo affiatamento con Orozco-Estrada, con cui mi pare condivida la lettura di questa pagina tanto nota. Nel secondo movimento il direttore colombiano disegna con grazia e in maniera efficace le ampie arcate dei violini. L’orchestra, dall’organico non direi filologico ma tuttavia ben calibrato, è pienamente al servizio del solista, in questo dolce dialogo con il medesimo, tanto più nel sommesso pizzicato che si configura quale sorta di preghiera laica da cui affiora tutto il lirismo della parte solistica e che il violinista danese ricostituisce con efficacia. Al termine del Concerto per violino viene proposta, come bis, una trascrizione del Liebesleid di Fritz Kreisler. Momento questo, mi si perdoni, davvero non irrinunciabile. Non mi riferisco alla qualità del brano in quanto tale, del cui autore peraltro Szeps-Znaider impugna il violino, un Guarneri del Gesù della prima metà del XVIII secolo (ciò che già basterebbe a giustificarne l’omaggio) quanto alla sua collocazione drammaturgica, vale a dire circa l’opportunità di porlo tra la fine del Concerto per violino e la Terza sinfonia. L’omaggio ha prevalso sull’estetica.
L’epoca di Beethoven rappresentò un momento di straordinaria importanza per l’evoluzione dell’orchestra: la presenza del clarinetto è novità praticamente consolidata sin dall’ultimo Mozart, che il clarinetto impiegò da musicista proiettato verso il futuro (certo, non compare nella Jupiter,ma si pensi alle sinfonie nn. 39 e 40, al celebre Concerto in la maggiore o alla Sinfonia concertante, che è addirittura del 1778); se il clarinetto conosce questa affermazione, la tromba, che in orchestra era presente già da molto tempo, inizia a mutare volto, emancipandosi sempre più dal ruolo puramente ritmico e timbrico che eravamo abituati ad ascoltare all’epoca di Mozart. Non mi era ancora capitato di ascoltare dal vivo l’Eroica eseguita da Orozco-Estrada, però su YouTube si può trovare una registrazione dello stesso direttore colombiano con l’Orchestra Sinfonica della Radio di Francoforte. Raffrontando quest’ultima con quella eseguita oggi insieme alla OSNRai non mi pare vi siano sostanziali differenze, eccettuate quelle, s’intende, che concernono la natura e le caratteristiche delle due orchestre e che Orozco-Estrada comprende e anzi sfrutta opportunamente. Ad ogni modo il doppio accordo di mi bemolle con cui si apre la sinfonia richiama bruscamente all’ordine gli ascoltatori ancora immersi nel clima della pausa o negli umori kreisleriani. Lo scenario cambia repentinamente, anche perché l’attacco sferrato da Orozco-Estrada è a dir poco fulmineo. Certi tempi che egli adotta sono particolarmente interessanti, premesse a letture non sempre consuete e presentate in maniera efficace. Tuttavia nel secondo movimento della sinfonia, la celebre Marcia funebre, la conduzione di Orozco-Estrada sembra portarci non vorrei dire a un campo militare (sarebbe troppo), ma potremmo dire a una sala da ballo. Il che può benissimo funzionare su un piano meramente musicale, ma temo vada a discapito del clima di quello che è pur sempre, nelle intenzioni dell’autore, un Adagio funebre. Il Finale si attaglia di più al carattere e alla dimensione estetica di questo direttore d’orchestra ancora giovane e che bene sta svolgendo il proprio ruolo qui a Torino, insieme a un’orchestra che, non mi stancherò mai di ribadire, ha conosciuto una sempre crescente, invidiabile qualità, sempre più riconosciuta a livello internazionale.
Marco Testa
(Foto: Sergio Bertani)