MILHAUD La création du monde op. 81 SAINT-SAËNS Concerto per pianoforte n. 2 in sol minore op. 22 GERSHWIN Variazioni su “I got Rhythm” per pianoforte e orchestra BERNSTEIN Fancy Free pianoforte Bertrand Chamayou Chamber Orchestra of Europe, direttore Antonio Pappano
Rho (Mi), Teatro Civico “Roberto de Silva”, 9 novembre 2024
Non sembra vero di trovare un teatro del genere a pochi chilometri da Milano, per la precisione a Rho, non distante dallo spazio che ha ospitato Expo 2015: un teatro nuovissimo (è stato aperto due anni fa), che colpisce fin dall’esterno per le sue linee moderne e armoniose e per l’impatto benefico su tutto il territorio circostante (a cominciare da una piazza, rinnovata nell’ambito del progetto, che potrebbe anche ospitare spettacoli all’aperto) e che rinnova, all’interno dello stesso, la positiva impressione. Sia nel foyer, luminoso e accogliente, che si prolunga grazie ad un’ampia scalinata in uno spazio bar/guardaroba funzionale e razionale; sia, soprattutto, nella sala modulare, che accoglie fino a 580 spettatori disposti sui quattro lati (quindi anche dietro l’orchestra, sul modello storico della Philharmonie di Berlino) e che è un tripudio di legno, che ha un positivo influsso sia sull’acustica – generosa, ma anche dettagliata – sia sull’accoglienza dello spettatore, per così dire, nei suoi colori smorzati ma non cupi. Il teatro nasce sui terreni un tempo occupati dall’industria cosmetica di Roberto de Silva e della moglie Diana Bracco: scomparso il primo nel 2012, dopo sette anni è iniziata la costruzione del teatro, con l’obiettivo di creare “un luogo innovativo dedicato all’arte”, e quindi anche mostre e convegni nella sala più piccola, oltre a fornire un modello di sostenibilità ecologica e risparmio energetico grazie agli avanzati standard costruttivi. Giunto alla seconda stagione, il Teatro Civico “Roberto de Silva” ha fatto un deciso scatto in avanti nella qualità della programmazione, che spazia dalla prosa al teatro leggero, dalla musica classica all’opera, che ha visto a fine ottobre due recite di Madama Butterfly: ma non c’è dubbio che avere ospitato le prove e la prima tappa della tournée italiana della Chamber Orchestra of Europe con Sir Antonio Pappano sul podio e Bertrand Chamayou al pianoforte sia stato un colpo che immediatamente proietta le ambizioni dell’istituzione ad un livello superiore (la sfida, semmai, è mantenere queste alte premesse e promesse: non sono pochi gli esempi di fuochi di paglia che si sono estinti dopo poche stagioni…).
Il programma era uno di quelli che riunisce un immediato appeal sul pubblico ad una stretta coerenza culturale, tutto incentrato com’era sul ‘900, sulla musica americana, sul balletto e sulle influenze jazzistiche, con la parziale eccezione del Secondo di Saint-Saëns, che risale al 1868: molto più coerente sarebbe stata invece la proposta del Concerto di Ravel, come avvenuto la sera prima nell’anteprima del concerto e come si ascolterà in alcune delle tappe delle tournée. Ma la serata è stata memorabile per molti motivi: anzitutto per la classe e la generosità di Bertrand Chamayou, che oltre a brillare nella citata pagina di Saint-Saëns e nelle Variazioni su “I got Rhythm” di Bernstein come solista, si è diligentemente inserito in orchestra per le parti obbligate della Creazione del mondo di Milhaud e di Fancy Free di Bernstein. Uno sforzo anche fisico non da poco, ma che ha visto il pianista francese convincere pienamente per la brillantezza digitale, lo charme e l’eleganza del fraseggio e soprattutto – in Saint-Saëns – la capacità di prendersi rischi, di correre come un giocoliere al trapezio nello Scherzo e nel Saltarello finale, quasi senza rete di protezione, e di cogliere benissimo il carattere composito di questo affascinante Concerto che, come si diceva un tempo, «comincia con Bach e finisce con Offenbach»: quell’inizio che si sviluppa come una grande Toccata barocca, che profuma di cecilianesimo e insieme di teatro d’opera (il Faust di Gounod è di pochi anni anteriore) e che nel suo sfacciato polistilismo trova un evidente trait d’union con le altre pagine in programma. Perché d’altronde La création du monde (1923), sorta di Sacre du printemps da music-hall, amatissimo dal Bernstein direttore, unisce la modernità del jazz alle danze afro-caraibiche, il locale notturno parigino alla tradizione francese: Pappano lo tratta come un classico, senza esasperarne con faciloneria i tratti un po’ ruffiani, e con la qualità altissima dei musicisti della COE il risultato è di quelli da ricordare. Che Sir Tony poi sia un grande direttore, non lo scopriamo mica oggi: ma sarebbe bastato il modo in cui, in Saint-Saëns, ha sostenuto il solista con elasticità e insieme un gusto del dettaglio timbrico indimenticabile, e un senso della drammaturgia che solo un sommo direttore d’opera può avere.
La seconda parte della serata vedeva due “chicche” americane: le Variazioni su “I got Rhythm”, il celeberrimo Song del musical Girl Crazy, che Gershwin scrisse per il fratello Ira, e il balletto Fancy Free (1944), il primo composto da Bernstein, forse non la sua partitura più compiuta, ma che comunque in mezz’ora scarsa sa compendiare ritmi di danza, preziosismi armonici e modernità di scrittura con assoluta felicità. La stessa felicità messa in campo da Pappano e dai suoi musicisti, capaci di perfetta elasticità ritmica, personalità e grande reattività nell’assecondare le feline zampate melodiche disegnate da Lenny. E per le ambizioni di un teatro come il Civico di Rho non poteva esserci serata migliore.
Nicola Cattò
Crediti fotografici: Leonardo Cesco