Stroppa-Vitale: un duo da applausi per i Capuleti a Como

Annalisa Stroppa (Romeo)

BELLINI I Capuleti e i Montecchi A. Stroppa, F.P. Vitale, M. Falcier, M. Guerzè, B. Wang; Coro OperaLombardia, Orchestra I Pomeriggi Musicali, direttore Sebastiano Rolli regia Andrea De Rosa scene Daniele Spanò costumi Ilaria Ariemme

Como, Teatro Sociale, 17 gennaio 2025

Dopo le recite bresciane dello scorso settembre (di cui ci ha riferito Marco Bizzarini: leggi qui), il cammino dei Capuleti nel cartellone di Opera Lombardia è ripreso ora da Como, con un cast invariato se non per il ruolo di Giulietta: permanendo la lunga indisposizione di Caterina Sala (che speriamo di riascoltare quanto prima), e non essendo libera Benedetta Torre (che tornerà per alcune delle prossime recite), si era puntato sulla giovane siciliana Giulia Mazzola. Ammalatasi, è stata sostituita da Francesca Pia Vitale, uno dei migliori talenti usciti negli ultimi anni dal vivaio dell’Accademia del Teatro alla Scala: e che difatti si è rivelata una splendida Giulietta, sia per la figura bella e fascinosa sia, soprattutto, per un canto in cui la dimensione melanconica e interiorizzata assumeva tratti addirittura estenuati, gestiti con sapienza in un canto patetico e sfumato, con un gusto severo eppure sempre centrato per le variazioni e con la capacità di risolvere anche la tessitura più acuta (fino ad un Do diesis nell’aria del secondo atto) con morbidezza e continua ricerca di colori. Una Giulietta che, in sintonia con le idee di regista e direttore, era sì impetuosa e adolescenziale, ma anche dalla sensualità acerba eppur fremente: e soprattutto in perfetta simbiosi con il Romeo di Annalisa Stroppa, una cantante che, in silenzio, ogni volta appare sempre più brava, matura e intelligente. Non potrà, magari, vantare uno strumento particolarmente sontuoso, ma il colore — da vero mezzosoprano chiaro, un po’ alla Berganza — esalta le ombreggiature di un personaggio preda di continui shock, di passioni tumultuose, appianate poi nella disperazione assoluta della scena della tomba. Nella cabaletta d’entrata, la Stroppa affronta con prudenza la difficile salita ai si acuti (“che alla Patria costerà”) e evita di conferire risonanze di petto alla frase sotto il rigo (“e su voi ricada il sangue”), con quell’insistenza sul si grave: ma la chiarezza della dizione messa in campo, la cura dell’emissione, la scolpitura del fraseggio sono davvero splendidi e, nella scena finale, addirittura commoventi. In più sia lei che la Vitale rispondono benissimo alle sollecitazioni del Maestro Rolli imponendo una varietà dinamica continua, che evita ogni rigidità e prevedibilità alle strutture musicali, dando colore e calore alla frase musicale: una coppia di artiste, insomma, davvero splendida. Matteo Falcier era un Tebaldo di belle intenzioni, più in forma nell’aria di entrata (la cui cabaletta era coronata da uno squillante Do acuto) che nel duetto, ove è parso un tantino in ombra, mentre i due bassi proponevano un intenso Matteo Guerzè come Lorenzo e un Baopeng Wang davvero troppo ingolato come Capellio (bisognerà poi capire perché così tanti bassi dell’Est abbiano questa emissione da orco cattivo…). Come accennato, Sebastiano Rolli ha sostenuto in maniera davvero splendida il canto, con una consapevolezza stilistica che pochi possiedono, e l’Orchestra dei Pomeriggi si è mostrata di grandissima qualità nei soli (ottimo il primo corno, meraviglioso il primo clarinetto Gabriele Mercandelli) e in genere apprezzabile per tutta l’opera, al pari del coro di OperaLombardia.

Francesca Pia Vitale (Giulietta; foto Alessia Santambrogio)

Dello spettacolo di Andrea De Rosa aveva già detto molto Marco Bizzarini: l’idea di una divisione tra Capuleti e Montecchi come fossero due tifoserie di teppisti rivali, con tanto di sciarpe (divisione poi che viene meno davanti alla morte, in segno di rispetto e conciliazione: ottima trovata) funziona abbastanza, l’impianto scenico dominato da corde a evocare gabbie e divisioni (quella tra il mondo degli adulti e degli adolescenti) è di buon impatto. E anche l’ambiguità sessuale di Romeo certo non ha nulla di scandaloso: cosa c’è di più gender fluid dell’opera lirica, fino da e soprattutto nei suoi esordi secenteschi? Tanto più che la Stroppa — più della Vitale — si è rivelata anche attrice intensissima e del tutto convincente, anche a rendere i mutevoli stati d’animo di un ragazzino. Grande successo, del tutto meritato.

Nicola Cattò

Data di pubblicazione: 18 Gennaio 2025

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