Velluti: l’ultimo castrato, Orchestra del Teatro di San Carlo, direttore George Petrou controtenore Franco Fagioli
Napoli, Teatro di San Carlo, 30 gennaio 2025
Per il suo debutto al San Carlo, Franco Fagioli, tra i più apprezzati controtenori sulla scena mondiale, ha scelto alcune delle composizioni che fanno parte di un album in uscita a fine mese, in cui sono raccolte arie rese celebri da Giovanni Battista Velluti (1780-1861). Ultimo dei grandi “evirati cantori”, Velluti ispirò grandi musicisti del suo tempo e fu famoso per le sue eccezionali doti canore ma anche per i suoi atteggiamenti divistici. Gioachino Rossini lo chiamò “imperatore del dolcissimo canto”, e scrisse apposta per lui il ruolo di Arsace nell’Aureliano in Palmira. Anche Giacomo Meyerbeer ne rimase affascinato, tanto da scrivere per lui un’opera, Il crociato in Egitto, che Velluti portò al successo prima a Venezia e poi a Londra
Il recital è iniziato con la Sinfonia dal Tancredi di Rossini, eseguita dall’orchestra del San Carlo diretta da George Petrou, anch’egli per la prima volta a Napoli. Altre composizioni strumentali si sono alternate alle arie durante il concerto: un’altra sinfonia di Rossini, da Aureliano in Palmira; la sinfonia tratta da La Lodoiska di Johann Simon Mayr; la sinfonia dall’Ulisse agli Elisi di Nikolaos Mantzaros.
Quanto alle arie, accanto a grandi nomi come Rossini e Mercadante (del primo Fagioli ha appunto eseguito da Aureliano in Palmira “Scena, Aria e Cabaletta” di Arsace, del secondo la cavatina di Andronico) il concerto ha proposto compositori meno celebri, che collaborarono con Velluti e di comunque di sicuro interesse musicologico.
Dall’Attila di Paolo Bonfichi, abbiamo ascoltato la “Scena e cavatina” di Lotario; di Giuseppe Nicolini, da Traiano in Dacia, “Ah se mi lasci o cara” e dal Carlo Magno dello stesso compositore, “Ecco, o numi compiuto… Ah quando cesserà… Lo sdegno io non pavento”. Nonostante le insistenti richieste da parte di un pubblico entusiasta, alla fine ha concesso un unico bis con “Soave immagine”da Andronico di Mercadante.
Il controtenore italo-argentino (ma Fagioli preferisce definirsi “mezzosoprano”) ha mostrato di possedere lo strumento adatto per interpretare la musica che Velluti prediligeva. La sua vocalità spaziava dai toni gravi agli agili virtuosismi delle colorature, con una vasta gamma di sfumature espressive. Solo occasionalmente si poteva notare qualche increspatura timbrica nei passaggi acuti o gravi, mentre il registro medio era sempre rotondo e ben proiettato; anche l’ampio utilizzo del vibrato, per il gusto di chi scrive, non era sempre necessario, anche se fa ormai parte del suo stile interpretativo. Ma a parte ciò, il talento e la tecnica di Fagioli rimangono indiscutibili, insieme alla sua abilità nel costruire architetture vocali di grande effetto. E il pubblico alla fine lo ha ripagato tributandogli un’ovazione, come si diceva,
L’operazione nel suo complesso, album e concerto, oltre che un’esperienza artistica di sicuro valore, ha il merito di attirare l’attenzione su un periodo importante della storia del belcanto, e su alcuni suoi protagonisti meno celebrati. Le scelte di Fagioli, anche quelle meno convenzionali dal punto di vista interpretativo, contribuiscono a riscoprire e rendere vivo un repertorio vocale spesso considerato solo per il suo interesse storico, a parte i ‘canonici’ Rossini e Mercadante.
Da canto suo, il direttore George Petrou, alla guida dell’orchestra del San Carlo ha svolto con presa sicura il suo compito; non ha relegato l’orchestra a mero complemento della voce, ma ha valorizzato i punti di forza del cantante, con accompagnamenti delicati nei passaggi più intimistici, e altri energicamente sostenuti nei momenti più vigorosi (al netto di qualche episodio meno felice nella sezione dei legni). Infine, i brani strumentali non sono stati semplici riempitivi, ma hanno dato spessore e senso alla serata, grazie ad una intelligente orchestrazione e ad una direzione che ha saputo trarre il meglio dallo spartito e dall’orchestra.
Lorenzo Fiorito
Foto: Luciano Romano