A Cagliari torna a commuovere la Butterfly di Asari

Marta Mari (Cio-Cio-san)

PUCCINI Madama Butterfly M. Mari, R. Eldin, C. Almaguer, E. Rukavina; Coro e Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, direttore Gianluca Martinenghi regia Daniela Zedda (Keita Asari) scene Ichiro Takada costumi Hanae Mori (Marco Nateri)

Cagliari, Teatro Comunale, 4 luglio 2024

Fatta eccezione per una preziosa rarità musicale come il Nerone di Boito, che ha aperto con un nuovo allestimento la Stagione 2024 (vedi qui la recensione), il cartellone del Teatro Lirico di Cagliari si è in snodato tra opere rossiniane e pucciniane di sicuro consenso. Non sorprende quindi che il programma si concluda con un titolo collaudatissimo (e amatissimo a Cagliari) come Madama Butterfly”, riapprodato al Teatro Comunale in un celeberrimo allestimento del Teatro alla Scala, qualche anno dopo la sofferta rappresentazione negli anni della pandemia. Messinscena di semplicità quasi monacale, quella odierna, che elude il Giappone da cartolina e riesce a rievocare il clima di intolleranza che si accompagna al colonialismo prima della Grande Guerra: un’opera attualissima, dunque, forse più di altri capolavori pucciniani, che affonda le proprie radici nella cultura musicale mitteleuropea.

Il primo atto dell’opera immette lo spettatore in un clima musicalmente nipponico, tratteggiato da Puccini grazie alle minuziose ricerche di temi originali, condotte quasi con lo spirito di un moderno etnomusicologo. Se Tosca è un dramma d’azione, la tragedia giapponese è sostanzialmente un dramma psicologico, al centro del quale si situa l’evoluzione umana di Cio-Cio-san, una fanciulla quindicenne strappata all’età «dei giochi e dei confetti». Un processo di maturazione interiore che trova il suo culmine nell’accettazione, da parte della protagonista, della legge eterna di ogni tragedia: chi ha turbato l’ordine sociale deve ristabilirlo col sacrificio di sé stesso.

La regia dell’opera, curata da Daniela Zedda su un’idea del noto regista giapponese Keita Asari, si cala in piena armonia nelle scenografie di Ichiro Takada ed esalta i costumi di Hanae Mori ripresi da Marco Nateri, le luci di Marco Filibeck rinnovate da Andrea Ledda e la coreografia di Luigia Frattaroli. Di grande responsabilità, quindi, il ruolo delle voci e della musica: ed è ottima, infatti, la prova dell’Orchestra e del Coro del Teatro Lirico, saldamente guidati dall’esperto Gianluca Martinenghi, che ha accompagnato due cast di giovani e affermati cantanti e chi scrive ha potuto ascoltare il secondo cast, decisamente persuasivo.

Protagonista assoluta l’eccellente Marta Mari nei panni di Madama Butterfly, vocalità piena e molto luminosa ed omogenea, in grado di muoversi con sicurezza e varietà espressiva in ogni registro con un fraseggio accurato, esibito con limpidezza in «Un bel dì vedremo» e dolorosa potenza nel «Dormi amor mio». Meno energico il Pinkerton di Ragaa Eldin, che canta correttamente e con padronanza, ma risulta complessivamente un po’ incolore, mentre sono apparsi più concentrati Carlos Almaguer nel ruolo di Sharpless e soprattutto l’intensa ed espressiva Emilia Rukavina (Suzuki). Buone tutte le parti di fianco: Andrea Schifaudo (Goro), Elisa Pais (Kate Pinkerton), Orlando Polidoro (Yamadori), Cristian Saitta (uno zio Bonzo imponente), Alessandro Frabotta (Commissario imperiale/Ufficiale del registro) e Christian Serra (Dolore). Ottima l’accoglienza del pubblico, che ha applaudito a lungo.

Myriam Quaquero

Data di pubblicazione: 7 Luglio 2024

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