SCHUBERT Sonata in sol maggiore D 894 (op. 78); Sonata in si maggiore D 575 (op. 147); Sonata in do minore D 958 pianoforte Christian Leotta
Como, Teatro Sociale, 13 gennaio 2020
Christian Leotta è stato definito dalla leggendaria Rosalyn Tureck come “uno straordinario talento con una meravigliosa musicalità innata” e il grande Ulrich Schnabel ha scritto di lui: “Il suo rispetto delle indicazioni dei compositori Classici e Romantici è perfetto e notevole è la loro comprensione”. Apprezzato interprete beethoveniano, Christian Leotta si è imposto sulla scena concertistica internazionale nel 2002 quando, all’età di soli 22 anni, ha eseguito a Montreal l’integrale delle 32 Sonate per pianoforte di Beethoven; ora si sta avvicinando alla conclusione dell’analoga impresa pianistica dedicata a Franz Schubert, eseguendo l’integrale delle 11 Sonate (“compiute”) per pianoforte.Ha eseguito questa serie di composizioni per la prima volta lo scorso anno in Giappone, presso la notissima Alti Hall di Kyoto, riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica in tutto il Paese. In quell’occasione ha inoltre interpretato la quasi totalità dell’opera per pianoforte di Schubert, presentandola in un ciclo di sette recital, che rappresenta a tutt’oggi la più ampia serie di concerti schubertiani mai eseguiti da un solo pianista.
Della prima serata di questa integrale comasca ha dato conto Luca Segalla in MUSICA di novembre: noi, invece diamo conto della terza.
La Sonata in sol maggiore D 894 (op. 78), grazie al suo contenuto poetico del primo movimento, è stata definita Fantasia. Come Schumann, anche Liszt amava molto questa composizione, che definiva un “poema virgiliano”. Il Molto moderato e cantabile può essere considerato il più originale fra i primi movimenti di Sonata scritti da Schubert. È pregevole per il suo puro lirismo. Di notevole bellezza e intensità espressiva è il successivo Andante, scritto in forma di Lied. Delizioso il Menuetto. Allegro moderato, che può essere considerato un’eco amplificata delle Valses nobles, dal tipico carattere viennese. I ritmi energici della sezione principale, con le sincopi capricciose e i trilli, si oppongono al canto celestiale ed estatico del Trio, la cui intimità sognante sembra voler concentrare in un solo attimo di felicità, in un miracolo armonico, tutte le virtù che rendono Schubert ineguagliabile. L’Allegretto conclusivo è un Rondò. Le melodie derivano il loro carattere inimitabile da varie fonti popolari. È una delle pagine più significative della maturità del compositore austriaco. Eccellente l’interpretazione di Christian Leotta, che è stata di assoluto valore per perizia tecnica, resa sonora ed espressività. Quello che stupisce nella sua esecuzione è il contrasto fra un virtuosismo acceso e quasi visionario, sbrigliato ed estroverso da un lato, e una concentrazione ai limiti dell’estasi dall’altro. Spettacolosa la tavolozza sonora con una notevole varietà di suoni, dal pianissimo al fortissimo, dal crescendo al diminuendo. Ha saputo penetrare autorevolmente nell’intimo di Schubert. Classica la sua postura, che richiama alla memoria lo stile di Backhaus (pianista purtroppo poco conosciuto dai giovani, per altro numerosi al concerto).
Di rara esecuzione è la giovanile e raffinata Sonata in si maggiore D 575 (op. 147). È la più libera e ispirata fra le Sonate schubertiane. È un’opera felice, a tinte forti, colma di impressioni della natura, vivificata soprattutto dallo splendore di un’inesauribile invenzione armonica. La melodia dell’Andante colpisce per la sua intimità. Lo Scherzo. Allegretto, con il suo tema capriccioso e gaio, le sue armonie raffinate e le affascinanti imitazioni, è un piccolo capolavoro di humour delicato. La stessa gioia magica e irreale si trova nell’Allegro giusto finale. Christian Leotta ha esibito un suono prezioso, morbido e rotondo, abile e scattante. Sopraffina la tecnica. Ha alternato momenti di virtuosismo sfrenato e di ripiegamento intimo e poetico. Tutto ha esaltato il suo pianismo, estremamente raffinato ed elegante.
Un capolavoro di straordinaria espressività drammatica, composta solo due mesi prima della morte, è la Sonata in do minore D 958. È una composizione agitata, triste e appassionata e, nel complesso, anche la più beethoveniana pur mantenendo una struttura tipicamente schubertiana. Di potenza titanica è il primo tempo (Allegro) che, con i suoi accordi martellati, ricorda l’inizio dell’op. 111 di Beethoven. L’Adagio è uno dei più profondi movimenti scritti da Schubert. Il Menuetto. Allegro, praticamente uno Scherzo, oscilla continuamente fra il sorriso e la passione drammatica. La Sonata si conclude con l’Allegro, un’impetuosa tarantella in cui non mancano tuttavia momenti di estasi lirica. Anche in questa Sonata Christian Leotta dà il meglio di sé. Affascina e sorprende non solo per l’agilità e il senso del canto, ma anche per un suono di straordinaria densità e potenza, delicatezza e sensibilità, al limite dell’umano. Il suo pianismo è pulito e scintillante nei movimenti rapidi, espressivo ma con equilibrato distacco in quelli lenti e moderati, molto inventivo nella timbrica e nella dinamica.
Nonostante l’impegno del programma, Christian Leotta ha donato al pubblico un bis: l’incantevole Improvviso in la bemolle maggiore, op. 142 n. 2 dello stesso Schubert, eseguito con tutti i ritornelli. Una pagina sublime nella sua apparente semplicità. L’evento è stato realizzato grazie al Teatro Sociale e al Comune di Como. Il recital ha voluto inoltre unire la grande musica alla solidarietà; infatti il ricavato è stato devoluto all’Associazione Comocuore Onlus.
Alberto Cima