MERCADANTE Il proscritto R. Vargas, I. Ayón-Rivas, I. Roberts, E. DeShong, S. Matthews, G. Janelidze, S. Gaspar, A. Fisher, N. Anderson; Opera Rara Chorus, Britten Sinfonia, direttore Carlo Rizzi
Londra, Barbican Hall, 28 giugno 2022
Tra gli anni ’30 e gli anni ’40 dell’Ottocento, Saverio Mercadante teorizzò e mise in atto un proprio progetto di riforma del melodramma nel quale, in nome di una maggiore verosimiglianza drammaturgica, rielaborò le forme dei numeri musicali allontanandosi dai modelli convenzionali. Il culmine di questo progetto si concretizzò nei titoli compresi tra Il giuramento (1837) e La vestale (1840). In seguito — stabilitosi a Napoli, dove era diventato direttore del Conservatorio –, pur non rinnegando né dimenticando le proprie ambizioni di riforma, egli riavvicinò la propria scrittura ai modelli formali di sicuro successo presso gli ascoltatori coevi, che chiedevano immediatezza, melodia, virtuosismo e passione più che elaborazione intellettuale della partitura; e in tali forme, anziché contro di esse, proseguì la propria ricerca della verità drammatica.
Il proscritto, andato in scena al San Carlo il 4 gennaio 1842, testimonia in maniera esemplare la “via d’uscita” di Mercadante dalla propria riforma. Ed è un privilegio della nostra generazione poterlo riascoltare, dato che, dopo le recite napoletane di 180 anni fa, le sue note erano rimaste sepolte in biblioteca. Carlo Rizzi, che ha messo gli occhi sul manoscritto durante il lockdown del 2020, ha pensato di farne oggetto della prossima edizione discografica integrale di Opera Rara, che si è affidata a Roger Parker e Ian Schofield per l’edizione critica della partitura.
Come di consueto, le sedute di registrazione in studio sono state affiancate da un’esecuzione pubblica in forma di concerto nell’auditorium del Barbican, dove si è potuto apprezzare in anteprima come Mercadante ritorni ad accostarsi alle forme convenzionali nella stesura delle arie, mentre mantenga elementi riformistici in alcuni duetti e nei finali (il massiccio concertato del primo, che non lascia spazio a espansioni solistiche, e lo scarno finale ultimo, che procede per sottrazione in una scena musicalmente anticlimatica ma dal forte impatto drammatico). E si è potuto altresì osservare come, oggi quanto allora, il pubblico di questo repertorio si scaldi più facilmente per i passi convenzionalmente brillanti, come la cabaletta di Odoardo (il numero più applaudito, per quanto l’esecuzione, ancorché buona, non fosse impeccabile), che per quelli musicalmente più audaci.
La vicenda, messa in versi da Salvadore Cammarano, narra di una donna divisa tra due uomini: nella Scozia dell’epoca di Cromwell, Malvina crede di essere vedova di Giorgio, monarchico proscritto, e — obbedendo senza particolare riluttanza ai disegni della propria famiglia — si risposa con Arturo, rivale politico del primo marito. Quando Giorgio, che morto non era, ritorna alla sua dimora, Malvina, con l’aiuto del fratello Odoardo, si adopera per salvarlo dai suoi persecutori, ma si rende conto che la propria passione è ormai rivolta ad Arturo: non vedendo altro modo per uscire dall’impasse, la donna si toglie la vita. Curiosa è la ripartizione dei ruoli vocali, che, per i quattro protagonisti, vede accostati due tenori e due mezzosoprani. In questi casi, è importante che gli interpreti sappiano — con i tratti naturali dello strumento e la scaltrezza tecnica — caratterizzare i propri personaggi evitando l’appiattimento cromatico. Ciò è davvero riuscito sul fronte femminile: Irene Roberts ha tratteggiato Malvina con la sua voce morbida e vellutata, la seducente fluidità dell’emissione e un fraseggio curato nel dettaglio; ed è risaltato con particolare efficacia l’arioso finale della donna morente, tutto percorso dalla delicatezza dell’abbandono. Sicché Malvina, benché non gratificata da una vera aria solistica, è risultata la figura in assoluto più convincente, e la sua interprete merita di essere tenuta d’occhio. Elizabeth DeShong ha delineato la figura di Odoardo con risonanze decisamente più contraltili, escursioni di registro e una certa spigolosità di sapore virile che hanno determinato, nel duetto con Malvina, una gradevole contrapposizione di timbri e colori. Benché di tessitura più grave rispetto alla sorella, il ruolo en travesti prevede un’estensione davvero ampia che, nelle colorature più acute, ha costretto il contralto a qualche sfocatura. Sulla carta, ci si poteva aspettare una contrapposizione altrettanto felice tra i due tenori, in quanto Ramón Vargas (Giorgio) e Iván Ayón-Rivas (Arturo) presentano le differenze di età, timbro e peso adatte a dar voce ai due rivali. Invece, un certo irrobustimento del secondo, e una serata un po’ appannata per il primo, hanno impedito di sbalzare con l’atteso nitore il confronto dei due caratteri nel loro duetto. Dei due, ha affascinato maggiormente Arturo, distintosi per lo slancio lirico passionale, adornato di opportune sfumature dinamiche e sostenuto da un metallo levigato e luminoso, che comunica — nella cavatina d’esordio come nel duetto con Malvina — la freschezza di un amore giovanile. Di Giorgio è stato valorizzato essenzialmente quell’elemento di affaticamento esistenziale di chi ne ha vissute troppe e non riesce più a trovare il proprio posto nel mondo.
Le seconde parti hanno assicurato una dignitosa corona, in particolare sul fronte maschile, con una peculiare menzione per il basso Goderdzi Janelidze, espressivo e convincente nell’antipatico ruolo di Guglielmo. Opera Rara non manca mai di affidarsi a compagini sinfoniche di sicura esperienza, come la Britten Sinfonia e gli artisti dell’Opera Rara Chorus: sotto la guida di Carlo Rizzi — il quale, oltre a scoprire la partitura, l’ha studiata in profondità — si sono potute apprezzare la ricchezza dell’orchestra mercadantiana (ottima la scelta di collocare la banda in galleria) e la personalità che a ciascun coro è attribuita, in particolare a quello dei proscritti guardinghi e malinconici. L’edizione discografica consegnerà agli ascoltatori un nuovo titolo di Mercadante e il ricco lavoro compiuto per riportarlo alla luce, ma il vero auspicio è che, quanto a esecuzioni live, non resti tutto circoscritto a un episodio estemporaneo, dato che Il proscritto, anche al di là di quelle che sono le ragioni di interesse storico-musicologico, tratteggia con efficacia e perenne attualità una tormentata vicenda di affetti umani.
Marco Leo