BEETHOVEN Sonata n. 30 in mi maggiore op. 109; Sonata n. 31 in la bemolle maggiore op. 110; Sonata n. 32 in do minore op. 111 pianoforte Mitsuko Uchida
Milano, Conservatorio G. Verdi, Sala Verdi, 16 gennaio 2024
C’era un veloce e festoso accorrere nella sera del 16 gennaio, in Via Conservatorio a Milano. Sul selciato della Passione, reso umido dalle piogge invernali, alla luce leggera dei lampioni, l’attenzione era catturata dal sold-out che campeggiava sul cartellone del concerto che di lì a poco si sarebbe tenuto in Sala Verdi. Scorrendo l’attenta analisi che Bianca De Mario propone nel libretto di sala, contrasta in maniera decisa scoprire come l’ascolto delle ultime sonate di Beethoven fosse avvenuto con notevole scarto temporale per il pubblico milanese di tardo Ottocento e in forma molto ristretta, quasi iniziatica, per pochi uditori. Sala gremita, quindi, e per quanto possibile silenziosa e partecipe, complice anche l’attitudine raccolta e meditativa che Mitsuko Uchida trasmette col suo ingresso lieve in sala.
Le tre pagine beethoveniane si possono definire estreme non solo per motivi temporali, ma per la difficoltà tecnica, ricchezza tematica, di analisi, ricerca e trascendenza che rappresentano. Vi è la volontà di far coincidere le diverse forme musicali sino allora sviluppatesi in un linguaggio che le riassuma e superi, dove le note, le singole battute o frammenti di battuta, vengono esplorate sino alle loro massime possibilità di espressione, così che tutte le componenti che caratterizzano la musica scritta vengono variate, non per gusto esteriore, ma per spingere al limite possibile le potenzialità insite in quei segni neri che punteggiano lo spartito. Da qui lo scatto verso una trascendenza, un andare oltre che connota vita e opere del genio beethoveniano.
Mitsuko Uchida riesce a coinvolgere il pubblico milanese in un’ora e mezza di viaggio artistico. Sin dall’incipit della sonata in mi maggiore il controllo timbrico dello strumento è di tale ricchezza da permettere di dar luce alle infinite richieste che Beethoven cerca di trasmettere attraverso la scrittura. Di rado è dato ascoltare decrescendo in passi di notevole complessità così calibrati e voluti, così come il mutarsi immediato del peso degli accordi al termine di una frase d’intenso lirismo. Tutto l’imperscrutabile e complesso mondo che Beethoven ha voluto raccogliere in queste pagine viene sondato e fatto riemergere, in una ricerca incessante, tale che pare un dialogo tra pianista e pubblico quello intessuto nell’ora e mezza di musica. Al termine delle singole sonate è il silenzio che si fa ascolto, sino al momento in cui, sciolta la tensione, Mitsuko Uchida allenta la concentrazione e permette lo sgorgare, spontaneo e riconoscente degli applausi, ancora più vivi allo spegnersi del pianissimo dell’ultima sonata in do minore, vero e proprio apice di una serata di rara riflessione musicale.
Emanuele Amoroso