Musiche di Beethoven, Mendelssohn, Eliodoro e Giovanni Sollima, Deftones, S.O.A.D; violoncello Giovanni Sollima pianoforte Carlotta Maestrini,
Trieste, Teatro Verdi, Società dei Concerti, 13 febbraio 2023
Novant’anni suonati, dacché lo ha inaugurato nel 33 Carlo Zecchi (seguito da Francescatti e Backhaus, tanto per dire il calibro) il sodalizio più vecchio nella vita culturale triestina, sta diventando improvvisamente il più giovane. Una netta sterzata fatta anche di iniziative collaterali nell’arco dell’anno, un’apertura strategica al mondo della scuola, qualche scelta eccentrica: e in sala si avverte aria di rigenerazione. Una botta di gioventù a quello che rischiava di arroccarsi nelle convenzioni di un circolo privato di vecchi musicofili. E chi meglio di Giovanni Sollima, con la sua onnivora e generosa curiosità a tutto campo nel fare musica, può oggi imprimere una svolta genuina alla tradizionale programmazione concertistica? Con il suo violoncello (ma è davvero uno strumento solo, il suo, o sono più strumenti in uno o a volte è un “monstrum” strumentale che si rinnova di continuo?) Sollima coinvolge l’uditorio in una insolita prospettiva d’ascolto, in una febbrile sperimentazione sonora, in tutte le combinazioni possibili del musizieren, sempre con quella energetica fantasia che lo caratterizza. E lo fa pure in un Duo, che parrebbe antinomia generazionale “per l’occasione”, non fosse che la giovanissima sua concittadina Carlotta Maestrini, assicura una corrispondenza pianistica di ammirevole precisione e complicità. La rigenerazione è servita fin dall’incipit dell’op. 5 n. 2 di Beethoven dove anche pause e silenzi fanno parte del magnetismo di Sollima (e della sua partner) per approdare a quel Rondò che pare la sorgente dello Schubert che verrà. E ancora nel fraseggio della Sonata n. 1 in si bemolle di Mendelssohn o nel futuribile classicismo della Sonata 2050 dello stesso violoncellista e compositore palermitano. C’è nella sua invenzione, nel minimalismo creativo un’eco densa e profonda che sa di Sicilia, di melos remoto rievocato dalla avvolgente fascia sonora per la musica del film “Il bell’Antonio”. E ancora nella Sonata l’affiorare quasi di antiche berceuse, di una calda nostalgia esaltata dal suono. In tale contesto si colloca anche l’affettuoso ricordo del padre Eliodoro (1926-2000): l’Aria nata nella cupezza dell’ultima guerra. Ma a chiudere sia la prima che la seconda parte del concerto l’impeto inventivo (che in Sollima non è sconfinamento) di pagine dei gruppi metal anni 80/90: i Deftones e del SOAD, acronimo di System of a Down. Musica che qualche anno fa avrebbe spettinato il pubblico di ogni società dei concerti, ma che adesso lo esalta fino a scatenare accoglienze da stadio. Merito della trasmutazione ritmica e timbrica trascendentale e dall’impatto totalizzante e personalissimo con lo strumento, ben oltre il campionario delle tecniche eterodosse e oltre persino il materiale sonoro del violoncello con quella grinta e quella pasta ferrigna intrisa dell’elettrico vibrato di virtuali chitarre e bassi. Il tutto sostenuto con serrata intensità dalla pianista, la quale non era nemmeno nata quando uscivano gli album dei Deftones e del gruppo armeno. Bis a furor di popolo, con un commiato spettacolare e coinvolgente, gustosamente scelto per mandare a casa la gente col cuore caldo ed il sorriso sulle labbra.
Gianni Gori
Foto: Federico Fumolo