STRAVINSKI Funeral Song op. 5 ŠOSTAKOVIČ Concerto in La minore op. 77 per violino e orchestra STRAVINSKI Le sacre du printemps. Quadri della Russia pagana in due parti violino Ray Chen Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, direttore James Conlon
Pordenone, Teatro Verdi, 26 maggio 2017
La stagione concertistica 2016-17 del Teatro Verdi di Pordenone non poteva concludersi in modo più brillante: protagonisti il direttore James Conlon a capo dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino, impegnata in alcuni “classici” del Novecento, e il giovane violinista Ray Chen, originario di Taiwan, ove è nato nel 1989, ma cresciuto in Australia) autentica stella del violinismo internazionale, sensibile e smagliante protagonista nel Concerto in La minore op. 77 di Šostakovič.
Dopo la presentazione del programma da parte del critico Oreste Bossini, la serata è stata aperta con il Canto funebre op. 5 di Igor Stravinski, una composizione orchestrale fino a due anni fa ritenuta irrimediabilmente perduta (pare che l’unica esecuzione risalga al 1909, nell’ambito di un concerto in memoria di Nicolaj Rimskij-Korsakov), ma che venne scoperta nel 2015 dalla ricercatrice Natalia Braginskaija: si tratta di un brano che, come ha scritto Oreste Bossini, può essere considerato “l’anello di congiunzione tra i primi esperimenti orchestrali del giovane musicista, come Fuochi d’artificio e Scherzo fantastique, e il balletto che gli ha donato il successo internazionale, L’uccello di fuoco”. L’esecuzione pordenonese ha così rivelato una pagina indubbiamente suggestiva nei suoi richiami a Mussorgskij, a Čajkovskij e allo stesso Rimskij-Korsakov, ma soprattutto nella sua sempre cangiante tavolozza e nella sua mobilità ritmico-agogica, qualità puntualmente valorizzate dall’approccio stilisticamente rigoroso di Conlon, tale da porre in piena luce sia la dolente ed introversa connotazione espressiva della partitura, sia le notevoli componenti timbrico-coloristiche, grazie all’apporto morbido e avvolgente degli archi e a quello sottilmente variegato dei fiati (una sezione, quest’ultima, assolutamente compatta e coesa, oltre che capace di autentici virtuosismi).
Uno dei punti di forza della manifestazione è stato il vasto Primo Concerto di Šostakovič, affrontato dal solista Ray Chen (che per l’occasione ha utilizzato il violino Stradivari “Joachim” del 1715) con assoluta naturalezza e padronanza della scrittura, senza comunque fare sfoggio esteriore, curando invece in modo meticoloso l’omogeneità del suono e portando avanti una ricerca espressiva degna di un artista consumato. Se nei due movimenti veloci (Scherzo e Burlesque) egli ha dominato l’impervia scrittura, dando giustamente risalto alle sue componenti più aggressive e grottesche, oltre ad una timbrica tagliente e penetrante, è soprattutto nel primo e nel terzo tempo che sono, invece, emerse la non comune sensibilità e le qualità interpretative del giovane: le cupe, misteriose atmosfere del Notturno hanno potuto così contare su una resa a dir poco trepidante, dando origine ad un assorto soliloquio pervaso di profonda mestizia: un autentico sguardo negli abissi più reconditi dell’animo umano, le cui ombre inquietanti non potevano non distendersi anche nel movimento successivo. Analoghi risultati anche nella magnifica Passacaglia, le cui variazioni sono state delineate attraverso un crescendo emozionale possibile solo in chi, come Ray Chen, ha potuto totalmente immedesimarsi nelle componenti tragiche di questa partitura. Culmine virtuosistico può essere considerata la grande cadenza, attraverso la quale la Passacaglia è fatta sfociare direttamente nella Burlesque finale, anche in questo caso tradotta con assoluta maestria, come già evidenziato. Agli interminabili applausi del pubblico, il solista – dotato peraltro di una notevole carica di simpatia – ha risposto ringraziando in italiano e offrendo il Capriccio n. 21 di Paganini e un brano dalla Terza Partita di Bach.
La seconda parte del concerto è stata affidata a Le sacre du printemps, capolavoro orchestrale di Stravinskij, affrontato da Conlon e dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai in modo particolarmente lucido e analitico, ponendo in piena evidenza le peculiarità di una scrittura caratterizzata da una sempre cangiante condotta ritmica ed armonico-tonale, oltre ad una gamma alquanto variegata di combinazioni coloristiche: peculiarità tradotte con un rigore e una consapevolezza tali da creare un impatto impressionante per potenza fonica, incisività e cura dei dettagli (soprattutto nella prima parte del lavoro). Anche in questo caso il pubblico ha accolto l’esibizione con autentiche ovazioni, evidenziando con ciò il valore artistico pressoché assoluto dell’intera manifestazione.
Claudio Bolzan
Foto Luca d’Agostino/Phocus Agency © 2017