MENDELSSOHN dalle musiche di scena per il Sogno di una notte di mezza estate: Intermezzo, Notturno e Scherzo COPLAND suite dal balletto Appalachian Spring RAVEL Concerto per pianoforte in SOL I Pomeriggi Musicali direttore James Feddeck pianoforte Jae Hong Park
Milano, Teatro Dal Verme, 16 ottobre 2021
L’improvvisa riapertura delle sale al 100% della capienza ha mandato in tilt il personale del Teatro Dal Verme e per accedere alla replica del concerto inaugurale della Stagione dei Pomeriggi Musicali, nel tardo pomeriggio di sabato 16 ottobre, il pubblico ha dovuto sobbarcarsi una ventina di minuti di coda, tra il portico del Teatro milanese e la strada, con le automobili che a fatica si facevano largo tra la folla. Detto questo, il concerto ha corrisposto alle attese sia degli abbonati sia degli appassionati che per l’occasione hanno potuto accedere gratis in sala.
Solista nel Concerto in Sol di Ravel era il ventunenne coreano Jae Hong Park, fresco vincitore del concorso Busoni (proprio all’inizio di settembre), chiamato all’ultimo momento a sostituire il francese Nicholas Angelich. È un pianista elegantissimo, il coreano, che dal modo in cui cesella le note sulla tastiera sembra uscito da un laboratorio di oreficeria e non dai gironi infernali di un grande concorso internazionale. Elegantissimo e per di più impeccabile. Anche se dotato di un suono piccolo ed anche se poco incline agli slanci emotivi, Jae Hong Park ha infatti messo in luce ogni singola nota della sua parte, riuscendo trovare dentro le microstrutture della scrittura di Ravel delle variazioni agogiche calcolate al millimetro. Sul podio James Feddeck, dallo scorso anno direttore principale dei Pomeriggi, lo accompagnava con cura, in un’interpretazione molto asciutta sul piano sentimentale ma molto ben definita timbricamente (pregevoli gli interventi di flauto, oboe e clarinetto nel secondo movimento).
Il risultato è stato un Ravel calligrafico, pulito e freddo, anche nel celebre secondo movimento che nella sua disarmante semplicità è un rebus per i pianisti (quanto bisogna davvero far cantare il tema iniziale?) e che Jae Hong Park ha levigato con impassibile aplomb, badando a calibrare ogni nota ma perdendo un po’ la direzionalità della musica, allo stesso modo in cui ha affrontato brillantemente ma senza troppi guizzi il pirotecnico movimento conclusivo. Bello senza essere dannato verrebbe da dire e forse Ravel è così che lo si deve suonare. Quando però si pensa al secondo movimento del Concerto in SOL nell’interpretazione della maliarda Hélène Grimaud o al terzo in quella dell’indiavolata Martha Argerich, non si è più così convinti che Ravel lo si debba davvero suonare così: con Jae Hong Park e James Feddeck tutto funzionava, ma sembrava che mancasse qualcosa, anche perché il giovane coreano, come oggi succede con molti giovani, possiede un’ottima tecnica, nel suo caso incentrata sull’agilità dell’articolazione e la leggerezza del tocco, e possiede l’eleganza e la duttilità del fraseggio ma non possiede un’altrettanta raffinata sensibilità timbrica.
A lanciare il Concerto in sol di Ravel, posto strategicamente a conclusione di un programma breve e senza intervallo, c’erano tre numeri dalle musiche di scena di Mendelssohn per il Sogno di una notte di mezza estate (Intermezzo, Notturno e Scherzo), e la suite dal balletto Appalachian Spring di Aaron Copland, a conferma quest’ultima dell’attenzione verso il repertorio meno frequentato che caratterizza da sempre le stagioni dei Pomeriggi. Se Mendelssohn è apparso un po’ generico, Copland è stato ben concertato da un Feddeck da un lato attento ad evitare eccessi sia nella direzione del folklore sia in quella del sentimentalismo, dall’altro attento a cercare suggestive sfumature timbriche, con pianissimi pregevoli e un ottimo amalgama dell’insieme nel brano finale. Orchestra concentrata, con poche imprecisioni, e pubblico caloroso: voltarsi e vedere la sala colma di spettatori dopo mesi di sale piene solo a metà metteva di buon umore.
Luca Segalla