PUCCINI Madama Butterfly M. Papatanasiu, M. Custer, V. Dell’Aversana, G. Infantino, S. Vitale, R. Feo, W. Choi, Y. Dong, R. Khosrovzade, A. Pucci, V. Chiari, T. Uteul, A. Perez; Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”, Orchestra Sinfonica “Gioachino Rossini”, direttore Francesco Angelico regia Renata Scotto riallestimento Renato Bonajuto scene Laura Marocchino costumi Artemio Cabassi
Ancona, Teatro delle Muse, 8 dicembre 2024
Ogni tanto c’è bisogno di uno spettacolo così, tradizionale e rassicurante senza essere banale o, peggio, senza dare l’idea di cercar farfalle sotto l’arco di Tito di improbabili riletture fatte solo per stupire. La Madama Butterfly con regia di Renata Scotto (ripresa da Renato Bonajuto) è infatti un allestimento di gradevole suggestione, che ha il suo punto di forza nella bellezza estetica di soluzioni raffinate, come l’ingresso della protagonista o l’emozionante gestione del finale, complice un buon gioco di luci. Ma se questa Butterfly anconetana ha funzionato bene è stato soprattutto grazie alla bacchetta di Francesco Angelico, direttore che, senza cadere nelle trappole del sinfonismo fine a sé stesso, ha impresso alla vicenda una drammaticità notevole, pur non rinunciando alla leggerezza di un accompagnamento sempre attento al palcoscenico e alle esigenze vocali, senza però esserne succube: un equilibrio ammirevole che ha avuto come risultato un’interpretazione decisamente convincente. Niente lentezze estenuanti o corse fini a sé stesse: la vicenda della fragile giapponesina è andata in scena senza concessioni lacrimevoli ma evitando al tempo stesso che l’asciuttezza emotiva della lettura diventasse freddezza… in sintesi: un’ottima prova. Buono il cast radunato per l’occasione, a cominciare dalla protagonista, al debutto nel ruolo. Nonostante un registro acuto qua e là un po’ usurato Myrto Papatanasiu ha colpito per aver evitato, innanzitutto, qualunque bamboleggiamento, anche nei momenti più a rischio (segnatamente nel I Atto) sapendo inoltre sfruttare il particolare colore ambrato del timbro per effetti di notevole drammaticità nella seconda parte dell’opera, ad Ancona presentata senza intervallo dopo il celebre Coro a bocca chiusa. Anche in scena la Papatanasiu è sembrata ideale, per la figura aggraziata ed elegante e la cura nei movimenti: meritate le ovazioni finali che la hanno accolta. Al suo fianco ha convinto anche il Pinkerton di Giuseppe Infantino, che ha una voce bella e solare, ma a volte dall’emissione un po’ costretta e chiusa, che sembra limitarne i colori e l’espansione: l’interprete, tuttavia, è sempre spigliato e il fraseggio rappresenta bene l’antipatia del tenente americano. Bene la Suzuki di Manuela Custer, così come lo Sharpless di Sergio Vitale che, assieme ad Angelico, riesce a sottolineare con attenzione i momenti clou del suo personaggio e molto convincente, infine, il Goro di Raffaele Feo, finalmente non macchiettistico e caricaturale ma cantato (e cantato bene, con ottima proiezione) senza effettacci di dubbio gusto. Molto ben scelti i numerosi ruoli minori e caldo successo di pubblico.
Gabriele Cesaretti