BIZET Carmen F. Beggi, A. Concetti, K. Kemoklidze, R. Mantegna, V. Picello; FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana, Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini”, direttore Donato Renzetti regia Daniele Menghini scene Davide Signorini costumi Nika Campisi coreografia Virginia Spallarossa
Macerata, Sferisterio, 20 luglio 2023
La stagione di Macerata Opera 2023 si è aperta con la Carmen, una produzione nella quale ha pesato molto l’aspetto visivo. Il regista Daniele Menghini ha spiegato la sua interpretazione del personaggio, che ha poi fortemente condizionato le scelte generali: Carmen è per lui la rappresentazione della ribellione, dell’istinto, di ciò che non si allinea, che è opposto alla ragione organizzatrice e anche, potremmo dire, limitante, nella misura in cui impone un ordine. È una figura che rappresenta un aspetto presente e più o meno nascosto in ognuno di noi. Menghini ha voluto evidenziare, esplicitare questa lettura attraverso la presenza sulla scena di un soggetto che è un alter ego di Carmen, vale a dire Arlecchino, inteso non come personaggio della commedia dell’arte, ma come la figura che nei secoli precedenti ha rappresentato il demoniaco. Questo si è tradotto nella presenza di maschere nel mondo ricco e variopinto dei figuranti che compaiono sulle scene (nei costumi vi sono riferimenti al mondo della commedia dell’arte, dell’Ottocento e dei nostri tempi) ma soprattutto nell’inserimento di brevi testi nel corso dell’opera: si tratta di riflessioni scritte da Davide Carnevali, recitate e cantate da una bravissima, duttile Valentina Picello nei panni appunto di Arlecchino. Così avviene all’inizio dell’opera e negli spazi tra un atto e l’altro: la rappresentazione ha un unico intervallo (tra secondo e terzo atto), e gli interventi della Picello non sono mai dentro l’opera: scriviamo questo per sottolineare come queste inserzioni, che stimolano la nostra riflessione (e che possiamo benissimo non condividere), non modificano affatto lo svolgimento e i tempi del dramma. Al di là di questo aspetto principale, vi sono alcune scelte (di regia, di costumi) che evidenziano la figura di Carmen e i suoi rapporti con gli altri. Basti ricordare come nel primo atto Carmen e le sigaraie compaiano con pantaloni e solo corsetto, mentre Micaela ha gonna lunga e scialle, per cui troviamo da una parte il mondo della libertà e della provocazione, dall’altra la vita ordinata e fedele alle tradizioni. E ancora, quando José lega con una corda Carmen, è lei che si allontana e lo trascina a sé, metafora della sua forza seduttrice e dei legami d’amore che già sa creare. Negli atti successivi Carmen e José avranno abiti variopinti così come lo è quello di Arlecchino, e quando ci sarà una prima rottura tra i due, José si toglierà la casacca con gli stessi colori. Nell’insieme la scena è fortemente vivacizzata dalla ricchezza dei costumi e soprattutto dai movimenti dei performer (anche questi bravissimi) che danno continuo movimento.
Per questa produzione, in francese, non si è fatto ricorso alla versione originaria, che comprende dialoghi parlati, ma a quella con i recitativi cantati scritti da Guiraud: è una scelta condivisa da direzione musicale e artistica, ma che pure desta qualche perplessità, viste le soluzioni oggi disponibili per rendere comprensibile il testo al grande pubblico. La FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana, presente in tutte le produzioni teatrali di Macerata Opera 2023, sotto la guida di Donato Renzetti ha fornito una prova eccellente: molto ci sono piaciuti (primo) flauto, clarinetto e oboe; il corno nel duetto di José e Micaela del primo atto non si amalgamava con il canto, forse per ragioni acustiche. Venendo all’aspetto vocale, Ragaa Elkdin era titolare della parte di Don José: il suo canto ha reso gli aspetti contraddittori, conflittuali del personaggio, ma la sua voce non riusciva a imporsi al confronto con gli altri cantanti, cosa che ne ha limitato l’effetto scenico. Fabrizio Beggi (Escamillo) si è segnalato per una dizione chiara e per una interpretazione che rendeva la spavalderia del personaggio.
Nell’insieme hanno però primeggiato, e raccolto i migliori consensi del pubblico, le due interpreti femminili: Roberta Mantegna (Micaela) e Ketevan Kemoklidze nel ruolo della protagonista. La prima si è segnalata per il bel timbro e un canto puro, rotondo e robusto. Ketevan Kemoklidze ha vestito i panni di Carmen in una ventina di produzioni e certamente questa è la parte che maggiormente le ha garantito il successo: se la regia ha evidenziato alcuni aspetti fondamentali della figura di Carmen, nella lettura della Kemoklidze la zingara appare con grande ricchezza di sfumature. Nella Habanera la Kemoklidze evidenzia i toni ammiccanti, maliziosi del personaggio; altrove possiamo constatare la forza, la consapevolezza della sua forza seduttrice e alla fine (quando lei e José sono fisicamente e metaforicamente lontani sulla scena vuota) la sua Carmen mostra di accettare il destino, ineluttabile verrebbe da dire, in una scena lunga e di grande tensione perché tutti (anche chi non conosce la trama) sappiamo cosa succederà. Bella produzione, non solo per gli elementi puramente spettacolari generosamente presenti, ma anche perché lascia in noi qualcosa che rimane molto al di là delle tre ore di spettacolo.
Gabriele Moroni
Foto: Marilena Imbrescia