ROSSINI La Cenerentola T. Iervolino, C. Lepore, F. Brito, V. Priante, T. Barea, B. Massaro, R. Bove; Orchestra Filarmonica “Giuseppe Verdi” di Salerno, Coro del Teatro dell’Opera di Salerno, direttore Francesco Ivan Ciampa regia Riccardo Canessa scene e costumi Alfredo Troisi
Salerno, Teatro Municipale Giuseppe Verdi, 29 maggio 2022
Se l’opera buffa è difficile da mettere in scena, più di quella seria, è perché, banalmente, è più facile far piangere che far ridere. La tragedia tratta di temi universali e senza tempo, la comicità deve essere invece attualizzata sul piano delle gag e su quello tecnico-espressivo, perché i meccanismi comici diventano presto obsoleti, e battute e gag che facevano ridere i nostri nonni, ora a malapena strappano un sorriso.
Questo per dire che la Cenerentola di Salerno è stata genuinamente divertente: la produzione del Teatro Verdi aveva tutti i requisiti per il successo (meritato) che ha ottenuto: voci di gran livello e recitazione deliziosamente comica, e su tutto la messinscena di Riccardo Canessa frizzante e piena di trovate, ben inserite nella cornice della scintillante partitura rossiniana.
L’allestimento, con scene e costumi di Alfredo Troisi, ha colto tutte le componenti essenziali di quest’opera: trama comica, belcanto italiano, musica coinvolgente e lieto fine. La macchina drammaturgica ha funzionato a puntino: con scanzonata irriverenza, Canessa ha attinto a piene mani da celebri farse ben note al grande pubblico, come la scarpettiana Miseria e Nobiltà, nella celebre versione filmica con protagonista Totò.
In particolare, il Don Magnifico di Carlo Lepore, un istrionico, arguto patrigno, si è ispirato alla disarticolata gestualità del principe De Curtis, cosa che ha rappresentato un decisivo plus tra gli elementi burleschi introdotti dalla divertente regia. Tra i migliori bassi buffi in circolazione, e non solo in Italia, Lepore ha dominato la scena con una performance tanto fisicamente agile, quanto brillante sul piano del canto, con una interpretazione, oltre che esilarante, vocalmente solidissima.
Il mezzosoprano Teresa Iervolino ci ha offerto brillantezza timbrica agilità e potenza vocale, con alcuni momenti (“Non più mesta”) di limpida emozione. La sua voce ha impressionato sia nel registro alto che nelle note basse molto piene e sonore. Nel rondò finale “Nacqui all’affanno e al pianto”, la Iervolino ha reso l’elaborata tessitura vocale dell’aria con la classe della grande artista.
Il tenore argentino Francisco Brito ha interpretato con attenta, concentrata partecipazione il principe Don Ramiro; Brito è in possesso di ottimo materiale vocale, che però necessita di ulteriori affinamenti.
Ramiro scambia il proprio personaggio con il suo cameriere Dandini, (Vito Priante), con tutte le trovate sceniche derivanti da questo capovolgimento di ruolo. Tra i bassi migliori della scena attuale, Priante ha molto impressionato con il suo canto fatto di rapide linee melodiche, note acute e fioriture da grande scuola. Per non parlare della deliziosa recitazione: insieme a Lepore ha apportato brio e buonumore, e il loro duetto “Un segreto d’importanza” è stato elettrizzante.
Nel ruolo di Tisbe c’era il mezzosoprano Rosa Bove, mentre Clorinda era il soprano Barbara Massaro: le sorellastre di Cenerentola hanno cantato e recitato con allegra cattiveria e fisicità aggressiva, con eccellenti risultati anche dal punto di vista vocale. Tommaso Barea ha interpretato onorevolmente il ruolo di Alidoro, il precettore che aiuta don Ramiro a trovare la sposa giusta per lui. Ha dato del personaggio, che incarna l’essenza morale della storia, una rappresentazione un po’ troppo contegnosa, ma nel complesso la sua prova è riuscita.
La partitura è stata ottimamente eseguita dall’Orchestra filarmonica “Giuseppe Verdi” sotto la direzione di Francesco Ivan Ciampa, che ha offerto una interpretazione vivace, ma al contempo accurata ed espressiva, bilanciando gli archi e i legni e variando i tempi per assecondare le scelte registiche. Bravi come sempre gli artisti del Coro del Teatro dell’Opera di Salerno.
Lorenzo Fiorito