SCHÖNBERG Gurre-Lieder tenori Andreas Schager, Norbert Ernst soprano Camilla Nylund mezzosoprano Okka von der Damerau basso Michael Volle Chor des Bayerischen Rundfunks, Orchestra e Coro del Teatro alla Scala direttore Riccardo Chailly
Milano, Teatro alla Scala, 13 settembre 2024
Quando capita di poter ascoltare in concerto i monumentali Gurre-Lieder non si può rinunciare. Il 150° della nascita di Arnold Schönberg ha offerto la preziosa opportunità di proporne la colossale partitura, assente alla Scala dal 1973, diretta all’epoca da Zubin Mehta, brano giovanile di Schönberg, in cui il grande compositore credeva moltissimo. È una pagina fuori repertorio, che richiede organici enormi (il coro della Scala è stato affiancato da quello della radio bavarese), e che Chailly ha preso in mano non per la prima volta, avendola diretta negli anni ‘80 a Milano e Berlino, direttore che frequenta da sempre il Novecento con profondo interesse.
Quando Mahler ultimava Das Lied von der Erde e la Nona Sinfonia, Schönberg trasudava di epigonismo postwagneriano, ma già intravvedeva una propria evoluzione, inglobata tuttavia in un percorso eminentemente personale, mentre per Mahler, proprio quel mondo volgeva ormai definitivamente al tramonto, anzi era già morto. Vi troviamo l’entusiasmo del giovane Schönberg, l’immagine di un sinfonismo in via d’estinzione, che riluce del passato ma presagisce nuovi percorsi, e c’è – soprattutto nella terza parte – un incipiente modernismo, ma allo stesso tempo un percorso drammatico che tocca corde interiori, sconfinando in atteggiamenti teatrali, anche di una tesa intensità (si pensi alla morte di Tove).
Si avvertiva una certa staticità nella concertazione, con una narrazione a tratti poco distinta rispetto al dinamismo e alle immagini dei contenuti, ridimensionando l’identità degli interludi orchestrali ad esempio, piuttosto omogenei, soprattutto se si considera come questo enorme affresco viva di fatto di una storia epica che palpita intensamente nel suono orchestrale, così plastico, fluviale e flessibile nelle sue più diverse articolazioni timbriche, persino notturne e crepuscolari. L’esecuzione risultava compatta e organica, con alcune rigidità ed eccessi di misura nella terza parte, forse troppo controllata.
Ben calibrato il quintetto vocale, fra alcune discrepanze. Non facile reperire un buon tenore: Andreas Schager (Waldemar) dispiega un raro slancio drammatico, toccando anche delicate aperture e minime incertezze. Eccellente Michael Volle (il contadino e il recitante). Più ordinarie le voci femminili con Camilla Nylund (Tove) e Okka von der Damerau (la colomba), insieme a Norbert Ernst (il giullare). Imponente e severo il sodalizio fra il coro scaligero e il Chor des Bayerischen Rundfunks, rispettivamente preparati da Alberto Malazzi e Peter Dijkstra. Successo calorosissimo con numerose chiamate.
Mirko Schipilliti