MOZART Concerto per pianoforte e orchestra n. 17 in sol maggiore K 453 BRUCKNER Sinfonia n. 7 in mi maggiore pianoforte Emanuel Ax Royal Concertgebouw Orchestra, direttore Myung-whun Chung
Milano, Teatro alla Scala, 21 gennaio 2023
Se si volesse cercare un’immagine per descrivere il suono ricreato dalla Royal Concertgebouw Orchestra guidata da Myung-whun Chung nella Settima Sinfonia di Bruckner, sarebbero le nubi, impalpabili dapprima, in una rarefatta atmosfera e poi via via più presenti, ad inseguirsi in un gioco di evanescenze, dove le luci rimangono soffuse, per poi cambiare improvvisamente in densità che rimandano ai cieli del Giorgione e tornare infine ad elevarsi con un raggio di luce che rende tersa l’aria. La meraviglia del percorso spirituale cui si è avuta l’occasione di partecipare ha avuto avvio con il concerto in sol maggiore per pianoforte e orchestra di Mozart. Orchestra a ranghi ridotti, suono netto e deciso nei pianissimi, legato e vibrato accennati ma non invadenti, una eleganza classicista tutta giocata sul dialogo interno tra le sezioni e, all’ingresso del solista, con quest’ultimo. Il primo movimento scorre così, lieve, ricordando un grazioso salotto fuori dal tempo. Nel secondo il tema spiazza per la sua profondità, quasi a voler ricordare quanto della vita reale esce dai piacevoli confini di una raffinata corte. Anche il suono si fa più caldo ed Emanuel Ax prosegue il dialogo con il tutti orchestrale, calibrando i timbri su quanto espresso dagli strumenti. Si cambia ancora scenario nel terzo movimento, quasi una sorta di rappresentazione scenica, dove gli strumenti si fanno voce ed esplodono in una gara di variazioni sempre più ricche di invenzione, giocando col solista sino ad una sorta di concertato operistico finale che invita il pubblico ad una acclamazione sia per l’orchestra che per il pianista. Emanuel Ax ha regalato una esecuzione mozartiana di grande finezza, dove il suono perlaceo, elegante, si è innervato di malinconia dove necessario e di brillantezza nel finale. I doverosi applausi a lui riservati sono stati ripagati, pur con atteggiamento velato da una sorta di timidezza e cortesia del pianista, da un bis chopiniano di altrettanta finezza.
L’incipit bruckneriano svela al pubblico a quale profondità sia arrivata l’arte interpretativa di Myung-shun Chung: il tremolo degli archi sul quale si allarga l’ampia frase dei violoncelli scaturisce dal silenzio e crea una rarefazione ascendente che sarà la cifra di tutta la sinfonia, resa ancora più evidente dai movimenti circolari della bacchetta, quella circolarità che conduce alle sfere celesti. Il dialogo tra gli strumenti e sezioni diventa naturale, quasi uno scambio di elevate riflessioni sul destino dell’uomo e sul trascendente. E se nell’Adagio l’abilità del direttore nel tenere alta la concentrazione senza perdere di vista il singolo dettaglio è rilevante, il totale cambio di atmosfera e di passo, con accenti quasi lieti e a volte necessariamente marcati rilevano come il mondo bruckneriano sia in toto compreso. Il Finale è una lenta ascesa verso gli accordi liberatori, con gli archetti fermi nell’aria che ancora risuona e il pubblico che si scioglie in numerose e festose chiamate alle quali Chung ringrazia rivolgendosi ai singoli strumentisti.
Difficile sottolineare quali sezioni abbia impressionato in misura maggiore, se la duttilità compatta ed elegante degli archi o la sicurezza nelle sfumature, con attacchi in pianissimo da far tremare i polsi, degli ottoni. Senza dubbio la compagine olandese, nutrita di molti giovani ed appassionati strumentisti, ha saputo mantenere viva la sua predilezione per i compositori tardoromantici che da sempre è stata sua principale caratteristica. Ancor più valorizzata dalla lettura di Chung, che ora si attenderà ad aprile per la stagione della Filarmonica con un programma di medesimo impianto, tra Mozart e Bruckner, al pianoforte Chung stesso nel duplice ruolo di solista e direttore.
Emanuele Amoroso