BEETHOVEN Sinfonia n. 9 in re op. 125 soprano Laura Aikin mezzosoprano Sofya Tumanyan tenore Charles Workman baritono Claudio Otelli Cori della Svizzera Italiana,Orchestra della Svizzera Italiana, direttore Markus Poschner
Lugano, LAC, 9 giugno 2019
Avrebbe dovuto tenersi all’aperto, nella piazza antistante il LAC con vista sul Lago, ma la minaccia di pioggia ha consigliato agli organizzatori di non correre rischi e si è preferito andare sul sicuro restando nella consueta sede dell’Auditorium del LAC. Poco è cambiato, perché la Nona di Beethoven attira in qualsiasi situazione fiumi di pubblico. Non c’era infatti un solo posto libero nella serata conclusiva del «Ludwig van Festival», il mini-ciclo beethoveniano – tre appuntamenti da venerdì a domenica dedicati alle sinfonie dispari del gigante di Bonn – dell’Orchestra della Svizzera Italiana e del suo direttore stabile, Markus Poschner. Il pubblico ha incominciato a presentarsi all’ingresso già alle 16.00, ben cinque ore prima dell’inizio del concerto, e per chi non è riuscito a entrare c’era un maxischermo nell’atrio dell’Auditorium. Del resto in questa circostanza l’OSI giocava doppiamente in casa, visto che i coristi della Nona provenivano da tredici cori del Canton Ticino e quando si muove un coro, è noto, si muovono anche parenti e amici.
L’atmosfera era quindi giustamente festosa, con un pubblico molto caloroso e pronto ad applaudire già alla fine del primo movimento della sinfonia, un’atmosfera perfetta per un’esecuzione all’aperto in cui si sarebbero potute anche perdonare le imprecisioni dell’orchestra e l’inaspettata enfasi direttoriale di Poschner. Tra l’altro le dimensioni smisurate del coro (circa duecento elementi) rispetto a quelle dell’OSI hanno creato dei problemi di bilanciamento sonoro che sarebbero stati meno evidenti nello spazio aperto di Piazza Luini. A causa del forzato spostamento di sede, dal punto di vista musicale la serata non è quindi completamente riuscita, ma ha avuto un esito positivo per quanto riguarda il coinvolgimento del pubblico in linea con un festival, ideato da Andrea Molino, non così tradizionale nonostante le apparenze. Nelle prime due serate a Beethoven veniva infatti accostata la figura iconoclasta del compositore argentino Mauricio Kagel, scomparso nel 2008, e della sua provocatoria partitura-documentario Ludwig van, della quale gli allievi del Conservatorio della Svizzera Italiana prima dell’inizio dei concerti eseguivano alcuni frammenti nell’atrio del LAC.
Nessuna contaminazione invece è avvenuta con la Nona, che Poschner, come abbiamo accennato, ha affrontato con una grande enfasi espressiva e tempi decisamente mossi, sacrificando molti dettagli sia del timbro sia del fraseggio, con un’Orchestra della Svizzera Italiana piuttosto distratta (particolarmente fallosi i corni) e a tratti un po’ sfilacciata nel timbro. Il secondo tempo è apparso appesantito, mentre il lungo Adagio molto cantabile è stato condotto da Poschner senza troppi indugi sentimentali e contemplativi, con piglio agile e vivace, anche se in entrambi i casi gli archi non brillavano per pulizia e chiarezza dell’intonazione. Lo stesso movimento conclusivo è iniziato in modo piuttosto anonimo, con il recitativo dei contrabbassi e violoncelli abbozzato frettolosamente. Ad altre finezze ci aveva abituato in questi anni all’OSI Poschner, che è sembrato ritrovare ispirazione nell’attacco del tema dell’«Inno alla gioia», tutto in pianissimo e tutto calibrato alla perfezione nelle sonorità e nel timbro.
Per quanto riguarda il quartetto vocale il baritono Claudio Otelli spiccava con la sua voce imponente e incisiva, mentre gli altri solisti venivano quasi costantemente sommersi dall’onda sonora dell’imponente coro alle loro spalle. I duecento coristi ticinesi a volte erano palesemente calanti in una partitura notoriamente impervia per le voci, però hanno cantato in generale con attenzione e sempre con grande entusiasmo, facendo vibrare per simpatia la platea del LAC.
Luca Segalla