ROSSINI Sonata n. 1 in sol maggiore; Sonata n. 3 in do maggiore; Sonata n. 4 in si bemolle maggiore; Duetto per violoncello e contrabasso in re maggiore Quartetto Red4Quartet
Roma, Teatro di Documenti, 18 febbraio 2019
BRAHMS Quartetto per pianoforte n. 3 in do minore op. 60 FAURÉ Quartetto per pianoforte n. 2 in sol minore op. 45 Quartetto Werther
Roma, Teatro di Documenti, 4 marzo 2019
Il Teatro di Documenti è una vera chicca nel panorama musicale e teatrale romano: fu pensato all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, quando Luciano Damiani si lasciò tentare dalla possibilità di realizzare finalmente in concreto la sua idea di teatro. “Se volevo fare un teatro fuori dagli schemi tradizionali non avevo altra scelta: avrei dovuto realizzarlo con le mie forze. Questa volta l’occasione era sotto casa mia, a Roma: così decisi di mettermi al lavoro nelle grotte seicentesche del Monte Testaccio”. È stato creato all’interno del Monte dei Cocchi, un piccolo colle vicino alla Piramide Cestia ed al Cimitero degli Inglesi, sorto perché là gli antichi romani usavano gettare gli utensili rotti; nei secoli sul colle è sorto un tappeto d’erba e nel Settecento sono state scavate grotte, riparo dei senzatetto.
Con l’ausilio di Giuseppe Sinopoli e Luca Ronconi che, con Damiani hanno assicurato la direzione e programmazione artistica della struttura per diversi anni, è nato uno spazio teatrale composito a più piani sovrapposti con piccole sale – la più grande ospita circa sessanta spettatori – con acustica perfetta. Ogni sala ha una sua caratterizzazione (la luce, il sogno, l’ombra, il reale) e differenti colori (dal bianco avorio all’argento). L’intenzione era quella di rompere e rivoluzionare i limiti imposti dalla struttura architettonica delle sale tradizionali e di avere spazio, agibile tridimensionalmente, in cui il pubblico è stimolato a condurre un’esperienza che lo vede impegnato anche nella dimensione dell’attore.
Sin dagli inizi, il Teatro di Documenti non è destinato solamente o principalmente alla musica, anche se nella stagione inaugurale Sinopoli vi ha diretto la Kammersymphonie di Schönberg e si ricorda ancora un memorabile Orfeo e Euridice di Gluck in cui gli spettatori seguivano i cantanti ed una piccola orchestra da camera nei vari spazi (e nei vari piani) dell’edificio.
Ancora oggi, le stagioni del Teatro di Documenti hanno prosa, lirica “da camera” (o opere di repertorio semplificate per diventare “da camera”), spettacoli per bambini e musica da camera.
In questo ambito, è la seconda stagione che nella sua programmazione il Teatro ha un ciclo dedicato al quartetto: si suona e si ascolta nella “sala grande” e, successivamente, artisti e ascoltatori si trasferiscono in una saletta attigua per vino di classe e stuzzichini. I quartetti sono eseguiti da complessi di giovani (alcuni formati da nuove leve dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia) ma che si sono già esibiti in Italia ed all’estero.
Questa stagione ha un tema: L’Ospite Grato. Si sono scelti quartetti in cui la composizione consueta dell’ensemble (due violini, una viola, un violoncello) è modificata dalla mancanza di uno degli strumentisti tradizionale e dalla presenza di un “ospite”. Nel primo dei due concerti ascoltati, l’“ospite” era il contrabasso; nel secondo il pianoforte. Altra caratteristica: cercare musica al di fuori dei percorsi consueti.
Nel primo concerto, il Red4Quartet (Marlène Prodigo al violino, Lavinia Morelli al violino, Sara Gentile al violoncello, Anita Mazzantini al contrabasso) ha proposta una vera rarità: quattro brani composti da Gioacchino Rossini quando era dodicenne, in vacanza presso amici di famiglia. La composizione dell’ensemble dipende verosimilmente dagli strumentisti che erano in vacanza con lui.
La domanda che inevitabilmente ci si pone è se si avvertono i germi del futuro grande compositore. Li si sente in certi momenti, come l’Allegro della Sonata n. 1 e l’Allegretto della Sonata n. 4 e nel duetto tra cello e contrabbasso. Nel complesso i brani (eseguiti con grande professionalità) sono freschi e piacevoli da ascoltare e — credo — da suonare. Come “fuori programma”, il Red4Quartet ha offerto un capriccio di Astor Piazzola.
Il Quartetto Werther (Misia Sebastianini al violino, Martina Santarone alla viola, Simone Chiominto al violoncello, Antonino Fumara al pianoforte) hanno proposto pagine di Brahms e di Fauré: il lavoro di Brahms è stato rivisitato dall’autore vent’anni dopo la sua prima concezione. Il Quartetto Werther ha reso con grande efficacia il carattere drammatico e appassionato della pagina, che si rifà a quegli anni tormentati della vita del musicista amburghese.
Molto differente il lavoro di Fauré, caratterizzato da grande raffinatezza armonica, da cromatismo, nonché da un’interpretazione sottile delle strutture formali e dall’accentuazione delle connessioni tematiche interne, mirate ad assicurare un alto grado di coesione costruttiva e da momenti di febbrile violenza. Una scrittura difficile in cui il giovane Quartetto Werther ha dato ottima prova di sé.
Quasi a contrapporsi alla drammaticità del brano di Brahms e ai passaggi violenti di Fauré, come fuori programma è stato offerto il delicato ultimo movimento del Quartetto n. 1 in sol minore di Mozart.
Giuseppe Pennisi