PUCCINI Madama Butterfly F. Dotto, G. Berrugi, F. Di Sauro, B. Pizzuti, J. N. Martínez Gonzáles, R. Covatta, W. Corro’, C. Saitta, A. Meteleva, F. Milanese, F. Toso, N. Rosa, F. Rosa; Orchestra di Padova e del Veneto, direttore Francesco Rosa Coro Lirico Veneto, maestro del coro Matteo Valbusa regia e scene Filippo Tonon costumi Filippo Tonon, Carla Galleri
Treviso, Teatro Comunale Mario Del Monaco, 25 ottobre 2024
La rappresentazione di Madama Butterfly ha inaugurato la nuova stagione operistica e concertistica del Comunale trevigiano ottenendo il tutto esaurito: la scelta del celebre capolavoro pucciniano proseguiva le celebrazioni per il centenario della morte del grande compositore (e per il 120° anniversario della prima, avvenuta presso il Teatro alla Scala il 17 febbraio 1904), come avvenuto anche nelle stagioni precedenti con Bohème e Tosca. Si è trattato di un’edizione già proposta a Rovigo e a Padova (e qui recensita da Stefano Pagliantini) prima di approdare a Treviso e va subito detto che si è trattato di uno spettacolo di notevole impatto, grazie ad un castdi interpreti vocali mediamente omogeneo e alla corretta direzione orchestrale da parte di Francesco Rosa (a capo dell’Orchestra di Padova e del Veneto), tesa, quest’ultima, a valorizzare i grandi contrasti della partitura, ponendo in piena evidenza soprattutto i risvolti tragici della vicenda e dando vita ad un’atmosfera globale particolarmente drammatica, se non angosciosa.
Tra tutti gli interpreti, ha letteralmente giganteggiato il soprano trevigiano Francesca Dotto, la cui personale, trepidante adesione alle vicende della protagonista ha messo letteralmente in ombra tutti gli altri personaggi: dotata di una voce densa e ben timbrata (sia nella tessitura più acuta che in quella grave), utilizzata con notevole duttilità e con profonda sensibilità, la cantante ha tratteggiato, fin dal suo primo ingresso in scena, una Cio-cio-san a tutto tondo, inizialmente ingenua e spontanea nel suo esclusivo abbandono all’amore per Pinkerton, illudendosi poi, anche di fronte all’evidenza, di un suo ritorno dopo essere stata abbandonata, venendo infine travolta dalla disperazione fino ad uccidersi: tutto questo è stato delineato dalla Dotto con una partecipazione tale da rendere quanto mai penetranti, vivi e particolarmente coinvolgenti la vicenda della giovane e il suo tragico epilogo.
Di ottimo livello anche tutti gli altri interpreti, con particolare riguardo per il mezzosoprano Francesca Di Sauro, nelle vesti della cameriera Suzuki, grazie ad una voce di notevole spessore, morbida e brunita, oltre ad una efficace presenza scenica e ad una naturalezza di eloquio che le ha permesso di creare un personaggio adeguatamente spontaneo e sinceramente partecipe al destino della sua padrona. Non sempre convincente il tenore Giorgio Berrugi (Pinkerton), cantante dotato senza dubbio di una voce piena e squillante (anche se timbricamente monotona e non del tutto a fuoco), impegnato a tradurre l’ambiguità e la superficialità del personaggio, pur denunciando una dizione poco chiara e una certa rigidità sulla scena, anche se nel duetto d’amore è risultato partecipe ai palpiti della protagonista. Mediamente interessanti tutti gli altri interpreti, con particolare riguardo per il sensibile console del baritono Biagio Pizzuti, grazie ad un timbro assai gradevole e ad una globale spontaneità: credibili al riguardo l’iniziale duetto con Pinkerton e il fallito tentativo finale di porre Cio-cio-san di fronte alla realtà dei fatti per convincerla dell’impossibilità del suo amore. Sostanzialmente buoni tutti gli altri cantanti – impegnati comunque solo sporadicamente in un’opera che è stata giustamente definita una sorta di “monodramma” – tra i quali meritano almeno una menzione il tenebroso zio Bonzo del basso Cristian Saitta (che irrompe con violenza sulla scena per rinnegare la geisha che si è fatta cristiana per amore) e il realistico Goro del tenore Roberto Covatta.
In linea di massima efficaci le lineari scenografie e la regia di Filippo Tonon, ove non sono mancati alcuni momenti suggestivi (come nel caso della cascata di fiori), grazie soprattutto ai variegati giochi di luce. Alla fine un’autentica ovazione è stata giustamente tributata a Francesca Dotto e lunghi, caldi applausi a tutti gli altri interpreti.
Claudio Bolzan