MOZART Ouverture da “La Clemenza di Tito” K 621; Concerto per pianoforte e orchestra n. 23 in la maggiore K 488 CIAIKOVSKI Sinfonia n. 1 in sol minore op. 13 “Sogni d’inverno” pianoforte Mao Fujita Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, direttore Alessandro Bonato
Torino, Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, 18 maggio 2023
L’ultima volta che venne eseguita la mozartiana Ouverture da La Clemenza di Tito in questa sala fu nel dicembre 1994. Alessandro Bonato, il direttore d’orchestra chiamato a sostituire un indisposto Leōnidas Kavakos, a quell’epoca non era nemmeno nato, ma la sicurezza con cui affronta il palco e gestisce la compagine Rai fanno ben presto passare in secondo piano la sua giovanissima età. Negli ultimi tempi ho avuto occasione di poter ascoltare e vedere all’opera non pochi direttori d’orchestra molto giovani, non oltre i trentacinque anni, e tra questi Bonato mi sembra tra i candidati più credibili a un avvenire non di secondo piano: il gesto è chiaro, efficace, poche cose ma fatte bene; una direzione pulita, precisa, convincente. Ma quando arriva il momento del Concerto K 488 gli occhi del pubblico sono tutti per il pianista giapponese Mao Fujita, vincitore del concorso intitolato a Clara Haskil nel 2017 e medaglia d’argento al concorso Ciaikovski nel 2019. Bonato sferra l’attacco del concerto di Mozart e nel frattempo Fujita sembra godersi l’introduzione orchestrale con la tranquillità del veterano, col sorriso stampato in volto di chi provi autentica gioia nell’essere parte di questa serata e di suonare questa musica. È facile notare la buonissima tecnica, la dolcezza dell’eloquio, in particolare nel secondo tema del movimento d’apertura. Fujita è davvero molto musicale e vario nelle sfumature; mostra inoltre un controllo e una duttilità dinamica persino invidiabili. Tutto ciò si conferma nel movimento centrale (le cui battute iniziali con quel ritmo di siciliana fanno sempre pensare al secondo movimento della Sonata per flauto BWV 1031 di Bach, nella celebre trascrizione di Kempff); ma, in questo Adagio, mi sembra che Fujita avrebbe potuto valorizzare meglio il cantabile. E allora perché in questo secondo movimento dal carattere tanto espressivo Fujita ci è sembrato talvolta cantare con una sorta di sordina applicata alle dita? Si è trattata di una scelta precisa, dettata da un’idea o forse da una istintiva musicalità distante dal nostro canone di buon cantabile espressivo? Difficile dire con certezza; ma se dovessi muovergli un appunto sarebbe (e anzi è) questo: Fujita, l’ho detto, è musicale, ha tecnica, colore, si muove benissimo nelle dinamiche e quant’altro; ma il suo suono non di rado fatica ad arrivare, insomma non si spinge molto oltre il pomerio della sua postazione. Il suo suono manca talvolta di spessore, di peso. Fujita attacca bene, suona altrettanto bene e in maniera fluida, ma non affonda, in qualche modo confinando questo concerto a un gusto rococò che non credo gli appartenga; non voglio certo dire che il Concerto K 488 esprima la drammaticità del K 466 in re minore; dico però che qui a farla da protagonista è o dovrebbe essere una cantabilità, una liricità tuttavia troppo spesso non pervenuta a sufficienza o non pervenuta affatto. Per il resto il giovane pianista di Tokyo avrà tutto il tempo, se lo riterrà opportuno, per meditare su alcuni aspetti da cui a mio avviso il suo pianismo avrebbe soltanto da guadagnare, ma del resto egli suona splendidamente, per cui nel complesso credo stia meritando il successo sino a questo momento ottenuto.
L’atto conclusivo della serata è rappresentato dalla Prima sinfonia di Ciaikovski, eseguita complessivamente molto bene tanto dall’orchestra quanto da Bonato alla bacchetta (anzi, senza bacchetta), un Bonato che, lo rimarco volentieri, mostra sicurezza e mestiere ed è stato tutt’altro che in balia dell’orchestra. Forse non popolare come la Quinta e la Sesta sinfonia, tuttavia lo stesso compositore russo seguitò per tutta la vita a ritenere questa Prima un lavoro migliore rispetto ad altri, vale a dire rispetto ad altre composizioni che pure riscossero (e riscuotono tutt’oggi) assai maggior successo di pubblico e critica.
Marco Testa
Foto: PiùLuce/OSN Rai