Reportage dal Mar Nero, dove un concorso di canto rivela la ricchezza della tradizione georgiana, fatta di grandi voci e di un ricco retaggio culturale.
di Carlo Vitali
«Molto buono il livello medio dei 10 finalisti quanto a tecnica, musicalità e interpretazione. Qualcuno dovrebbe perfezionare ancora la dizione italiana, ma penso che basterebbe poco per farne debuttare un paio sul palco di un primario teatro europeo». Così Alessandro Ariosi, membro della giuria internazionale, riassume le sue impressioni sull’esito del concorso di canto “Opera’s Golden Voice” appena concluso a Batumi, il capoluogo della regione autonoma di Adjara, Repubblica di Georgia (per gli amici: “Sakartvelo”).
Coi suoi 172mila abitanti che ne fanno la seconda città del Paese dopo la capitale Tbilisi, Batumi può vantare diverse attrazioni: la lunga spiaggia di 7 chilometri che le ha valso il titolo di “Perla del Mar Nero”, le eccellenze eno-gastronomiche per le quali tutta la Georgia va giustamente famosa, le estese aree verdi favorite dal mite clima subtropicale, i grattacieli che dal 2007 ne hanno trasformato il panorama urbano in un’orgia eclettica di stili postmodernisti (high-tech architecture, neo-futurismo, neo-neoclassico, decostruttivismo). Senza far risparmio di ironiche citazioni fuori contesto: il campanile di San Marco, il Colosseo, una sbilenca replica a testa in giù della Casa Bianca di Washington, il Faro di Alessandria, una pagoda cinese, una copia del Nettuno di Giambologna riverniciata in porporina…
Poco più di un decennio è bastato per la spettacolare metamorfosi da grigio porto mercantile e base della marina militare russa a “Las Vegas sul Mar Nero”; altro nomignolo più che giustificato dal fiorire di casinò di ogni ordine e grado in cui si affollano danarosi turisti venuti dai Paesi confinanti dove il gioco d’azzardo è illegale o soggetto a forti limitazioni: Turchia e Russia. Un aeroporto internazionale e l’abbondanza di strutture ricettive alla portata di tutte le borse garantiscono oggi alla città un rilevante afflusso di visitatori mossi dalle più diverse motivazioni; non escluso il turismo culturale, che può contare su ben 18 musei, 3 teatri consacrati alle arti sceniche e il sito archeologico di Gonio-Apsaros, fortezza romana già citata da Plinio il vecchio, poi bizantina e infine ottomana.
Peraltro non molti fra i turisti arrivati in Georgia dai Paesi UE (44.400 nel 2021; erano stati 148.500 nel 2019, ultima stagione pre-pandemica, e i parziali del primo semestre 2022 mostrano già una confortante ripresa) penseranno a Batumi come a un centro di cultura lirica, primato nazionale che semmai spetta a Tbilisi. Nella lounge dell’Hotel Sheraton, sorseggiando un aromatico tè georgiano, chiediamo lumi al soprano Tamar Iveri, ideatrice e primo motore organizzativo del concorso:
Avendo operato come critico musicale per più di tre decenni, uno dei miei ricordi più graditi è lo stellare trio femminile nel Così fan tutte al Festival di Salisburgo del 2005, dove lei cantava Fiordiligi accanto ad Elīna Garanča come Dorabella e Helen Donath come Despina. È quindi un onore incontrarla qui a Batumi, pur se nella sua diversa veste di presidente del concorso. In realtà la prima edizione era prevista per il 2020. Cosa ha originato il ritardo?
Anzitutto la ringrazio del buon ricordo. La causa del ritardo sta nella pandemia, che anche qui ha colpito duro. Il progetto originale prevedeva intorno al concorso una cornice di eventi chiamata “Batumian Rhapsody” con alcuni concerti vocali e strumentali di vario genere. Finora siamo in fase sperimentale, ma alla prossima edizione si potrà forse mettere in scena un’opera completa.
Perché proprio Batumi? Forse perché le sue biografie raccontano che il suo debutto da solista ebbe luogo qui?
Anche, ma non solo. A 22 anni ho debuttato a Batumi con il ruolo di Marikh nell’opera Abesalom da Eteri di Zacharia Paliashvili, capolavoro del nostro primo Novecento, e subito dopo con Desdemona nell’Otello verdiano.
Eppure tutte le stelle georgiane della lirica che mi è capitato di ascoltare in Italia o altrove — lei stessa inclusa — sono nati e si sono formati a Tbilisi: il soprano Nino Machaidze, i mezzosoprani Stella Grigorian, Anita Rachvelishvili e Nino Surguladze, il tenore Zurab Sotkilava (membro fra l’altro dell’Accademia Filarmonica nella mia Bologna), il baritono Lado Ataneli, il basso Paata Burchuladze. Tanti per un Paese di nemmeno 4 milioni di abitanti.
Aggiunga pure all’elenco il baritono verdiano George Gagnidze, anche lui nativo di Tbilisi; stella del Met e molto attivo anche in Italia.
Purtroppo non l’ho mai ascoltato dal vivo; ho invece avuto il piacere di incontrare qui negli scorsi giorni Ataneli e Burchuladze. Insomma, lei pensa che Batumi abbia sufficienti risorse economiche, materiale umano e condizioni sociali per giocare nella serie A della lirica?
Guardi, io dico sempre che a Tbilisi si lavora bene, ma che a Batumi si vive in maniera più rilassata [ride]. Scherzi a parte: desideravo ricambiare a questa città, e ai giovani musicisti ricchi di talento ma scarsi di mezzi, almeno qualcosa dei tanti incoraggiamenti che ho ricevuto agli inizi della mia carriera. Ho pensato che un concorso fosse il mezzo migliore per cominciare, visto che per me tutte le porte si sono aperte fra il 1998 e il 1999 con un secondo premio al concorso “Voci verdiane” di Busseto e un primo al Mozartwettbewerb di Salisburgo. Erano anni durissimi per la Georgia: io ebbi la fortuna, e anche un po’ l’impudenza, [ride] di battere Italiani e Tedeschi sul loro stesso terreno. A Salisburgo entrai sotto l’ala protettrice della grande Ileana Cotrubaș. A lei devo molto di quanto ho imparato, senza dimenticare i miei primi maestri: il baritono Avtandil Javakhishvili (mio padre) e il tenore Alexander Khomeriki, direttore dell’Opera di Batumi.
Verdi e Mozart: accoppiata insolita per diversità stilistica; vedo poi nei miei appunti che lei ha in repertorio 12 ruoli verdiani e molto Mozart, ma anche Gounod, Ciaikovski, Puccini, Leoncavallo.
Sì, è la mia nicchia personale, opere georgiane a parte [ride]. Tornando al concorso di Batumi, ho trovato un convinto appoggio nel presidente regionale Aslan Abashidze, nel sindaco Archil Chikovani e nei centri governativi preposti alla cultura, al turismo e alla gioventù. L’imprenditoria privata ha fatto generosamente la sua parte, specie nel settore edilizio che è in enorme espansione con giganti quali i gruppi Orbi e Anagi. E poi la farmaceutica Aversi, il gruppo petrolifero Wissol e tanti altri sponsors e donatori che ringrazio di cuore.
Dunque un chiaro successo sul piano organizzativo. E su quello artistico?
Le scelte dei concorrenti si sono orientate in maggioranza su brani in lingua italiana: Verdi in primo luogo, poi Rossini, Donizetti, Puccini e l’italiano europeo Mozart. Opera francese, tedesca e ceca seguivano a distanza. Il nostro pubblico, sulla scia del gusto sovietico, predilige voci potenti che ‘bucano’ il tetto orchestrale; però vedo che anche il fascino sottile del bel canto si va facendo strada. Il lotto dei concorrenti, benché largamente internazionale, era sbilanciato verso il Caucaso, l’Europa orientale e l’Asia centrale; finalisti e vincitori hanno segnato un quasi monopolio delle voci femminili. Spero che nelle prossime edizioni questi squilibri geografici, di repertorio e di genere troveranno riequilibrio; ma per una prima edizione mi ritengo abbastanza soddisfatta.
A parte i premi in denaro e altri cotillons (orologi di pregio, oggetti d’arte, prodotti caratteristici georgiani), quali opportunità di perfezionamento e di carriera godranno i finalisti e i vincitori?
Il mezzosoprano ventiduenne Elmina Hasanova, vincitrice del primo premio con difficili arie dalla Favorita e dal Don Carlo, registrerà un CD per l’etichetta Delos, auspice Constantine Orbelian della New York City Opera. Per gli altri: proposte di audizioni, stages e borse di studio sono pervenute dall’agenzia Ariosi Management, dall’Opera di Roma e dal Met.
La Hasanova è la più giovane del lotto vincente?
No, quel primato spetta al soprano Ekaterine Buachidze, talento diciannovenne che si è classificata seconda con brani da Le Cid di Massenet e dal Barbiere rossiniano. Teniamola d’occhio.
IL CONCORSO: FATTI E CIFRE
Date: dal 23 al 30 settembre.
Luoghi: Scuola di musica Zacharia Paliashvili (prove), Teatro d’Estate (semifinali), Teatro Ilia Chavchavadze (finale con l’Orchestra Sinfonica di Stato diretta dal maestro David Mukeria).
Giuria: 9 membri in rappresentanza di agenzie artistiche e teatri di Bulgaria, Svizzera, Gran Bretagna, Georgia, Polonia, Italia, Stati Uniti. Presidente Melissa Wegner (Metropolitan di NY).
Concorrenti: 130 domande poi ridotte a 82 per vari motivi personali o logistici. La maggioranza degli ammessi proveniva da Paesi dell’area ex-sovietica, ma con presenze da Stati Uniti, Unione Europea, Cina. Dopo una prima selezione a distanza tramite audizioni in video, a Batumi ne sono giunti una quarantina.
Vincitori: 1° premio (€ 7000) a Elmina Hasanova (Azerbaigian, mezzosoprano); 2° (€ 5000) a Ekaterine Buachidze (Georgia, mezzosoprano); 3° (€ 3000) suddiviso ex aequo fra Anna Imedashvili (Georgia, soprano) e Yulia Muzychenko (ucraina naturalizzata tedesca, soprano). Tra i finalisti destava interesse il basso Mark Kurmanbaev (Kazakhistan), forse il migliore tra i pochi maschi selezionati.
Eventi collaterali: masterclasses del basso Orlin Anastassov e del baritono Mariusz Kwiecien, membri della giuria; rassegna di canti e danze locali con la partecipazione di Lado Ataneli e dell’Ensemble Batumi a Castello Mare, sontuoso wellness resort di epoca sovietica in località Tsikhisdziri.
ALTRI CANTI DI MARTE, VENERE E TERSICORE
Ai fasti dell’opera lirica in Georgia non è estranea una robusta tradizione di polifonia a cappella, non imitativa ma lineare, che rimonta al Medioevo e dal 2001 è iscritta nel patrimonio immateriale dell’UNESCO. Molto più che folklore per turisti: ancora la si può incontrare nelle aree urbane e rurali, nelle chiese e nei monasteri; vuoi a servizio del culto cristiano ortodosso, vuoi durante occasioni sociali come la supra, il banchetto rituale che solennizza battesimi, matrimoni e funerali. La combinazione di canto e danza popolare integra il codice genetico di una nazione guerriera, stretta dalla tarda antichità fino ad oggi nella morsa di imperi ostili eppure capace di rialzarsi dopo ogni invasione e perfino di crearsi un impero tutto suo, che fra XI e XIII secolo tenne testa a Bizantini, Turchi selgiuchidi e sultani Ayyubidi trasformando il Mar Nero e il Caspio in laghi georgiani. Danze acrobatiche punteggiate dal cozzo di spade e scudi, danze di corteggiamento, di lutto, di festa; ma soprattutto maestosi inni eroici e di protesta sociale come quel Chakrulo per tre voci virili che nel 1977 fu spedito nel cosmo sulla sonda spaziale Voyager fra i 29 capolavori musicali dell’umanità.
Ascolto capace di affascinare eventuali extraterrestri, pensò la NASA: due solisti si avvicendano sullo sfondo di un bordone corale intrecciando linee vocali riccamente ornamentate e saettanti verso l’acuto, mentre agli accordi consonanti si mescolano scabre dissonanze di seconda, settima e nona. Al colmo del virtuosismo nelle parti superiori sta il krimanchuli, tecnica paragonabile allo yodel: rapidi e ostinati salti di registro sopra sillabe asemantiche quali haralo, harulailo e simili. Fra spiazzanti modulazioni entro un sistema di scale modali che ricorda alla lontana il canto popolare corso, sardo e balcanico, spuntano quasi-recitativi e formule cadenzali a voce piena: un’esplosione di adrenalina che procura deliziosi brividi anche all’orecchio europeo meglio temperato.
Di più elegiaco tono sentimentale, la ballata d’amore e morte Suliko (Anima mia) è un’altra icona dell’identità nazionale in musica; pare che fosse la preferita dall’oriundo georgiano Iosif Vissarionovič Džugašvili, in arte Stalin. Commenta per noi Lado Ataneli, potente quanto mellifluo baritono verdiano, pucciniano e verista nonché cultore della canzone napoletana d’arte: «In Georgia tutti cantiamo in coro; in pubblico e in famiglia. I cori tradizionali sono a tre, quattro e sette voci, per cui emissione e corretta intonazione si apprendono sin dall’infanzia come una lingua naturale. Così, nonostante il nostro famoso individualismo, cantando insieme ci si ascolta e ci si aiuta a vicenda».
TEATRI DI BATUMI
Due gentili funzionarie dell’ufficio turistico regionale, Marina Lobjhanidze e Diana Nanadze, ci hanno condotto in visita ai teatri della città, illustrandone la storia e le caratteristiche.
Teatro drammatico statale “Ilia Chavchavadze”
L’attuale edificio, terzo dopo quelli del 1884 e del 1937, fu aperto nel 1952 su progetto dell’architetto moscovita Leonid Teplickij ispirato al neoclassicismo dell’era zarista. Dopo il restauro del 2018, che ne ha modernizzato gli apparati scenotecnici, può ospitare 480 spettatori.
Teatro d’Estate, Boulevard centrale
Aperto nel 1947 su progetto di Kakha Javakhishvili e Bogdan Kirakosjan, ricostruito nel 2013 dopo un incendio che ne devastò la struttura lignea. Buona acustica, apparati scenici allo stato dell’arte; gli originali 800 posti sono divenuti 1220, nuovi materiali ignifughi replicano fedelmente il pittoresco stile misto di elementi etruschi, ottomani e paleoslavi che lo ha fatto paragonare alla mitica nave Argo, approdata a questi lidi per rapire il Vello d’Oro.
Centro Statale delle Arti
Collocato di fronte alla baia nel sobborgo di Brumi, dal 2004 ospita in residenza vari complessi: Orchestra Sinfonica e Balletto di Stato, coro “Cappella”, Opera Studio, Teatro Musicale dei Giovani, quartetto vocale “Nota”. Forte di 1500 posti, di cui 1100 nell’auditorium centrale, offre più di 150 eventi l’anno. Il rifacimento firmato Vladimer Khmaladze (2011) ha alquanto mitigato il fasto palaziale del “classicismo socialista” anni ’30.
BATUMI STRIZZA L’OCCHIO A NAPOLI
Lorenzo Fiorito, musicologo partenopeo docente presso l’Università telematica “Pegaso” e collaboratore di questa rivista, ci ha offerto un’anteprima sul 17° Festival Internazionale di Musica popolare e Sacra da tenersi a Batumi nei giorni 4-6 novembre sotto l’egida della locale Facoltà delle Arti, dipartimento di alta formazione dell’Università “Shota Rustaveli”. Ai concerti si aggiungeranno comunicazioni scientifiche su problemi storici e interpretativi. “Parteciperò con una panoramica sugli Stabat Mater di scuola napoletana settecentesca, con speciale riferimento all’intonazione di Francesco Durante”, dichiara Fiorito. “C’è da aggiungere che la direttrice del Festival, professoressa Khatuna Managadze, mi chiese tempo fa di essere posta in contatto con il direttore del Dipartimento di canto del Conservatorio di Napoli, onde invitare due studenti maschi, accompagnati da un loro docente, a coprire due ruoli nel Don Pasquale di Donizetti in allestimento presso la loro facoltà. L’operazione è andata in porto, e lo spettacolo debutterà qualche giorno dopo il nostro convegno”.