Che Giulietta Guicciardi, mitica e mitizzata amata di Ludwig van Beethoven, abbia avuto residenza per un breve periodo a Trieste, può non essere un fatto rilevante, ma basta per disegnare il piccolo, ma intenso Festival che si è svolto tra il Porto Vecchio e il Teatro Comunale dall’8 maggio al 19 giugno. A tracciarne, da protagonista, il percorso è stato Massimo Belli con la sua Nuova Orchestra Ferruccio Busoni, formazione che l’anno prossimo festeggerà i sessant’anni di storia. Per il tramite dunque di Busoni (altra illustre presenza triestina) “Gli amori di Beethoven” sono stati l’ordito suggestivo di quattro concerti tra maggio e giugno e di un piccolo convegno (a presentazione della serata conclusiva) cui hanno preso parte Filippo Michelangeli, Marco Mauceri, Nicola Cattò e Gianni Gori. Gli itinerari musicali scelti da Massimo Belli hanno incrociato per due volte la Sonata op. 27 n. 2 “al chiaro di luna” (nel ricordo di Giulietta): la prima volta in una eccentrica versione per ensemble d’archi eseguita dall’orchestra Busoni, la seconda “in originale” per l’interpretazione del pianista Giuseppe Andaloro.
Aleggiavano echi di primi amori anche nel programma d’apertura ( 8 maggio nella Sala Victor De Sabata) in cui il soprano Claudia Mavilia ha eseguito l’Aria “Ah, non turbarti” per soprano e orchestra. Al centro della serata il Concerto n. 4 per pianoforte e orchestra, solista Giovanni Bellucci. La straordinaria fragranza d’invenzione del Settimino op. 20 chiudeva invece il concerto del 4 giugno con i solisti dell’orchestra triestina.
Gran finale il 19 giugno al Teatro Verdi con le calorosissime accoglienze per la Sinfonia n. 1 e per il Triplo concerto op. 56, protagonista il Trio di Parma. In una serata che ha evocato gli affetti del giovane Beethoven anche attraverso una scelta di missive del maestro di Bonn, lette dall’attore Sebastiano Somma, con un frammento (per la prima sinfonia) dalla biografia di Romain Roland, grande scrittore ed europeista. Da segnalare ancora che a Trieste (più precisamente a Muggia) ha sede una straordinaria collezione di cimeli e documenti beethoveniani, cui si devono pure alcune inedite immagini fornite per il programma della rassegna.
Gianni Gori