MOZART Don Giovanni E. Schrott. L. Li, T. Lisnic, S. Pop, M.A. Henry, A. Sâmpetrean, A. Duhamel, S. Malfi; Orchestre et Choeurs de l’Opéra National de Paris, direttore Alain Altinoglu regia Michael Haneke scene Christof Kanter costumi Annette Beaufays luci André Diot
Parigi, Opéra Bastille, 28 gennaio 2015
Uno degli allestimenti operistici più interessanti in assoluto degli ultimi tempi è il Così Fan Tutte del 2013 firmato da Michael Haneke, successivamente immortalato in un video pubblicato da C Major. Di quella produzione stupiscono la forza e la profondità dell’indagine psicologica, la pregnanza espressiva delle pause e la capacità del celebre cineasta austriaco di trovare spunti completamente nuovi nel libretto, pur nella piena ed incondizionata adesione al testo. Irresistibile, dunque, la curiosità di assistere alla sua visione di Don Giovanni. Non si tratta di una nuova produzione ma di una ripresa dell’allestimento nato nel 2006 al Palais Garnier e ripreso una prima volta alla Bastille nel 2012; spettacolo rispetto al quale la reazione della critica era stata, a suo tempo, piuttosto fredda.
Ciò che rende affascinante il cinema di Haneke è la violenza quotidiana, sorda e insidiosa, che pervade ambienti e rapporti all’apparenza “normali” e civilizzati. Eccoci dunque catapultati nel grattacielo di una multinazionale, dalle cui grandi vetrate si intravedono altri edifici simili. La vicenda è interamente ambientata in una sorta di area-break, sulla quale affacciano alcuni uffici ed un ascensore. In un breve saggio pubblicato nel programma di sala, Haneke ci propone alcune “biografie contemporanee” per guidarci nella sua concezione di Don Giovanni. Il protagonista è il direttore generale di questa ipotetica azienda; uomo animato da un’energia vitale che è, al tempo stesso, rabbiosa voglia di vivere e desiderio insaziabile dell’inaccessibile. Vuole ogni cosa e la vuole subito; appena l’ha ottenuta, la sua attenzione si rivolge verso un altro oggetto. Brillante, talentuoso, prepotente, sessualmente attraente ed aggressivo: pochi gli possono resistere. Leporello ne è l’ossequioso tirapiedi, che aspira a diventare come il suo capo senza averne però il carisma e la cattiveria. Forse ne è addirittura attratto sessualmente. Il Commendatore è il padrone dell’azienda, irascibile ed innamorato di se stesso; Anna, sua figlia, è una sorta di prima della classe, intelligente, arrogante e narcisista. Non molto diversa da Giovanni, insomma, del quale dapprima si infatua, ritenendolo un partner alla sua altezza; poi, divorata dal senso di colpa, lo rinnega. Ottavio è il proprietario di un’azienda concorrente, promesso sposo ad Anna in vista di una possibile fusione (versione moderna della ragione di Stato): lavoratore instancabile e uomo affidabile, è però del tutto privo di charme, di temperamento, di energia sessuale. Elvira (anch’essa un “pezzo grosso” dell’azienda) è follemente innamorata di Giovanni, il quale l’ha sfruttata nella sua scalata verso il potere; poi è stata accantonata ed ora tenta vanamente di convincerlo a tornare con lei, sopportando le peggiori umiliazioni. Zerlina e Masetto, infine, fanno parte dello staff dell’impresa di pulizia. Credendo gli uffici deserti, improvvisano nella tarda serata una sorta di festa di fidanzamento con gli altri colleghi, durante la quale irrompe Don Giovanni che comincia a corteggiare sfacciatamente Zerlina; Masetto non può certo ribellarsi a chi è in grado di licenziarlo in un batter d’occhio e quindi ingoia il boccone amaro del tradimento di Zerlina, dal canto suo ovviamente lusingata di esser l’oggetto dell’interesse sessuale di cotanto “signore”.
Tutto molto interessante e stimolante, in definitiva. La traduzione scenica, però, si rivela, alla lunga, deludente. Segnaliamo una sola intuizione realmente stuzzicante: subito prima di “Fin c’han dal vino”, Don Giovanni apre una finestra e finge, tra il serio e il faceto, di gettarsi nel vuoto. La spocchia costantemente ostentata dal protagonista dissimula dunque un latente istinto suicida; chi conosce la filmografia di Haneke, vi riconoscerà uno dei topoi più ricorrenti. Tolto questo, però, la direzione degli attori è tutto sommato prevedibile e convenzionale. Nulla a che vedere con la capacità emersa in Cosi fan tutte di illuminare il libretto (od almeno alcuni passaggi di esso) di una luce nuova. Alcuni scrupoli realistici (come per esempio la cameriera di Donna Elvira, oggetto delle attenzioni di Don Giovanni, che diventa qui “l’amante del Commendatore”) sono parsi francamente risibili rispetto alla resa di alcune scene, in primis quella dello scambio tra Don Giovanni e Leporello che, pur non facendo il minimo sforzo di dissimularsi, non vengono riconosciuti da Masetto e da Elvira. Anche il finale lascia perplessi: il personale delle pulizie, insieme ad Anna, Ottavio ed Elvira, tutti con una maschera di Mickey Mouse sul volto, conducono al cospetto di Don Giovanni il cadavere del Commendatore adagiato su una sedia da ufficio; il viso è celato da un foglio bianco sul quale sta scritto “dell’empio che mi trasse al passo estremo qui attendo la vendetta”. Don Giovanni viene poi sollevato di peso da tutti e scaraventato fuori da quella stessa finestra dalla quale si voleva buttare. La giusta vendetta del proletariato disprezzato e offeso contro il padrone cattivo? Mah.
Sul podio Alain Altinoglu, che pure in altri contesti abbiamo ammirato come eccellente direttore d’opera, firma in questa circostanza una concertazione di routine, fiacca e prevedibile, caratterizzata da tempi lenti e da colori spenti. Erwin Schrott, al quale pure riconosciamo considerevoli mezzi vocali e attoriali, fa però sempre lo stesso Don Giovanni, arrogante e piacione, senza il minimo segno di tormento interiore. Adrian Sâmpetrean è un Leporello di bella voce, ma nulla più, Stefan Pop un Ottavio di sconcertante grigiore. Anche le interpreti femminili, pur nel complesso corrette, non sollevano entusiasmi particolari: la migliore ci è parsa la Zerlina di Serena Malfi; meno convincenti, benché nel complesso accettabili, l’Anna di Tatiana Lisnic e l’Elvira di Marie-Adeline Henry. Discreti il Masetto di Alexandre Duhamel ed il Commendatore di Liang Li.
Paolo di Felice
(c) Vincent Pontet