PROKOFIEV Sinfonia n.1 in re minore op. 25 “Classica”. RAVEL Concerto in sol per pianoforte e orchestra SIBELIUS Sinfonia n. 5 in mi bemolle maggiore op. 82 pianoforte Víkingur Ólafsson Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, direttore Antonio Pappano
Roma, Sala Santa Cecilia, Parco della Musica, 21 gennaio 2023.
Prima di partire in una tournée di due settimane che la porterà a Vienna, Monaco di Baviera, Francoforte, Essen, Amburgo, Parigi e Lussemburgo, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e il suo direttore musicale (dal 2005) Antonio Pappano hanno offerto tre repliche di uno dei tre programmi che verranno portati nel tour. Ero alla terza replica, sala (circa 3000 posti) affollatissima anche in quanto era stata annunciata, come pianista, l’ottantaduenne Martha Argerich (che ha dato forfait sia ai tre concerti sia alla tournée), un nome ancora di grande richiamo specialmente presso il pubblico romano. L’ha sostituita l’islandese Víkingur Ólafsson, che suonerà anche in alcuni concerti della tournée. Viene chiamato «la nuova superstar del pianoforte classico» ed il “New York Times” lo ha soprannominato il «Glenn Gould islandese». Ólafsson, di bell’aspetto, è anche noto come grande comunicatore per i suoi programmi alla BBC. Classe 1984, le sue registrazioni per la Deutsche Grammophon hanno raggiunto più di 400 milioni di streaming.
Il concerto aveva come titolo I colori del Novecento. In effetti, i brani riguardavano le prime decadi del secolo scorso. La serata è stata aperta dalla Sinfonia n. 1 “Classica”di Sergej Prokofiev: tra le composizioni più celebri del compositore russo, la sinfonia — che nell’impianto in quattro movimenti segue il modello classico conciliando modernità e tradizione — fu terminata nel settembre del 1917 e la prima fu diretta dallo stesso compositore nell’aprile del 1918 a San Pietroburgo riscuotendo un caloroso successo. Ha seguito il Concerto in sol di Maurice Ravel (concepito “nello spirito di Mozart e Saint-Saëns”, come scrisse lo stesso Ravel) il cui secondo movimento, Larghetto, è un lungo monologo del pianoforte che quasi richiama un Notturno chopiniano. Ha concluso il programma la Quinta Sinfonia di Jean Sibelius. Strutturata in tre movimenti, la sinfonia chiude con un Allegro molto, tra le pagine più ispirate del compositore finlandese, celebre anche per il tema intonato da corni e tromboni, noto anche come tema “dei cigni” perché l’autore raccontò di aver tratto ispirazione dal volo di uno stormo di cigni.
Sulla Sinfonia Classica di Prokofiev si è scritto moltissimo, proprio nel tentativo di definirne una collocazione: ancora classica-ottocentesca o anticipazione di un neoclassicismo di cui sarà, poi, alfiere Igor Stravinski. In effetti, Pappano e l’orchestra hanno mostrato magistralmente come, in quest’opera di appena un quarto d’ora, Prokofiev abbia saputo conciliare la tradizione con l’innovazione del suo tempo. La sinfonia riflette perfettamente l’elegante stile settecentesco. Il suo classicismo è stilizzato, ma anche estremamente raffinato, sempre intriso di leggera ironia e sostenuto costantemente da una base ritmica che è una delle principali connotazioni della musica di Prokofiev. Il Concerto in sol per pianoforte e orchestra di Ravel era brano molto atteso, anche in quanto, per decenni, cavallo di battaglia di Martha Argerich ed ora occasione del debutto romano di Víkingur Ólafsson. Non si distacca molto dalla precedente produzione del compositore in quanto a colori e a disegno musicale. Si sentono l’orchestrazione leggera e raffinata, definita dalla scelta del minor numero di strumenti scelti però in tutte le famiglie musicali (quattro ottoni, diversi tipi di legni, pochi archi e molte percussioni), ed anche gli influssi di altre musiche, compreso un po’ del jazz che Ravel conosceva da molto tempo ma solo con il viaggio negli Stati Uniti aveva toccato con mano. Ci sono pure le melodie e i ritmi baschi. Molto buona l’esecuzione in generale. Il pianista ha momenti virtuosi nel primo movimento (Allegramente) e nel terzo (Presto) ma è “suo” il secondo movimento, un dolcissimo adagio in cui i pochi interventi orchestrali sono affidati alle armonie degli archi e ai giochi di luce di cinque legni (flauto, oboe, corno inglese, clarinetto e fagotto) in un’alternanza musicale post-impressionista e pienamente novecentesca. Applausi scroscianti al termine, diretti probabilmente tanto all’orchestra quanto al solista. Ólafsson ha probabilmente ritenuto che fossero tutti per lui e, senza che gli venisse chiesto, ha offerto due brevi bis: un Preludio di Bach e la Sonata n. 9 di Domenico Scarlatti. Molto buoni ma non connessi con I colori del Novecento. Comportamento da “divo”, più che da artista.
Abbastanza frequente l’esecuzione a Roma della Quinta Sinfonia di Jean Sibelius: Pappano e l’orchestra, in grande sintonia, ne hanno dato una lettura descrittiva, facendo sentire i ghiacci, i laghi, i fiumi, i boschi della Finlandia. Grande successo per Pappano e l’orchestra.
Giuseppe Pennisi
Foto credit: Musacchio, Ianniello e Pasqualini.