Concorso lirico internazionale di Portofino. Finale.
Camogli, Teatro Sociale, 24 luglio 2020
Fra i tanti concorsi di canto in circolazione, non c’è dubbio che in Italia (ma non solo) CLIP stia assumendo una posizione di primaria importanza: anzitutto perché in giuria non ci sono pur stimabili critici musicali, ex cantanti o docenti (spesso entrambe le cose), ma “semplicemente” sovrintendenti di teatri europei di punta. A partire, ovviamente da Dominique Meyer, ora responsabile delle cose scaligere: ma con lui ci sono il collega della Monnaie di Bruxelles Peter de Caluwe, quella del Dutch National Opera Sophie de Lint, Claudio Orazi del Carlo Felice, Valerio Tura (casting manager del New National Theatre di Tokyo) e Gianni Tangucci, coordinatore artistico dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, nonché responsabile delle preselezioni di CLIP. E i risultati si vedono: Ivan Ayon Rivas, uscito dal concorso ligure, è ormai lanciato in una carriera che l’ha visto recente protagonista del Rigoletto al Circo Massimo, mentre la vincitrice dell’anno scorso, Federica Guida, ha già debuttato a Vienna, cantato poche settimane fa alla Scala nei concerti di riapertura e, sempre a Milano, sarà Musetta nella Bohème del prossimo ottobre.
Tantissimi candidati: nonostante le difficoltà di questo sciagurato anno di Coronavirus, 203 cantanti lirici under 32 provenienti da ben 45 paesi su 5 continenti si sono iscritti all’edizione 2020, e un centinaio sono approdati a Portofino. In tre intensi giorni di selezione, i giurati hanno scelto gli 11 finalisti, che ho avuto l’occasione di ascoltare al delizioso Teatro Sociale di Camogli: due arie a testa, che hanno rivelato un livello medio davvero sorprendente. Sei italiani e cinque stranieri, otto donne e tre uomini (nessun baritono: due bassi e un tenore) che hanno scelto un repertorio spesso non comune, e comunque impegnativo. Il primo premio è andato a quella che anche a me è parsa l’artista più promettente: a soli 20 anni la lecchese Caterina Sala, che studia all’Accademia della Scala, ha eseguito l’aria di Aminta dal Re pastore con una purezza di legato, un’intensità di accenti e una musicalità davvero ammirevoli, così come molto fluido è stato il suo “Babbino caro”. Secondo il basso Andrea Pellegrini: davvero raffinata la scelta dell’aria del basso dal Demone di Rubinštejn, resa con linea impeccabile, così come il suo “Catalogo” mozartiano aveva un equilibrio irreprensibile. L’unica riserva, forse, è sull’età (30 anni), non più confacente ad un concorso. Meno condivisibili, sempre a parer mio, le scelte per il terzo posto: un ex aequo diviso tra il corpulento tenore sudafricano Katleho Mokhoabane – la cui tecnica mi pare ancora tutta da rifinire – e l’inglese Alexandra Lowe, che si è prodotta in un Mozart poco gradevole ad orecchie latine. Detto che il premio del pubblico (presente in sala e collegato online) è andato alla colombiana Andrea Orjuela Niño, mezzosoprano molto corretto ma poco interessante, mi preme segnalare una giovanissima cantante italiana, Greta Doveri: voce ancora da sistemare, certo, ma un temperamento addirittura bruciante, e un coraggio da leone nell’affrontare la tremenda aria “del veleno” dal Roméo di Gounod.
Insomma, bilancio ancora più positivo per l’edizione 2020 di CLIP: non solo per la coraggiosa testardaggine nell’aver tenuto duro, senza cancellare la manifestazione, ma soprattutto per avere garantito un livello musicale davvero sorprendente. E i complimenti, quindi, vanno in primis a Francesco Daniel Donati, ideatore e direttore del concorso.
Nicola Cattò