HÄNDEL Messiah L. Teuscher, D. Galou, M. Vanberg, M. Brook; Coro “Ruggero Maghini”, direttore Claudio Chiavazza Orchestra “I Pomeriggi Musicali”, direttore Ottavio Dantone
Milano, Teatro Dal Verme, 23 ottobre 2014
La stagione 2014-2015 dei Pomeriggi Musicali di Milano, la prima del nuovo Direttore artistico Maurizio Salerno, si è aperta al Teatro al Verme con il Messiah di Händel diretto da Ottavio Dantone; un’apertura particolare che coincide con il 70° anniversario di attività di una delle Istituzioni musicali storiche della città. E di questi tempi tanta longevità è sicuramente una bella realtà e induce alla speranza per un futuro più favorevole alla musica. A Milano e in Italia.
L’esecuzione, a dire il vero, non è apparsa esaltante. Corretta sì, dal momento che tutti – orchestra, coro e solisti – sono rimasti, diciamo così, “attaccati alla nota”, eseguendo ciascuna la propria parte in maniera pulita. Ne è scaturita una lettura in punta da piedi, probabilmente senza il minimo errore di lettura, né filologica né moderna; in una parola anonima, come se ne possono fare tante. Il che alla resa dei conti è sempre meglio di bizzarrie, ritmiche e dinamiche, della cosiddetta prassi esecutiva barocca o di “adattamenti” a sonorità e forzature timbriche novecentesche che solo grandi orchestre e direttori di spessore culturale possono permettersi.
Delle diverse componenti – Coro, Soli e Orchestra – la prima è apparsa la migliore: compatta, senza sbavature, tenendo presente che più di venti dei cinquantadue numeri della partitura sono riservati al Coro, in qualche caso anche in duo con un solista. Il soprano Lydia Teuscher è apparsa di gran lunga la migliore fra i quattro solisti vocali: voce morbida, timbro ricco di colori, buona intonazione (molto bella l’aria “Rejoice greatly, O daughter of Zion”). Decisamente mediocre è apparsa invece Delphine Galou, benché se la sia cavata con mestiere in certi passi indubbiamente non facili (“He was despised and rejected”). Le due voci maschili non sono apparse all’altezza delle loro parti, che due buoni allievi di una classe di canto di un Conservatorio italiano avrebbero probabilmente affrontato e risolto con esiti migliori.
Quanto all’Orchestra, Dantone, uno dei musicisti italiani di maggior talento della musica barocca, ha certo fatto un ottimo lavoro di preparazione lavorando con una compagine che ha nel repertorio classico-romantico il suo riferimento storico; inquadrata in questa ottica, la resa dell’Orchestra è stata buona anche se alquanto fredda, senza slancio ma anche mai incerta, tranne forse un paio di volte i fiati.
Alla fine grandi applausi per tutti da un pubblico numeroso e attento (si sono visti anche ascoltatori con partitura sulle ginocchia), che forse meriterebbe un Dal Verme dall’acustica molto migliore dal momento che il suono risulta sempre “fermo” lì, sul palcoscenico.
Ettore Napoli