SPONTINI I quadri parlanti M. Tragni, D. Chiodo, A.M. Ciulla, G. Di Giacinto, M. Antenucci, G. Borrelli, F. Tuppo; Time Machine Ensemble, direttore Giulio Prandi regia Gianni Marras scene Alessandra Bianchettin costumi Asya Fusani
Jesi, Teatro Pergolesi, 1° dicembre 2024
Più che la trama di quest’operina spontiniana riscoperta e rimessa in scena per la prima volta dopo 224 anni dal debutto, è emozionante la storia di come una partitura che si credeva perduta sia tornata alla luce. Il manoscritto autografo, difatti, si riteneva perduto per sempre e solo nel 2016 è emerso nella biblioteca del Castello d’Ursel ad Hingene nelle Fiandre, in Belgio, assieme ad altre tre composizioni (il dramma giocoso Il Geloso e l’audace, la farsa giocosa Le metamorfosi di Pasquale, allestita a Jesi e incisa per Dynamic, e la cantata L’Eccelsa gara). L’opera, su un dinamico (e un po’ sciocchino) libretto di Gaetano Bongiardino, venne composta da Gaspare Spontini quando ancora studiava al Conservatorio di Napoli, e andò in scena nella primavera del 1800, probabilmente nell’unica sua rappresentazione pubblica prima di queste recite jesine, al Teatro di Santa Cecilia a Palermo. La sua messa in scena prosegue nell’accordo pluriennale (dal 2016 al 2025) tra il Centro Studi per la Musica Fiamminga di Anversa e la Fondazione Pergolesi Spontini, per la revisione critica e la valorizzazione dei manoscritti ritrovati in terra belga. Come il prezioso documento sia finito là, poi, è un mistero che ancora non si è chiarito ma è probabile che fu grazie a una discendente da parte di madre di Celeste Erard, moglie di Spontini, Sabine Franquet de Franqueville, moglie del duca Roberto d’Ursel. Una storia più emozionante, si diceva, della frusta vicenda che contrappone una servetta scaltra, con complici il fratello e la sua innamorata, nel gabbare una famiglia di sciocchi creduloni finché la situazione si ribalta improvvisamente e la protagonista ritorna al suo posto, ritrovando il primo amore nel servo che per tutta l’opera ha cercato di smascherarla. Se la trama impedisce una reale partecipazione emotiva dello spettatore (troppo cinica la protagonista, troppo sciocche le vittime) lo stile musicale, precedente i capolavori francesi e tedeschi della maturità, rivela di certo un solido mestiere e un’accurata gestione delle scene d’assieme, ma risulta nel complesso abbastanza manierato e senza troppi colpi d’ala, con l’esclusione parziale di un originale duettino con accompagnamento di mandolino e chitarra francese nel Finale II, un brano di fresca gradevolezza. Non è stato, tuttavia, tempo perso riallestire quest’opera, sia perché dimostrazione dell’affetto e dell’amore (ricambiati) che la terra natale di Spontini ha sempre avuto nei confronti del suo figlio, sia perché il Teatro Pergolesi ha decisamente fatto le cose per bene, con uno spettacolo colorato e frizzante per la regia di Gianni Marras e scene e costumi ‘pop’ di Alessandra Bianchettin e Asya Fusani (studentesse della scuola di Scenografia – Accademia delle Belle Arti di Carrara). Lo spettacolo, dinamico e movimentato, ha servito alla perfezione la surreale vicenda, avvalendosi anche di una brillante direzione musicale, di Giulio Prandi, che ha fatto l’impossibile per valorizzare la composizione, presentata nella revisione critica di Federico Agostinelli per le Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini, peraltro accolta con affetto e partecipazione dal folto pubblico presente. Giovane, ma agguerrito, il cast, a cominciare dalla protagonista Martina Tragni (Chiarella), che è bella e disinvolta in scena quanto si conviene a una servetta furba e scaltra e vanta anche una voce dall’estensione ragguardevole, che potrebbe dare molte soddisfazioni qualora riuscisse ad arrotondare un’emissione che in certi sovracuti tende a farsi un po’ fissa; la disinvoltura con cui affronta la sua parte (tra cui anche un’aria con effetti d’eco) è comunque impressionante. Bene anche il Menicuccio di Davide Chiodo, disinvolto in scena e frizzante nell’espressione, al pari del Don Bertoldo di Alfonso Michele Ciulla. Un po’ compassato, ma in fondo è anche il personaggio a presentare queste caratteristiche, il Capitan Belfiore di Giuseppe Di Giacinto mentre Francesco Tuppo, fratello della scaltra protagonista, ha saputo ben valorizzare la sua aria ‘spagnola’ di maniera del II Atto. Completavano il cast l’ottima Rosina di Michela Antenucci, dalla vocalità pastosa e ottima dizione, e la spigliata Bettina di Giada Borrelli. Pubblico attento, divertito e partecipe.
Gabriele Cesaretti
Foto: Binci