CIAIKOVSKI Concerto per pianoforte n. 1; Sinfonia n. 4 pianoforte Ivan Bessonov Orchestra del Teatro Carlo Felice, direttore Vladimir Fedoseev
Genova, Teatro Carlo Felice, 31 gennaio 2020
“Non c’è una nota che io non abbia sentito profondamente e che non riproduca fedelmente gli echi della mia anima. L’“autodifesa” di Ciaikovski della sua Quarta Sinfonia (in risposta alle critiche dell’allievo e amico Taneiev) potrebbe essere posta altrettanto bene a suggello dell’interpretazione del Primo Concerto per pianoforte proposta a Genova dalla “strana coppia” composta dall’ottantottenne Vladimir Fedoseev e dal neppure diciottenne Ivan Bessonov. L’uno può forse considerarsi l’ultimo portavoce della grande tradizione direttoriale russa della seconda metà del Novecento; l’altro il “secolo breve” non l’ha neppure sfiorato, e per la carriera a decollo verticale costruita su vittorie a concorsi anche di carattere mediatico (l’Eurovision Young Musicians) potrebbe far pensare d’istinto all’ultimo dei tanti pianisti istrioni ed epidermici che spopolano oggi sui palcoscenici e soprattutto sulle piattaforme web. Invece, ferma restando una padronanza tecnica evidente nei celebri e temuti passaggi di ottave del primo movimento, ma ancor più nei trilli nitidissimi che accompagnano la riesposizione dell’Andantino semplice, l’aspetto che più ha colpito nell’interpretazione del biondissimo e longilineo pianista di San Pietroburgo è stato il modo di vivere in profondità quell’affresco di potenti contrasti rappresentato soprattutto dal primo tempo, ricondotto qui a una dimensione di intima necessità espressiva: non solo negli slanci passionali ma anche e soprattutto nei momenti più lirici e meditativi, dove Bessonov si è preso tutto il tempo (l’Allegro non troppo e molto maestoso si è protratto attorno ai ventidue minuti) per farci avvertire intera l’intensità della meditazione e della sensibilità ciaikovskiana. Questo atteggiamento interpretativo si è avvertito immediatamente, nella piccola cadenza dell’Introduzione, pensosa senza eccessi esteriori; e il perfetto accordo tra tastiera e bacchetta (ma si potrebbe parlare ancor meglio di pieno affidamento del pianista al direttore) è stato subito evidente nella successiva transizione pizzicato, quasi sussurrata, che conduce alla riesposizione del tema introduttivo. Altro momento magico, rivelatore dell’intenso dialogo tra pianoforte e orchestra, la morbidissima risposta orchestrale al secondo tema, articolato da Bessonov con un rubato per nulla capriccioso, ma che sembrava scaturire dal profondo dell’anima (dolce e molto espressivo è l’indicazione dell’autore). Questi episodi sono sembrati davvero distintivi dell’interpretazione, ancor più di una cadenza finale che definiremmo intimamente drammatizzata, nel conferire un gran risalto ai ritardi “tristaniani” che ne costellano la parte più meditativa. La lettura del giovanissimo pianista è stata compresa e molto gradita dal pubblico, che ha chiesto e ottenuto un bis accolto altrettanto bene: un’ispirata trascrizione del Pas de deux dallo Schiaccianoci.
Una delle interpretazioni più note della lunga carriera di Fedoseev è forse proprio il Primo Concerto al fianco di un fantastico Mikhail Pletnev poco più che trentenne, documentato sia in disco che in video: in quest’ultimo impressiona la compattezza del vero “muro sonoro” che nei momenti più accesi l’orchestra moscovita diretta da Fedoseev da oltre quarant’anni (oggi intitolata proprio a Ciaikovski) contrappone al solista. Con un organico che l’esperto direttore ha potuto guidare solo per poche prove, l’approccio nei Tutti più enfatici è stato ovviamente più prudente; tuttavia nella partitura, impegnativa per tutte le sezioni, l’orchestra del Carlo Felice ha potuto dimostrare quanto sia cresciuta nel repertorio sinfonico durante gli ultimi anni. A parte un paio di piccoli scollamenti tra legni ed archi riscontrata nel terzo tempo, l’orchestra ha saputo aderire ammirevolmente alla ricchezza di colori richiesta da Fedoseev, lasciando spiccare l’altezza tecnica e poetica delle sue prime parti; tra cui lodiamo esemplarmente il primo flauto di Francesco Loi, che ha presentato in tutta la sua disarmante bellezza l’incipit dolcissimo dell’Andantino semplice.
Convincente anche la Quarta sinfonia, sia per quanto concerne la prestazione dell’orchestra, che in certi momenti ha rivelato anche una precisa identità timbrica, sia per la visione di Fedoseev, imperniata su una notevole fluidità nella gestione delle dinamiche e dei colori, perfettamente logica ma mai fredda, nonostante non si possa dire che l’Allegro con fuoco avesse… il diavolo in corpo. L’incredibile varietà di umori contenuta in una Sinfonia che Ciaikovski portò avanti per tutto il tormentato 1877, l’anno del delirio, secondo le sue stesse parole, della catastrofe seguita all’effimero e sciagurato matrimonio con Antonina Miljukova, ha comunque trovato in Fedoseev un interprete fedele ed empatico. Hanno colpito soprattutto certe sfumature timbriche altamente evocative, come la sonorità dei violini nel terzo tema del primo tempo, che sembravano provenire da lontananze estreme, o il pizzicato dello Scherzo, spinto fino a trame quasi impalpabili. Se l’orchestra nel suo complesso ha saputo seguire le indicazioni della bacchetta, anche nel realizzare il peculiare divisionismo orchestrale ciaikovskiano, anche in questo caso meritano un elogio speciale le prime parti, in particolare l’oboe di Guido Ghetti nell’esposizione del tema nell’Andantino in modo di Canzona. Un pubblico non numerosissimo ma caloroso ha manifestato alla fine un sincero plauso sia al decano della bacchetta che all’orchestra.
Roberto Brusotti
Foto: Marcello Orselli