BEETHOVEN Concerto n. 3 in do minore per pianoforte e orchestra op. 37 BRUCKNER Sinfonia n. 9 in re minore pianoforte Yefim Bronfman Orchestra Filarmonica di Rotterdam, direttore Lahav Shani
Brescia Teatro Grande 3 dicembre 2022
Ambizioso programma, quello presentato da Lahav Shani a capo della sua orchestra Filarmonica di Rotterdam, coadiuvato dalla partecipazione di Yefim Bronfman al pianoforte. Il Concerto in do minore di Beethoven e la Nona sinfonia di Bruckner si pongono quali cardini di svolta sia per il periodo di composizione (inizio Ottocento per Beethoven, fine secolo per Bruckner), che per le proposte di apertura a nuovi percorsi in essi contenuti.
Il Terzo concerto per pianoforte e orchestra rappresenta il banco di prova di un compositore ormai consapevole delle proprie qualità artistiche, sicuro del cammino intrapreso e del quale vede nuovi orizzonti di fronte a sé. Non si allontana dalla tradizione classica del concerto per strumento solista e orchestra, ma la arricchisce e ne sonda tutte le potenzialità per poi superarle con le successive due scritture dedicate a tale genere. Ampia introduzione orchestrale, affidata ad un tema che pare scaturire quasi in punta di piedi per poi generare una esplosione di intrecci sonori che lasciano da subito capire quale sarà l’andamento della composizione. Il pianoforte non può così esimersi da un ingresso in contrasto all’incipit tematico degli archi, quasi a voler ricordare quale sia il suo, meritato, ruolo di protagonista. Così che abbiamo sia un dialogo serrato tra solista e orchestra, sia uno scontro tra le parti che prelude ai successivi concerti in sol e mi b maggiore giocati proprio su una visione dinamica e contrastante degli attori in scena. La stessa ampiezza del secondo movimento, lunare, che potrebbe rievocare gli ampi spazi di sentimento e natura tanto cari agli scrittori di inizio Ottocento, iscrive di diritto la pagina in un nuovo corso, dove sentimento e riflessione necessitano anche di uno strumento, di una tastiera pianistica più ricca di sfumature e struttura timbrica. Il rondò finale ha la ricchezza di giochi tra solista e orchestra degni di uno smaliziato compositore, che ama non solo penetrare gli spazi più nascosti dell’animo umano, ma divertire, sottrarre dalle stesse tristezze chi ne è rimasto gravato sino a pochi istanti prima.
Shani e Bronfman hanno spinto la lettura del concerto in do minore verso un romanticismo più maturo, memore già dei successivi passi compiuti non solo da Beethoven, ma dagli stessi Schumann e Brahms. Il suono di Bronfman ricerca infinite sfumature, sfoggiando una tecnica e un legato di levigata raffinatezza, in questo ben assecondato da Lahav Shani, attento a mantenere gli equilibri tra le sezioni orchestrali, con uno scivolare delle frasi musicali tra le varie parti ed una delicatezza e finezza sempre intelligenti e sensibili, senza mai perdere di vista il rapporto timbrico tra l’orchestra stessa e il solista. Bis, acclamato dal folto e festoso pubblico, per Bronfman che ha omaggiato gli spettatori con un finale di sonata beethoveniano.
Orchestra schierata al gran completo per l’ultimo capolavoro di Anton Bruckner. La compagine olandese è composta, alla vista, da numerosi giovani, di enorme talento visto il risultato ottenuto in entrambi i brani, soprattutto in quella complessa partitura che è la Nona sinfonia in re minore. Tutti gli interventi delle singole sezioni sono sempre risultati ricchi di sfumature sostenute senza nessuna apparente difficoltà dagli strumentisti. E i momenti di maggior enfasi non sono mai trascesi, ma si sono sempre mantenuti in un equilibrio timbrico controllato ma al contempo ricco.
La Sinfonia in re minore di Bruckner potrebbe descrivere, forse in maniera inconsapevole al compositore stesso, il lento dispiegarsi a se stesso di tutti gli affanni che da sempre hanno gravato il tormentato animo del musicista austriaco. Ricercare una ascesi al divino è arduo, stando ai contrasti espressi durante l’ora di musica della quale si informa la pagina. Anche i timbri, l’uso della sordina per gli ottoni e gli interventi solistici che appaiono qua e là al termine di lunghe pagine di riflessione aprono al dubbio e alla sua invincibile forza dirompente che tanto ha prodotto in termini artistici nell’animo umano a cavallo del secolo scorso. Gli stessi tremoli degli archi, cifra caratteristica di tutta la produzione bruckneriana, grazie ai quali si entra pian piano, ognuno secondo le proprie vibrazioni interne, nel percorso proposto dal compositore, sono simbolo di quella scintilla individuale della quale è creato ogni essere umano e per la quale ci si porta il fardello lungo tutta la propria esistenza. Sui tremoli si spegne, rarefatta, la sinfonia, incompiuta, quasi un voler uscire in modo silenzioso, lasciando solo la traccia di tutto quanto si è espresso sino a quel momento.
Il silenzio creato al termine della sinfonia da Shani è stato raccolto da tutto il pubblico che ha poi applaudito, deposte, il direttore, le mani lungo il corpo, con entusiasmo, lodando alle varie uscite sia il direttore che l’orchestra. Shani entra con sicurezza in ogni brano, sapendo ricreare il timbro tipico, caratteristico d’ogni compositore e riuscendo a gestire al meglio, in strutture articolate come queste proposte, forma e interpretazione, consapevole del valore storico culturale di quanto sta ricreando, e collocandolo in un discorso unitario con sguardo critico per quelle che sono le premesse e gli sviluppi cui i brani eseguiti sono derivati ed hanno dato impulso.
Meritata l’ovazione finale di pubblico e orchestra della quale è stato omaggiato.
Emanuele Amoroso
Foto: Umberto Favretto