PURCELL Dido and Aeneas V. Gens, M.G. Schiavo, M. Borgioni, R. Pe, V. La Grotta, L. Visco, A. Schiavoni, R. Zangari; CoroMysterium Vocis, Orchestra Cappella Neapolitana, direttore Antonio Florio
Ravello, Villa Rufolo, 1° agosto 2020
Con l’allure di un antico maestro di cappella (non a caso il suo ensemble si chiama Cappella Neapolitana), Antonio Florio ha dedicato la sua vita di musicista alla ricerca della lectio musicologica più esatta e dell’esecuzione barocca più perfetta, si chiami essa “storicamente informata” o “filologicamente corretta”, ogni volta fissando l’asticella del risultato un po’ più in alto e più avanti.
Con il rigore dell’accademico di vaglia, e con un orecchio finissimo per i dettagli, Florio depura le partiture delle scorie depositate da secoli di trascrizioni e prassi esecutive, recupera strumenti e colori orchestrali d’antan, e propone esecuzioni inappuntabili e soprattutto imprescindibili per gli specialisti del genere.
Anche a Ravello, da un palco meravigliosamente “en plein air”, sospeso tra cielo, mare e scenografiche composizioni floreali, Florio ha riconfermato il suo paradigma artistico con una impeccabile Dido and Aeneas presentata in forma di concerto.
L’opera è stata introdotta dalle musiche di due balletti dello stesso Purcell, tratti da King Arthur, con l’intento di ricreare l’atmosfera in cui questo tipo di intrattenimento veniva offerto all’epoca del compositore. Le danze erano infatti parte integrante delle rappresentazioni alla fine del XVII secolo, come ad esempio poteva avvenire nella scuola femminile dove nel 1689 questa Didone fu eseguita per la prima volta.
La musica di Purcell ha tratto grande beneficio dall’approfondimento delle pratiche esecutive inglesi del tardo diciassettesimo secolo, con tessiture più rigorose e tempi più scanditi, che evitano pesantezza e pomposità. D’altra parte, le sonorità degli strumenti d’epoca possono essere seducenti quando si riesca anche a catturare la tragica essenza e la sconfinata vitalità di un’opera come questa, che è innanzitutto un dramma (cioè passioni) in musica.
Véronique Gens nei panni di Didone ha offerto una interpretazione di grande valore; fin dall’esordio, con “Ah, Belinda”, ha presentato una regina emotivamente distaccata da ciò che la circondava, che però sembrava quasi predire la sciagura prossima ventura anche nella fugace felicità del presente. Per molti, la Didone di Purcell è tutta incentrata sull’aria finale della protagonista “When I am laid in earth “, una delle arie più straordinarie di tutta la storia dell’opera. Qui la Gens è stata tanto efficace vocalmente quanto la sua recitazione è stata intelligente. La sua voce possiede una caratteristica corposità ed una capacità di sfumare le frasi, con un controllo non comune su dinamica e fraseggio. In entrambe le arie, la Gens non cadeva mai in un sentimentalismo che non fosse “musicale”, e i suoi recitativi erano nitidi ed equilibrati.
Maria Grazia Schiavo, nei panni di Belinda, con un timbro luminoso e liricamente più puro è stata la controparte perfetta per la Didone dai toni più scuri della Gens. La Schiavo si è distinta per il tono fresco e melodioso e la coloratura vivace, leggera ed attraente, dando un contributo pregevole anche dal punto di vista interpretativo.
Mauro Borgioni nei panni di Enea ha mostrato un ottimo timbro baritonale, dando una buona interpretazione dell’amante infelice diviso tra un destino imposto dagli dei e l’amore per la regina. Un eroe troiano non intrepido, forse, ma sicuramente ardente. Al momento della consapevolezza che lui e Didone avrebbero dovuto separarsi, ha consegnato al pubblico un bel momento di drammatica sofferenza.
Raffaele Pe nei panni della Strega ha dato un contributo di qualità con la sua voce dal timbro peculiare, le agilità limpide e senza le affettazioni cui a volte i falsettisti indulgono.
Valeria La Grotta (prima donna, prima strega, spirito) è stata, tra i comprimari, quella che ha mostrato una musicalità più “coinvolta” ed espressiva, una presenza scenica vivace e la conoscenza esperta di un fraseggio barocco autentico, non lezioso ma vivo e palpitante.
Gli altri ruoli sono stati interpretati dagli ottimi Aurelio Schiavoni (seconda strega), Leslie Visco (seconda donna) e Roberto Zangari (un marinaio).
Infine, una menzione a parte meritano gli artisti del coro Mysterium Vocis guidati da Rosario Totaro: nonostante il palco fosse all’aperto e quindi il “ritorno” per gli esecutori situati più indietro fosse praticamente inesistente, hanno fornito una prestazione tanto armoniosa ed uniforme da diventare un elemento essenziale del successo della serata.
Lorenzo Fiorito