SAINT-SAËNS Concerto per violino n. 3 in si op. 61 BEETHOVEN Sinfonia n. 5 in do op. 67 violino Giulia Rimonda Camerata Ducale, direttore Emmanuel Tjeknavorian
Vercelli, Teatro Civico, 20 maggio 2023
In attesa di celebrare il 200° anniversario della scomparsa di Giovanni Battista Viotti, che cadrà il prossimo anno, il “Viotti Festival” di Vercelli ha chiuso la sua 25ª stagione in grande stile con una serata al Teatro Civico in cui la Camerata Ducale ha proposto una pagina capitale del repertorio sinfonico che, possiamo dire, è nelle orecchie di tutti gli ascoltatori come la Quinta sinfonia di Beethoven accanto a una pagina decisamente meno conosciuta, il Concerto per violino in Si minore n. 3 di Camille Saint-Saëns. Solista era la ventunenne Giulia Rimonda, figlia d’arte (il padre, Guido Rimonda, è il fondatore della Camerata Ducale), mentre sul podio saliva il ventottenne Emmanuel Tjeknavorian, che lo scorso anno aveva annunciato l’addio al violino per dedicarsi unicamente al podio ma che in realtà continua ad alternarsi tra bacchetta e archetto (due giorni dopo, infatti, ha sostituito al Teatro alla Scala la violinista Hilary Hahn nel Concerto in RE di Brahms, con la Filarmonica e Riccardo Chailly sul podio).
Negli ultimi tempi la Camerata Ducale si è rinnovata, cambiando volto non solo anagraficamente, viste la pregevole compattezza sonora e timbrica e la precisione esecutiva esibite in questa occasione, anche grazie alla buona qualità tecnica dei singoli componenti. Lo ha dimostrato una Quinta beethoveniana mossa e nervosa, tutta scatti e proiezioni in avanti, diretta da Tjeknavorian con piglio fin troppo militaresco, come rivelavano il gesto squadrato e il fraseggio tagliato sempre di netto, ma arrivata al pubblico in tutta la sua energia ritmica. Era veloce perfino il secondo movimento, in questa Quinta, perché la nostra è l’epoca della frenesia e un giovane interprete finisce inevitabilmente per esserne lo specchio. Anche nella velocità, però, è stata una Quinta trasparente nel suono e precisa in quasi tutti i dettagli, con archi scattanti e fiati sempre puntuali nei loro interventi. Se a volte, a onore del vero, gli archi tendevano un poco a strappare e il suono dei corni non sempre era pieno e rotondo, l’energia ritmica non è mai venuta meno e lo si è visto soprattutto nella transizione dal terzo al quarto movimento, una vera e propria cavalcata in cui il suono e il fraseggio conservavano comunque una nobile compostezza.
Anche Giulia Rimonda è cresciuta, e dalla talentuosa ma ancora un poco acerba violinista quindicenne di qualche tempo fa è sbocciata un’interprete capace di dare piena voce allo straordinaria afflato melodico del Terzo Concerto di Saint-Saëns. Lo si avvertito subito nell’autorevolezza con la quale ha presentato il tema d’apertura, la cui pregnanza lirica veniva esaltata anche dal colore e dalla potenza sonora del registro grave del violino Ferdinando Gagliano che la giovane violista ha incominciato ad usare recentemente, i cui affascinanti riverberi timbrici si sposano a meraviglia con questa partitura. Anche l’acustica del Teatro Civico di Vercelli permette al solista di far cantare lo strumento senza affanni e oltretutto lascia arrivare bene al pubblico il suono dell’orchestra, aiutando gli interpreti a raggiungere l’equilibrio sonoro, non così scontato in un concerto dalla scrittura piuttosto ricercata e a tratti anche scomoda per il solista come il Terzo di Saint-Saëns. Affascinante nel cantabile, Giulia Rimonda è apparsa prudente nei passaggi brillanti, affrontati senza i guizzi e le invenzioni e dei virtuosi puri, ma comunque ben risolti sul piano musicale, come si è avvertito in particolare nel movimento conclusivo. È nel secondo movimento di questo Concerto, però, che un’interprete come Giulia Rimonda si trova veramente a suo agio e infatti l’Andantino quasi allegretto è stato un’emozione pura nel suo morbido metro di pastorale in 6/8 e nella sua cullante cantabilità: solista e orchestra hanno trovato un respiro comune e nella coda hanno lasciato decantare il fraseggio rallentandolo fin quasi alla stasi, con un suggestivo effetto di sospensione del tempo.
Luca Segalla
Foto: Luca Devecchi