WAGNER Preludio da Tristan und Isolde BARTOK Concerto per violino n. 1 MAHLER Sinfonia n. 5 violino Vilde Frang Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin, direttore Vladimir Jurowski
Verona, Teatro Filarmonico, 7 settembre 2022
Giunto alla XXXI edizione, il festival veronese “Settembre dell’Accademia” regala sempre opportunità di ascolto notevoli, accorpando orchestre e artisti di punta sulla scena internazionale nell’arco di un mese. Ad avviarlo quest’anno Vladimir Jurowski con la Rundfunk Sinfonieorchester Berlin, di cui è direttore principale dal 2017 e fino al 2027, compagine sorprendente e dal rigore impeccabile, giunta al secolo di vita.
Programma inaugurale più che corposo, anzi quasi una sfida, considerando che la Quinta di Mahler viene preceduta da due pagine di assoluto impegno. Il peso del suono degli archi emerge fin da subito con profonda intensità nel legato attraverso il celeberrimo preludio da Tristan und Isolde, meno ombroso di quanto ci si potrebbe aspettare, e con Jurowski persino luminoso in alcune sezioni, con un senso narrativo che raggiunge gradualmente la contemplazione. Jurowski – fortunatamente non censurato per le sue origini russe – è un musicista che predilige geometrie e organizzazione ferrea delle strutture, gesto squadrato secondo una visione che non lascia grandi spazi all’immaginazione o alla libertà della fantasia dell’interprete, evitando toni monocordi ma rischiando tratti di irrigidimento. Certo che nella Quinta di Mahler una sua visione ben chiara Jurowski ce l’ha, enfatizza alcune lentezze, soprassiede a una destrutturazione del suono, compatta l’attenzione su episodi e sonorità in isole di concentrazione. Molto attento a una declamazione meticolosa, Jurowski opta per un Mahler in cui tenta di regolarizzare le tensioni sotterranee, non si allarga mai verso lo sfaldamento delle speranze, come se volesse conservare un grado di rassicurazione, invece di cogliere quello che evidenziava Adorno quando «Mahler aizza all’ira chi è complice del mondo così com’è, ricordando ciò che costoro devono scacciare fuori da se stessi». Per usare espressioni note, manca in Jurowski il senso del mito o della profezia laica, l’ombra della “perdita del centro” secondo Sedlmayr o di un inquietante “tramonto dell’Occidente” secondo Spengler. È la magia dell’imponderabile mahleriano, dello sguardo sul baratro senza precipitarvi che non si avvertiva, o lo stesso dramma umano di Mahler a sfuggire. Il fraseggio tocca grandi cuspidi e concentrazioni espressive, ma lascia scivolare il celeberrimo Adagietto come fosse un foglio d’album nonostante il fluente lirismo, nello Scherzo prevalgono tempi più lenti e controllati. La gigantesca tragedia si consuma quindi con distacco, secondo una dizione puntigliosa e pungente.
La Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin non fa mai una piega, scaglia nell’aria un muro di suono di assoluta omogeneità, dalle tensioni imperturbabili, e che si muovono a chiazze quasi cameristiche nel concerto di Bartók. Dal canto suo, Vilde Frang non smentisce un controllo tecnico esemplare, una dimensione di rigore strumentale che fa sembrare facili cose difficili, anche se colloca questo concerto giovanile in una visione più postromantica che invece anticipatrice di imminenti cambiamenti, con un vibrato che evita una certa oggettività e dove un nobile lirismo sorvola comunque su esacerbazioni affettive. Applausi calorosissimi.
Mirko Schipilliti
Foto: Brenzoni