SCHUBERT Sinfonia n. 4 in do minore D 417 “Tragica” VERDI Quattro pezzi sacri Orchestra e Coro del Teatro alla Scala, direttore Riccardo Chailly Maestro del coro Alberto Malazzi voce sola Barbara Lavarian
Milano, Teatro alla Scala, 14 novembre 2023
Terza serata per il concerto inaugurale della stagione sinfonica scaligera milanese, in programma l’accostamento tra una delle sinfonie cosiddette giovanili di Schubert, quella in do minore, e gli ultimi sforzi creativi dell’ottuagenario genio verdiano. Nella lunga produzione saggistica a loro rivolta, è stato spesso sondato quale fosse il rapporto con la fede e, in maniera più ampia, con il divino. Numerose le supposizioni per Verdi, spesso trinceratosi dietro risposte elusive e dinieghi inespressi e pari anche nei confronti di Schubert. Indubbia la riflessione da parte di entrambi circa il valore della vita umana e la necessità di confrontarsi con il trascendente. Basterebbe, in tal senso, leggere le lettere di Verdi nelle quali annotava la propria interpretazione dello Stabat Mater riferendosi ai suoi predecessori e al significato da lui attribuito alla sequenza e il forte, tormentato, senso del dubbio che pervade le sue pagine di ispirazione religiosa, quali il Requiem e il Te Deum dai Quattro pezzi sacri. Nonché il suo appellarsi al recupero della tradizione palestriniana, non solo, forse, per finalità musicali.
Dubbio, tensione, angoscia sono pari in Schubert: l’incipit della sinfonia in do minore ha tutto fuorché di tragico, descrivendo un instabile affanno dal quale non si trova rifugio né nei due movimenti centrali, né nel finale. Il continuo altalenare di tonalità nell’allegro vivace, i cromatismi presenti e il pari senso di smarrimento dato dalle due battute iniziali dell’allegro finale rimandano l’opera giovanile al capolavoro oscuro della sinfonia in si minore.
Riccardo Chailly colloca la Quarta sinfonia nell’alveo haydniano, cercando di dar luce in modo logico alla struttura. Se l’operazione riesce in parte nei due movimenti esterni, è molto più equilibrata e pertinente nei centrali, così come la risposta orchestrale, a suo agio nel cantabile Andante e nel geometrico Menuetto e Trio.
Drastico cambio di timbro nella seconda parte. L’incipit a cappella del coro, etereo, con l’Ave Maria lascia poi spazio al colore orchestrale degli ultimi capolavori verdiani, forse influenzato anche dal Don Carlo inaugurale. Lo Stabat Mater e il Te Deum sono le pagine di più alta ispirazione e resa nella serata del 14 novembre, dove gli archi hanno saputo regalare quel fraseggio e sostegno al canto per il quale sono idiomatici. Riccardo Chailly riesce a descrivere da quali lunghe riflessioni scaturiscano i tormenti religiosi verdiani, lasciando allo scontro dei volumi e all’evoluzione delle frasi musicali la piena espressività.
Serata che termina con una buona accoglienza di pubblico, in attesa, ora, dell’ormai prossimo 7 dicembre.
Emanuele Amoroso
Foto: Brescia e Amisano / Teatro alla Scala